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Nel discorso inaugurale, il presidente del Cnf Andrea Mascherin aveva invocato il riconoscimento costituzionale dell’avvocato anche come risposta alle tensioni mercatiste. «A quelle spinte con cui si vorrebbe fare del processo un treno ad alta velocità che salta le stazioni delle garanzie, stazioni in cui i capistazione siamo noi e che così ci vedrebbero ridotti a orpello». Ebbene, la consapevolezza del fatto che riconoscere libertà e indipendenza all’avvocato sia un tutt’uno con la difesa delle garanzie, l’affermazione di una democrazia solidale e il rifiuto di una giustizia asservita al Pil, questa idea che il Cnf ha assunto come sua unica pregiudiziale ideologica passa eccome, nelle idee messe in circolo al 34esimo Congresso nazionale forense, che si chiude oggi a Catania.A dirlo è per esempio il presidente dell’Ordine di Bari, Giovanni Stefanì. Non è un caso che le assise ospitate nella chiesa di San Nicolò l’Arena riconoscano il diritto di precedenza innanzitutto al vertice dell’avvocatura genovese Alessandro Vaccaro e al suo collega di Bari: per la tragedia del ponte crollato e per il dramma della giustizia ridotta in tenda. Stefanì nota che «autonomia e indipendenza rappresentano un progetto da appoggiare con forza e far valere anche dinanzi alle iperboli della modernizzazione, come le società tra avvocati: utili ai giovani ma se tenute entro limiti che rispettino la nostra indipendenza». E il presidente dell’Unione lombarda degli Ordini, Ermanno Baldassarre, non ha esitazioni nel pretendere che «nelle società la governance sia riservata agli avvocati e non a logiche mercatiste inaccettabili». Appunto.Ma è forse nell’appassionato intervento di Francesco Greco, presidente dell’Ordine di Palermo, che c’è il risvolto più delicato del riconoscimento sollecitato dagli avvocati alla politica: «Bravo presidente», esordisce Greco rivolto a Mascherin, «tu sai parlare alla politica, ora utilizziamo l’apertura di Bonafede e dei partiti per porre anche altre questioni, come la condizione disperata delle decine di migliaia di colleghi che guadagnano meno di 20mila euro l’anno e chiudono gli studi». In quello che dice Greco c’è lo sviluppo ulteriore della sfida per l’avvocato in Costituzione. C’è l’attesa per un’avvocatura che si faccia «paradigma dei corpi intermedi», per usare la felicissima definizione del presidente Coa di Trento Andrea de Bertolini. Vale a dire un’avvocatura avamposto del ceto medio, di un ceto medio che proprio a partire dalla condizione dei professionisti si fa interprete di un’istanza di democrazia solidale basata in tutti i sensi sul diritto: sulle garanzie fissate dai principi della Carta così come sul rifiuto di un’idea mercatista e schiavistica del ceto medio. È il ruolo politico dell’avvocatura, quello di cui parla Greco. Che in effetti il Cnf ha proposto all’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, e che evidentemente ritiene di poter realizzare proprio attraverso l’avvocato in Costituzione. Una sfida epocale, in una fase in cui il ceto medio forse non è scomparso ma certo è messo in ginocchio.Poi, per citare il presidente di un altro Ordine numerosissimo come quello di Napoli, Maurizio Bianco, c’è anche un’aspirazione a «utilizzare la costituzionalizzazione dell’avvocato per aggredire quegli spazi esclusi dalla riserva di legge e che sono occupati con poco titolo da altre figure». Ci sono anche istanze specifiche come questa. Ma c’è anche «la capacità di questo progetto sulla Costituzione di fare sintesi nell’avvocatura», dice proprio Bianco, «ed è quello che ci si aspetta da un Congresso forense».Nella tenuta del ceto medio si pone il problema della difesa dall’invadenza di authority come l’Antitrust. Se ne fanno carico il presidente dell’Unione nazionale avvocati amministrativisti, Fantigrossi, e il presidente dell’Ordine di Milano, Danovi, che in particolare propone di battersi per quella che sarebbe di fatto una legge attuativa della norma costituzionale sulla professione: imporre cioè alle autorità vigilanti di non andare oltre un potere di segnalazione, e rispettare l’autonomia del Cnf e delle altre istituzioni forensi. Il fatto che la mozione passi è il segno che, come ripetuto da tanti presidenti di Ordini e associazioni, l’avvocato in Costituzione è la giusta sintesi. Con un’avvocatura unita, sarà più semplice trasformare la proposta in realtà.