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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
«Desta incredulità la sentenza numero 47557/2024 con la quale la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso affermando che lo stesso sarebbe stato inviato ad una casella di pec sbagliata, supponendo erroneamente l’esistenza di un provvedimento in cui il Dgsia avrebbe specificato la destinazione di ogni singola casella di “deposito atti penali” attribuita agli uffici. In verità, il provvedimento istitutivo del 9/11/2020 con l’allegato n° 1 (da ultimo modificato il 16/6/2021 con la sola aggiunta di una casella per il deposito presso la Corte di Cassazione), si limita ad attribuire ad ogni ufficio giudiziario una o più caselle, senza in alcun modo attribuire alle stesse una determinata funzione in relazione al tipo di atto da inviare». Lo sottolinea in una nota la giunta dell’Unione delle Camere penali italiane (Ucpi).
«Sono stati i capi degli uffici ad adottare provvedimenti organizzativi interni, evidentemente sprovvisti di forza normativa, con i quali si è inteso destinare le singole caselle a differenti attività o uffici interni, la cui inosservanza non può dunque rappresentare una violazione di legge e non può dare luogo ad una conseguenza tanto grave quale è quella della declaratoria di inammissibilità di un’impugnazione - continua - Con una decisione all’evidenza errata nei presupposti in fatto ed in diritto si nega all’imputato l’accesso ad un intero grado di giudizio, compromettendone irreversibilmente il diritto di difesa».
«Sconcerta, in proposito, il confronto con altre decisioni, anche provenienti dalla medesima sezione, nelle quali si è correttamente considerato valido l’invio verso casella destinata all’ufficio dal provvedimento del Dgsia o è stata respinta la doglianza di un difensore che censurava il deposito di una impugnazione da parte di un pm che era stata addirittura inoltrata ad una casella non presente nel richiamato provvedimento ministeriale», osserva ancora la giunta dell’Ucpi.
«Augurandoci che tale arresto rimanga isolato e che alle sue tragiche conseguenze sia trovata adeguata soluzione - prosegue - non possiamo non ricordare che la difficile transizione al processo penale telematico necessita inderogabilmente di una uniformità di applicazione delle norme, sia per gli uffici che per le parti». «Ribadiamo - sottolinea la giunta dell’Ucpi - che i fondamentali diritti di libertà della persona ed il pieno esercizio della funzione difensiva a garanzia degli stessi, non possono in nessun caso essere messi a repentaglio da indebiti formalismi procedurali o asserviti ad interessi estranei al processo penale, dando luogo ad inaccettabili rimedi sanzionatori del tutto sproporzionati rispetto alle mere finalità organizzative». «Non vorremo infatti che anche questa sia stata l’occasione per un ulteriore inaccettabile compressione del sempre meno garantito diritto di difesa, in generale, e del fondamentale diritto alle impugnazioni, in particolare», concludela nota.