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CORTE D'APPELLO TOGHE TRIBUNALE AULA
C'è un adagio, che puntualmente si conferma valido: spesso, più della norma, conta la ragionevolezza con cui la si applica. La direzione Affari generali di via Arenula ribadisce ancora una volta la validità dell'assunto. Lo fa con una circolare firmata lo scorso 24 aprile dal direttore generale Giovanni Mimmo, che offre una “interpretazione autentica” delle nuove misure relative al versamento del contributo unificato per le cause civili introdotte dall'ultima legge di Bilancio. Com'è noto, la modifica prevista dalla Manovra per il 2025 ( la legge 207 del 2024) subordina l'iscrizione a ruolo dell'azione civile al versamento di una pur minima quota del contributo unificato, pari a 43 euro. Una soluzione di compromesso ma certamente assai più accettabile – va ricordato – rispetto alla formulazione che il ministero dell'Economia aveva originariamente inserito nel testo, e che imponeva di versare subito l'intero contributo, pena l'estinzione del procedimento.
Nonostante il pericolo sostanzialmente scampato, sono sopravvissute perplessità, nel dibattito fra i giuristi, relativo alla tenuta del principio costituzionale per cui il diritto alla difesa sancito all'articolo 24 non può essere comunque subordinato all'adempimento di un obbligo fiscale (principio più volte ribadito dalla Consulta). Ma appunto, in attesa che si pronunci il Giudice delle leggi, il ministero della Giustizia propone una soluzione che risolve in gran parte, sul piano concreto, le incognite contenute nelle norme in vigore dal 1° gennaio scorso. La circolare della direzione Affari interni puntualizza come, a fronte di un mancato versamento dell'acconto di 43 euro sul contributo unificato, gli uffici giudiziari devono comunque iscrivere a ruolo il procedimento civile nei casi in cui il difensore deposita l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato senza che sia ancora in grado di presentare la delibera con cui l'Ordine degli avvocati deve pronunciarsi sulla richiesta di accesso al beneficio.
Si tratta di un’indicazione che la direzione guidata da Giovanni Mimmo ( e afferente al cosiddetto Dag, il dipartimento per gli Affari di giustzia) trasmette a tutti i vertici dell’ordinamento giudiziario ( la presidente della Cassazione Margherita Cassano, i vertici delle 26 Corti d’appello e di tutti i Tribunali italiani) e al Consiglio nazionale forense. Nella circolare si parte dalle richieste di chiarimento pervenute al ministero da diversi uffici giudiziari, e si ricorda come il Testo unico sulle spese di giustizia ( il dPR 115 del 2002), disponga che “l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile deve essere presentata dall’interessato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere la causa ( art. 124)”, e che il Coa “provvede sull’istanza entro dieci giorni dal
deposito ( art. 126)”. Tuttavia, si osserva nella circolare, «si è riscontrato che non sempre il termine indicato dal citato articolo 126 risulta rispettato, con la conseguenza che, sino ad ora, l’iscrizione a ruolo del procedimento civile è stata effettuata allegando la sola istanza
di ammissione al patrocinio, debitamente protocollata, con riserva di depositare il provvedimento di accoglimento della richiesta appena disponibile». Ma naturalmente, prosegue il dirigente di via Arenula, «a fronte delle nuove disposizioni normative introdotte dalla legge di Bilancio, gli uffici chiedono se tale modus operandi debba considerarsi ancora valido, tenuto conto dell’obbligatorietà del versamento del contributo unificato minimo di euro 43, per l’iscrizione a ruolo dei processi civili ( art. 14, comma 3.1, d. P. R. n.
115/ 2002)». Ebbene, «a parere di questa Direzione generale», scrive il responsabile degli Affari interni del ministero, «il diritto di accesso alla difesa, in quanto costituzionalmente garantito ( art. 24 della Costituzione), non può essere pregiudicato da eventuali ritardi nella disamina dell’istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato non imputabili alla parte, con la conseguenza che l’ufficio giudiziario deve procedere all’iscrizione a ruolo del procedimento civile anche in presenza della sola istanza di ammissione purché risulti regolarmente depositata e protocollata dal competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati». Chiarissimo.
Si dà anche conto di un recentissimo precedente giurisprudenziale che contribuisce ad avvalorare la solidità di questa interpretazione, la sentenza 6888 dello scorso 14 marzo con cui la Cassazione ha ribadito come anche qualora l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – respinta o dichiarata inammissibile dal Coa – sia stata “successivamente presentata, sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al magistrato competente per il giudizio e da questo accolta”, gli effetti dell'ammissione al patrocinio decorrano “dalla data in cui l'istanza è stata presentata al Consiglio dell'Ordine degli avvocati”. Sicché “sono a carico dello Stato i compensi e le spese per l'attività di difesa e di rappresentanza in giudizio che medio tempore sia stata espletata in favore della parte poi ammessa al beneficio”. La circolare precisa anche che «l'avvocato dovrà allegare l'istanza di ammissione regolarmente depositata e protocollata» dal Coa, e che «la cancelleria dovrà comunque procedere all'apertura di un foglio notizie e, nel caso in cui l'istanza venga rigettata e non confermata dal magistrato, procedere alla riscossione di tutte le spese annotate».
Un esempio di equilibrio, ragionevolezza e rispetto dell'inviolabile diritto di difesa.
Capace di oltrepassare, almeno per ora, persino le incognite sulla legittimità formale delle nuove norme.