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La Corte di giustizia dell'Unione Europea
La Corte di giustizia dell'Unione Europea, nella sentenza C- 623/ 22 pubblicata ieri, ha confermato che la segnalazione dei meccanismi di pianificazione fiscale non infrange la riservatezza professionale.
Questo verdetto riguarda la direttiva ( Ue) 2018/ 822, che modifica la direttiva 2011/ 16/ Ue, imponendo l'obbligo agli intermediari e ai contribuenti di segnalare alle autorità fiscali competenti qualsiasi accordo fiscale transfrontaliero potenzialmente aggressivo.
LA DIRETTIVA E LE SUE DISPOSIZIONI
La Direttiva 2011/ 16/ Ue, modificata dalla Direttiva 2018/ 822, stabilisce un sistema di cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri, prevedendo che tutti gli intermediari, e in loro assenza i contribuenti, debbano segnalare alle autorità competenti eventuali accordi fiscali transfrontalieri sospetti. Tale obbligo è stato concepito per contrastare la pianificazione fiscale aggressiva, proteggendo così la base imponibile e le entrate fiscali degli Stati membri.
IL SEGRETO PROFESSIONALE NON VIENE VIOLATO
Uno degli aspetti più dibattuti della sentenza riguarda la questione del segreto professionale. La Corte ha chiarito che l'obbligo di segnalazione imposto dalla Direttiva non viola la riservatezza professionale.
In particolare, è stato ribadito che l'obbligo di comunicazione per gli avvocati, soggetti a segreto professionale, deve essere gestito in modo specifico, senza violare la riservatezza del rapporto avvocato- cliente.
PRINCIPI DI PARITÀ E NON DISCRIMINAZIONE RISPETTATI
La Corte ha anche confermato che l'estensione dell'obbligo di segnalazione a tutte le imposte, non solo a quelle sulle società, non contravviene ai principi di parità di trattamento e di non discriminazione sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE. La terminologia utilizzata nella Direttiva è considerata sufficientemente precisa e chiara, rispettando i principi di certezza del diritto e legalità in materia penale.
PROPORZIONALITÀ DELL'OBBLIGO DI COMUNICAZIONE
Infine, la Corte di giustizia ha valutato l'adeguatezza dell'obbligo di comunicazione rispetto agli obiettivi di interesse generale perseguiti.
Pur riconoscendo che tale obbligo comporta un'ingerenza nella vita privata degli intermediari e dei contribuenti, la Corte ha ritenuto che questa ingerenza sia giustificata e proporzionata, data l'importanza della lotta contro l'elusione e l'evasione fiscale.
Gli obiettivi di protezione della base imponibile, creazione di un ambiente fiscale equo e riscossione efficace dell'imposta sono considerati legittimi e di fondamentale importanza.
La Corte di Giustizia ha concluso che non vi sono elementi tali da inficiare la validità della Direttiva 2011/ 16/ Ue alla luce dei principi di parità di trattamento, certezza del diritto e rispetto della vita privata.