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Una lettera minatoria, scritta al computer e firmata con nome e indirizzo (presumibilmente fittizi), è stata recapitata all’avvocato Giacomo Maj, difensore d’ufficio di Moussa Sangare, il 31enne di origini africane reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni.
La missiva, inviata in busta chiusa e ricevuta dallo studio legale dell’avvocato, contiene esplicite minacce. «Ho due studi, e recentemente ho frequentato poco quello dove è stata consegnata la lettera», racconta l’avvocato Maj. «La corrispondenza è rimasta accumulata per diverse settimane, fino a quando ho potuto recuperarla e aprirla lunedì mattina. Solo allora mi sono trovato davanti a questa minaccia, in cui l’autore si presenta con nome e indirizzo e fa una lunga digressione sul caso».
Il contenuto della lettera, dai toni violenti e minatori, accusa gli avvocati difensori in generale di agevolare gli imputati, in particolare gli stranieri, attraverso presunti stratagemmi legali legati a disturbi mentali. «L’autore si dichiara egli stesso ‘infermo di mente’ - prosegue Maj - e minaccia di farmi visita nello studio per spaccarmi la testa davanti a tutti i colleghi, affermando che i giudici lo dichiarerebbero incapace di intendere e di volere».
La lettera si conclude con un’ulteriore intimidazione: se l’avvocato Maj rinuncia alla difesa di Sangare, l’autore dichiara che non ci saranno conseguenze per lui e la sua famiglia. «Dopo aver letto quelle parole, mi sono recato dai carabinieri e ho sporto querela», fa sapere il legale.
A sostegno dell’avvocato è intervenuta l’Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati). Il presidente, Carlo Foglieni, ha espresso vicinanza e solidarietà a Maj, evidenziando come simili atti rappresentino un attacco alla funzione stessa della difesa. Fogileni ha inoltre sottolineato come queste minacce siano l’ennesimo esempio di assimilazione tra il difensore e il suo assistito. «Da anni denunciamo questo fenomeno – sottolinea il presidente Aiga – che trova purtroppo terreno fertile nella spettacolarizzazione mediatica dei processi, mettendo a rischio la sicurezza e l’indipendenza dei professionisti. Gli avvocati devono poter operare senza pressioni o timori, nel rispetto dei diritti costituzionali, come il diritto alla difesa, irrinunciabili per una società democratica».