Per l’avvocatura turca è un momento triste e delicato. In questi giorni le manette scattano una dopo l’altra non per pericolosi criminali, ma nei confronti dei difensori dei diritti. L’avvocato Yigit Gokcehan Kocoglu, difensore di un altro legale, Mehmet Pehlivan ( si veda anche Il Dubbio del 29 marzo scorso), è stato arrestato dalla polizia. Pehlivan è il difensore a sua volta del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, in carcere dal 19 marzo con l’accusa di corruzione e rinchiuso nel carcere di Silivri. Anche Pehlivan è stato dietro le sbarre per qualche giorno.

L’avvocato Kocoglu non è stato l’unico a finire in manette. Con lui è stato arrestato il difensore di Murat Ongun, stretto collaboratore di Imamoglu. Si tratta di Serkan Gunel, il quale ha denunciato la scarsa chiarezza dei motivi che lo hanno privato della libertà. L’avvocato, prima di interrompere le comunicazioni con familiari e colleghi, ha condiviso un post sui social: «Sono attualmente detenuto nell’ambito del processo che ho avviato come difensore di Murat Ongun nell'operazione contro il sindaco di Istanbul. La difesa non può essere messa a tacere! La verità verrà a galla prima o poi».

Il primo cittadino di Istanbul ha denunciato la nuova ondata di repressione, questa volta ai danni dell’avvocatura turca.

Il tintinnio di manette pare ai più come una chiara forma di intimidazione nei confronti di chi si oppone allo strapotere del presidente Recep Tayyip Erdogan. «Cara nazione – ha scritto Imamoglu su X - è arrivato il momento di scegliere tra la giustizia e la miseria. Il sistema giudiziario turco si sta macchiando di atti scandalosi mai visti prima. Un pugno di funzionari sta costringendo a pagare il prezzo delle proprie azioni ai nostri studenti, ai nostri giovani, ai nostri pensionati e ai nostri disoccupati. Prove false e fabbricate ad arte, menzogne, detenzioni di innocenti e minacce. Ci viene detto che non usciremo dalla prigione. Ora arrestano gli avvocati e gli avvocati degli avvocati per intimorirci. È arrivato il momento di dire basta e agire, alzate la voce, non dovete tacere». Sugli arresti degli avvocati turchi interviene la Commissione Diritti umani del Consiglio nazionale forense. «Stiamo seguendo – evidenzia il coordinatore della Commissione, Leonardo Arnau - con profonda preoccupazione la vicenda professionale ed umana del collega Yigit Gokcehan Kocoglu, avvocato di Mehmet Pehlivan, difensore del sindaco di Istanbul, prima arrestato e poi rilasciato, ma sottoposto a controllo giudiziario con l’accusa di riciclaggio e quella dei difensori di Murat Ongun, stretto collaboratore di Imamoglu, anch’esso in carcere dal 19 marzo scorso, avvocati Serkan Gunel and Kazim Yigit Akalin, tutti e tre arrestati nella mattinata del 24 aprile scorso. Questi inaccettabili arresti si collocano, ancora una volta, nella deriva autoritaria dell’autunno dei diritti da anni in atto in Turchia, sintomo del tentativo di silenziare la funzione difensiva dispiegata dagli avvocati in favore degli avversari politici del governo turco, secondo il consolidato schema volto a sovrapporre arbitrariamente la figura del difensore a quella del proprio assistito, a cui si è aggiunta, lo scorso 21 marzo, l’incomprensibile destituzione del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Istanbul e del presidente, noto costituzionalista, Ibrahim Kaboglu. Quanto succede in Turchia deve farci ribadire che la difesa che gli avvocati assicurano è fondamentale non solo per chi assistono, ma per la collettività e per i diritti fondamentali di ciascuno».

Il Cnf esprime solidarietà nei confronti degli avvocati turchi privati della libertà.

«I nostri colleghi in Turchia – aggiunge Arnau vengono privati della libertà perché rappresentano naturalmente un contro- potere, nella misura in cui tutelano il patrimonio dei diritti delle persone anche e soprattutto nei confronti delle autorità pubbliche. Pretendere la tutela del libero esercizio della professione forense in qualunque Stato e contesto sociale equivale a salvaguardare lo Stato di diritto. E senza Stato di diritto è a rischio la democrazia. Il modo in cui vengono rappresentati e trattati gli avvocati è una spia della circolazione del virus autoritario. Gli avvocati, a qualunque latitudine, difendono la libertà e i diritti delle persone, ne sono portatori e chi li calpesta, in primo luogo, aggredisce l’avvocatura che ha il compito di tutelarli. Per questo è importante fare proprie le parole dei colleghi dell’Ordine degli Avvocati di Istanbul: “Non resteremo in silenzio, non lasceremo calare l’oscurità”.

La Commissione Diritti umani del Cnf esprime, ancora una volta, pieno sostegno ai colleghi turchi ingiustamente accusati e chiede il rilascio immediato di tutti gli avvocati arbitrariamente detenuti, sollecitando il governo italiano, l’Unione europea e le altre istituzioni internazionali a chiedere alle autorità turche di garantire il rispetto dello Stato di diritto e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo».

Il prossimo 29 aprile Erdogan sarà a Roma per incontrare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Chissà se si parlerà anche di diritti umani calpestati in Turchia.