Con le nuove norme formalmente in vigore dal 1° settembre, il mondo della giustizia tributaria vedrà l’introduzione di una nuova modalità di autenticazione delle procure. Questa modifica normativa, frutto del decreto attuativo della delega fiscale sul contenzioso, impone ai difensori di attestare la conformità all’originale della procura alle liti raccolta in formato cartaceo. Ma mentre la legge si propone di rendere il processo più sicuro e trasparente, l’Uncat, l’Unione nazionale Camere avvocati tributaristi, esprime perplessità sull’effettiva utilità di questo nuovo adempimento, che appare più come un appesantimento burocratico che come una vera innovazione.

La riforma, sancita dal D. Lgs. 30 dicembre 2023 n. 220, modifica il Codice del processo tributario e, in particolare, introduce l’obbligo per i difensori di depositare telematicamente la copia per immagine della procura cartacea, attestandone la conformità. Questa novità, tuttavia, rischia di diventare un inutile fardello per gli avvocati, già alle prese con una normativa complessa e in continua evoluzione. Fino ad oggi, la sottoscrizione digitale di un documento analogico era già sufficiente a garantirne la conformità all’originale, secondo quanto stabilito dal Codice dell’Amministrazione digitale ( D. Lgs. 82 del 2005), sollevando dubbi sulla necessità di questa ulteriore attestazione.

L’aggiunta di un nuovo adempimento sembra quindi una duplicazione di quanto già previsto, sollevando non pochi dubbi sulla sua reale efficacia. Silvia Siccardi, segretaria dell’Uncat, esprime chiaramente il proprio scetticismo: «È indubbiamente un aggravio per l’avvocato in sede di predisposizione della documentazione, visto che in qualità di pubblico ufficiale può certificare la firma sulla procura; ma anche per il giudice in fase processuale, che ai sensi dell’articolo 182 c. p. c., espressamente richiamato dal nuovo articolo 12 del decreto legislativo 546/ 1992, sarebbe tenuto, in caso di non attestazione di conformità, a rimandare le carte alle parti per sanare la conformità».

Questa nuova disposizione non solo aumenta il carico burocratico per gli avvocati, ma potrebbe anche complicare il lavoro dei giudici, prolungando i tempi dei processi. «Come Uncat ci chiediamo allora qual è la ragione di questa norma, che pare contraddire il principio di efficienza del processo tributario», aggiunge Siccardi, sottolineando il rischio che l’efficienza del sistema ne risenta significativamente. La norma potrebbe infatti finire per rallentare i processi, anziché velocizzarli, con ripercussioni negative sia per i contribuenti che per l’intero sistema giudiziario.

Il nuovo obbligo di attestazione, quindi, non sembra introdurre reali benefici in termini di sicurezza o trasparenza, ma piuttosto un’inutile complessità. La norma appare quasi come una strategia di contenimento, volta a ridurre il contenzioso attraverso la creazione di ulteriori ostacoli procedurali, con il possibile effetto di scoraggiare le parti, soprattutto i contribuenti, dal portare avanti le proprie rivendicazioni. Inoltre, c’è il rischio concreto che il giudice, rilevando un’irregolarità nella conformità della procura, possa disporre la compensazione delle spese legali anche nel caso in cui il contribuente risulti vincitore, penalizzando così chi cerca di far valere le proprie legittime ragioni e accrescendo il rischio di una giustizia incompiuta.

Insomma, l’entrata in vigore di questa riforma rischia di trasformare un aspetto tecnico della difesa tributaria in un nuovo campo minato, dove ogni errore o omissione può portare a pesanti conseguenze per il contribuente, già spesso in posizione di svantaggio. Molti avvocati tributaristi si chiedono se una parte delle nuove regole, inclusa quella sulla conformità delle procure, non rischino di creare più problemi di quanti ne possano risolvere, lasciando spazio a ulteriori incertezze.