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Arrestare un avvocato in aula mentre sta svolgendo i suoi compiti di difensore di un imputato qualsiasi non si era ancora visto nemmeno in Turchia.
Invece è accaduto a Istanbul, nell’aula della 14° Corte Penale il 24 ottobre scorso. L’avvocato Bedirhan Sarsilmaz, del noto Studio Legale Asrin, che difende e rappresenta Abdullah Ocalan, è stato arrestato su ordine del Procuratore Capo di Istanbul e tradotto in carcere mentre difendeva un altro cliente e non gli è stato nemmeno consentito di terminare la sua difesa. Quattro giorni dopo, l’arresto è stato convalidato da un giudice. Ciò che riguarda Ocalan contribuisce sempre a dare la misura di quali siano i rapporti che il governo intende tenere non solo con il PKK, che esso ritiene organizzazione terroristica, ma con l’intera comunità curda. Ocalan è detenuto dal 1999 nell’isola di Imrali, nel mar di Marmara, dapprima totalmente da solo, poi, dopo un intervento della CEDU, assieme ad altri tre detenuti. Nel 2015 Ocalan aveva sollecitato il PKK a deporre le armi, ed aveva trovato ascolto.
Così erano partite delle trattative che avevano messo capo quasi ad un accordo (il cosiddetto accordo di Dolmabahce) che riconosceva alcuni diritti al popolo curdo ed alleviava la tensione col PKK. Nella primavera dello stesso anno, però, il governo di Erdogan si era ritirato unilateralmente da questa possibilità di accordo politico e aveva iniziato un’offensiva militare nei confronti di città, cittadine e villaggi del Kurdistan turco, con morti e distruzioni di interi quartieri: stato d’assedio e tabula rasa per circa un anno.
Intanto, le cose a Imrali peggioravano: sempre più spesso Ocalan veniva posto in isolamento esterno, vale a dire gli si negava il diritto di vedere i suoi difensori e i suoi familiari. Ciò è diventato praticamente definitivo e dal 2019 ad ambedue è stato vietato di incontrare o scambiare telefonate o lettere con il detenuto (lo stesso anche per gli altri tre). Lo ha visto nel 2022 solo il presidente della commissione ONU contro la tortura. Poi, questo autunno, le cose parevano andare verso un cambiamento: Ocalan ha potuto incontrare il deputato Omer Ocalan, suo nipote, il quale all’uscita ha riportato parole dello zio che suonavano pressappoco così: “E’ l’ora della politica e non più della violenza”.
Quasi contemporaneamente il segretario del partito governativo di minoranza MHP (ancora più a destra dello AKP di Erdogan), Bahceli, del tutto inopinatamente se ne esce con una dichiarazione secondo cui sarebbe stato utile convocare in parlamento (immagino via TV) Ocalan e ascoltare quale fosse il senso delle parole da lui pronunciate. Stupore generale, persino di Erdogan, che però formalmente non prende le distanze dal collega di governo. In questo clima che sembrava preludere ad un ammorbidimento della detenzione di Ocalan e c’era già chi faceva i conti su quando potesse essere liberato, sia i difensori (lo studio Asrin, come già detto) che i familiari hanno cominciato a tempestare il procuratore di Bursa di richieste di colloqui col detenuto, ricevendo come risposta che egli era stato punito con sei mesi di isolamento. Come se prima invece… Insomma, l’arresto dell’avvocato Salsirmaz in piena udienza è il frutto di questa nuova stretta. Tu chiedi di incontrare il tuo assistito, ma noi non solo lo manteniamo in isolamento totale, ma mettiamo in galera anche te.
La stretta si è concretizzata anche in altre iniziative politiche: i sindaci di tre municipalità curde importanti (Batman, Mardin e una di quelle di Urfa), tutti e tre del partito d’opposizione DEM, sono stati rimossi e sostituiti da un governatore inviato da Ankara. Lo stesso è accaduto nella municipalità di Esenyurt, la più popolosa di Istanbul. Le quattro rimozioni naturalmente hanno scatenato la protesta (peraltro pacifica, senza scontri di rilievo) per le vie delle città curde e di Istanbul stessa e almeno 176 dimostranti sono stati arrestati con l’accusa non di manifestazione autorizzata, figuriamoci! Troppo comodo!
Ma di appartenenza ad associazione terroristica, propaganda terroristica e finanziamento a organizzazione terroristica. Più specificamente, il collega Sarsilmaz si colloca all’interno di un gruppo di 38 arrestati (sempre le stesse imputazioni) non si sa bene per quali comportamenti materiali: il procuratore li specificherà con la richiesta di rinvio a giudizio, che potrebbe venire anche fra molti mesi. Questo è quello che è accaduto in Turchia in queste ultime due settimane: una lontana e forse più immaginata che reale possibilità di dialogo con l’opposizione antigovernativa da parte di un governo che ha vinto le ultime presidenziali per un pelo e dunque si sente sfuggire la sua presa sul paese e subito dopo, o contemporaneamente, viceversa, una repressione che non ammette che chi si oppone possa prendere la parola