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Il presidente della Turchia, Erdogan
È in corso in Turchia il processo a carico delle avvocate Betül Vangolü Kozagaçli e Seda Saraldi, in carcere dall’inizio di quest’anno. La loro vicenda giudiziaria dimostra il momento difficile che vive l’avvocatura turca, in modo particolare quella impegnata nella difesa dei diritti umani. Come in Russia, anche in Turchia molto spesso si assiste all’assimilazione dell’avvocato al proprio cliente, soprattutto, quando si parla di oppositori e dissidenti politici.
Il 6 febbraio scorso tre persone sono state uccise dalla polizia nel corso di un attacco armato al tribunale di Çaglayan. La polizia ha concentrato una serie di sospetti su un uomo e una donna ritenuti vicini al “Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo” (Dhkp-C). In merito all’episodio di febbraio non c’è mai stata una rivendicazione ufficiale anche se la polizia e l’autorità giudiziaria hanno considerato i due attentatori appartenenti al partito Dhkp-C, classificato in Turchia come “organizzazione terroristica' (la terza vittima era un passante). La smentita del “Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo” è arrivata subito: non si è trattato di un attentato nel tribunale. La reazione della polizia è stata sproporzionata, dato che sono stati colpiti a morte due componenti dell’organizzazione nonostante fossero disarmati. A questo punto le indagini prendono una piega molto particolare. Vengono tirati in ballo, con l’accusa di complicità, gli avvocati che in passato hanno difeso i soggetti coinvolti nei fatti di Çaglayan.
La sede di Istanbul dell’«Ufficio legale del Popolo » – si tratta di uno studio in cui lavorano decine di avvocati - è stata perquisita dalla polizia e distrutta. Sono stati sequestrati computer e numerosi fascicoli in violazione del segreto professionale che caratterizza qualsiasi mandato professionale. Tra gli avvocati arrestati poche ore dopo l’attacco al tribunale figurano Didem Baydar Unsal, Berrak Çaglar, Seda Saraldi e Betül Vangölü Kozagaçli, tutti appartenenti all'Associazione degli avvocati progressisti (Chd). Le accuse mosse nei loro confronti hanno riguardato l’attività professionale in difesa di alcuni membri del Dhkp-C.
L'azione della polizia contro gli avvocati non è stata casuale. Selçuk Kozagaçli, Barkin Timtik, Aytaç Ünsal e Oya Aslan sono stati in carcere per anni, insieme ad altri 18 colleghi. L’impegno professionale dei legali ha portato all'incredibile accusa di essere complici dell’organizzazione politica. Dopo l’arresto, avvenuto la notte del 6 febbraio 2024, Didem Baydar Unsal, Berrak Çaglar, Seda Saraldi e Betül Vangölü Kozagaçli non hanno potuto parlare con i loro difensori.
Betül Vangolü Kozagaçli e Seda Saraldi sono ancora in carcere in attesa di giudizio. Ad ottobre una delegazione dell’Oiad (l’Osservatorio degli avvocati in pericolo), composta da Barbara Porta (del Foro di Torino in rappresentanza del Consiglio nazionale forense), Antonio Fraticelli (Foro di Bologna) ed Elise Arfi (Foro di Parigi), ha partecipato alle udienze del processo in corso a Caglayan.
L’accusa formalizzata nei confronti delle due avvocate è di “appartenenza a un'organizzazione terroristica illegale”, così, infatti, è stata definita l’Associazione degli avvocati progressisti (Chd). Vangolü Kozagaçli è iscritta all’Ordine di Ankara da oltre 25 anni, esercita la professione a Istanbul e in tutta la Turchia. Anche il marito è stato arrestato e gli è stata inflitta una condanna a 11 anni e tre mesi di carcere dalla Corte Suprema turca nel settembre 2020. Seda Saraldi è avvocata del Foro di Istanbul ed è stata tirocinante di Ebru Timtik (avvocata di origine curda accusata di terrorismo, morta dopo uno sciopero della fame durato 238 giorni).
Il giorno dell'attentato Betül Vangolü Kozagaçli non si trovava in tribunale, stava visitando il marito e altri assistiti in carcere, mentre Seda Saraldi era in aula per alcune udienze.
Nel processo a carico delle due professioniste, come evidenziano gli osservatori Oiad, non mancano le anomalie. Alla fine di aprile 2024, quasi tre mesi dopo il giorno dell’attentato, sono spuntati due testimoni le cui generalità non sono state mai fornite dall’autorità giudiziaria. Entrambi hanno detto di trovarsi all'esterno degli uffici giudiziari e fornito dichiarazioni contro Betül Vangolü Kozagaçli e Seda Saraldi, sostenendo di averle riconosciute nelle immediate vicinanze del tribunale. Lidentità dei testimoni oculari è tuttora avvolta nel mistero.
A luglio l’accusa ha contestato formalmente alle avvocate l’appartenenza ad un'organizzazione terroristica con la richiesta della condanna a 7 anni e mezzo di carcere. «L’arresto delle due colleghe - rileva Barbara Porta - non si basa, come è stato osservato in casi analoghi, su alcuna prova concreta conclusiva e, pertanto, costituisce, come spesso accade in Turchia, una chiara violazione del diritto internazionale a tutela degli avvocati, che vieta qualsiasi assimilazione con i loro clienti». Da più parti è stato rilevato che l’Associazione degli avvocati progressisti è finita ancora una volta nel mirino delle autorità giudiziarie per il lavoro svolto in difesa dei diritti umani e degli oppositori politici.
Le udienze del 2 ottobre scorso, alle quali hanno partecipato Porta, Fraticelli e Arfi sono state caratterizzate da momenti di tensione. Le udienze sono state celebrate in aule piccole, tanto da provocare il disappunto delle difese e del pubblico accorso. I presidenti dei collegi giudicanti hanno tentato di celebrare il processo in presenza del minor numero di persone, a riprova della scarsa attenzione che si vuole dare nei confronti di personaggi ritenuti scomodi dall’establishment. «Data la gravità delle accuse rivolte alle due colleghe e la mancanza di prove concrete – evidenziano gli osservatori Oiad -, l’udienza è stata breve. Particolarmente grave appare il problema, già evidenziato in molti processi in Turchia, di basare le accuse su testimoni anonimi che vengono ascoltati solo durante i procedimenti di polizia, quando l'imputato non ha avuto la possibilità di conoscere il testimone e replicare alle sue dichiarazioni. Il team di difesa dubita infatti della veridicità delle testimonianze raccolte due mesi e mezzo dopo i fatti. È prassi consolidata che le autorità ottengano regolarmente una serie di dichiarazioni in cambio dell'impegno a rinunciare al procedimento penale contro la persona che le ha rese, nell'ambito di una procedura di 'pentimento'. I fatti che hanno portato al procedimento penale contro le avvocate riguardano la loro pratica professionale, in quanto sono accusate di essere associate a organizzazioni terroristiche solo ed esclusivamente sulla base della loro attività di consulenza legale in favore di clienti che sarebbero membri di tali organizzazioni».
Giova ricordare che l’Oiad ha presentato di recente alle Nazioni Unite il rapporto sulla situazione complessiva in cui versa l’avvocatura in Turchia. Il quadro è desolante. «Da diversi anni – evidenzia l’Osservatorio degli avvocati in pericolo -, molti avvocati sono vittime di persecuzioni di massa, detenzioni arbitrarie e arresti per l’impegno nella difesa dei diritti fondamentali dei loro clienti. Inoltre, la mancata attuazione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo sottolinea il crescente disprezzo per gli standard internazionali sui diritti umani.
Le accuse di tortura e i maltrattamenti in detenzione evidenziano le condizioni disumane alle quali sono sottoposti gli avvocati, con la compromissione non solo della loro sicurezza, ma anche dell’integrità del sistema giudiziario nel suo complesso. Il nostro rapporto mira a esaminare una preoccupante realtà e a evidenziare le sfide affrontate dagli avvocati in Turchia nell’esercizio della professione forense. Per affrontare questa situazione, lo Stato deve adottare misure concrete per proteggere gli avvocati, garantire l'indipendenza dell’avvocatura e rispettare gli impegni internazionali sui diritti umani».
La situazione si è via via aggravata ed è precipitata otto anni fa, dopo il tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016 che ha generato norme liberticide (si pensi alla legge antiterrorismo). A farne le spese migliaia di legali. Un esempio su tutti: il presidente dell'Ordine degli avvocati di Konya è stato arrestato. Dal 2016 sono stati perseguiti più di 1.700 avvocati, 700 sono stati sottoposti a custodia cautelare in carcere. Più di cinquecento professionisti sono stati condannati a un totale di 3.380 anni di carcere. La legge di contrasto al terrorismo è una nota dolente, una sorta di clava con la quale le autorità turche sono in grado di colpire indiscriminatamente cittadini e avvocati critici nei confronti del governo. Nel silenzio, più o meno generale, della comunità internazionale.