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Convegno su nuova legge forense
È una riforma ambiziosa. Novantadue articoli. Riaffermazione dei princìpi, a partire dalla libertà e indipendenza dell’avvocato sancite in apertura, fino ai dettagli su temi complessi come la monocommittenza o le reti professionali. È la proposta per la nuova legge forense. Discussa per mesi da 80 delegati nei cinque tavoli coordinati da Cnf e Ocf e presentata ieri a un’altrettanto partecipata Agorà degli Ordini e delle Unioni forensi. Evento che suggella un contributo trasversale assicurato alla riforma da istituzioni, associazioni e da tutte le componenti dell’avvocatura.
Fino all’amplissima partecipazione registrata ieri, con la presenza, nella riunione tenuta presso la Pontificia università della Santa Croce a Roma, dei rappresentanti di 120 dei 140 Ordini territoriali e di 14 delle 15 Unioni regionali. «Una giornata positiva», commenta a fine Agorà il presidente del Cnf Francesco Greco. Un dibattito in cui si è ribadito «il pieno coinvolgimento dell’intera avvocatura» ma anche quella che Greco definisce come «l’urgenza di avviare il motore di questa nostra nuova legge professionale: proprio oggi», dice il vertice dell’istituzione forense nell’aprire l’assemblea, «ho ricevuto telefonate da rappresentanti del Parlamento che considerano già “fuori tempo massimo” il nostro testo. Ho risposto che le forze politiche, i rappresentanti Giustizia dei diversi partiti, di maggioranza e di opposizione, con i quali abbiamo da mesi aperto un’interlocuzione, devono ora rispettare l’impegno a completare l’iter di approvazione entro l’attuale legislatura. Ma perché questo avvenga, l’iter deve avere inizio oggi. Altrimenti, mi è stato fatto notare, la legge professionale forense si incrocerebbe con la riforma costituzionale della giustizia. Non possiamo correre il rischio che il lavoro prodotto dall’intera avvocatura vada sprecato».
D’altra parte sia Greco sia il coordinatore dell’Organismo congressuale forense Mario Scialla fanno notare come la proposta di autoriforma non sia scritta su «tavole di marmo», parole di Scialla, e dunque «potrà essere eventualmente affinata con gli emendamenti parlamentari». Il che, aggiunge Greco, «non sarebbe compatibile con modifiche strutturali dell’impianto, naturalmente». E la ragione è in quell’ampia partecipazione registrata non solo ieri ma durante tutto il lavoro dei cinque tavoli, completato da successive riunioni plenarie. Il presidente del Cnf illustra slides che indicano le presenze, nelle sedute dei “gruppi di lavoro”, per ciascun rappresentante di Cnf, Ordini, Unioni e Associazioni forensi: le defezioni si contano sulle dita di una mano. Dato che pesa, se si considera che il primo dei cinque tavoli, impegnato sulle norme ordinamentali, si è riunito «ben 14 volte», con l’ausilio dell’Ufficio studi del Cnf che «ha seguito il confronto iniziale e lo ha tradotto in proposte di articolato, in modo da permettere una rivalutazione condivisa di ogni singolo passaggio».
Tra le maggiori cesure rispetto alla legge in vigore, la 247 del 2012, c’è l’eliminazione di alcune incompatibilità. È il coordinatore dell’Ufficio studi del Cnf Giuseppe Colavitti a illustrare le modifiche ordinamentali, tra cui appunto «il superamento del divieto di assumere incarichi da amministratore o liquidatore nelle società di capitali, secondo quanto già previsto per i commercialisti, ad esempio». Colavitti cita anche l’inderogabilità del tirocinio svolto «per 18 mesi» presso «lo studio di un avvocato, l’Avvocatura dello Stato o altra avvocatura pubblica. È stata inoltre ampliata l’area delle materie coperte da segreto ed è stata risolta la confusione normativa su adempimenti spesso reclamati dai Coa che in realtà spettano solo alle pubbliche amministrazioni».
L’accesso alla professione vede la conferma delle modalità adottate di recente, con la ricomparsa di una prova scritta. Il terzo dei cinque tavoli, coordinato dal consigliere segretario del Cnf Giovanna Ollà e dalla componente dell’esecutivo Ocf Alessandra Dalla Bona, si è occupato di formazione e specializzazione, e ha concordato, tra gli altri, il principio per cui, spiega Ollà, «l’avvocatura deve poter contribuire con il giudice ai percorsi per l’inserimento degli avvocati negli elenchi relativi a diverse tipologie di incarichi».
Precisato, dalla riforma, anche che «la violazione dell’obbligo formativo comporta una sanzione amministrativa», che «il regolamento sulle specializzazioni sarà competenza non più del ministero ma del Cnf, e siamo già preparati a fronteggiare i dissensi che la nostra scelta potrebbe incontrare in Parlamento», dice ancora Ollà. La quale spiega la soluzione adottata per «l’accesso ai corsi di specializzazione: servirà un’esperienza minima di due anni nel settore in questione. Sappiamo che i colleghi più giovani non sono favoriti, ma la competenza maturata in concreto è evidentemente indispensabile».
È il tesoriere Cnf Donato Di Campli a illustrare i contenuti dell’altra novità che «vale da sola il prezzo del biglietto», come osserva Scialla: quella relativa alla «monocommittenza, distinta dal contratto di collaborazione che non ha carattere esclusivo». Dulcis in fundo i numerosi interventi previsti, nell’articolato, in ambito disciplinare: la vicepresidente del Cnf Patrizia Corona ricorda «la riduzione da 5 a 3 dei consiglieri distrettuali che compongono le sezioni, in modo da avere ricadute positive in termini di efficienza». E non sarà più il collegio a formulare il capo d’incolpazione ma «un consigliere istruttore: così la sezione è davvero giudice terzo», spiega la vicepresidente del Consiglio nazionale. «Viene esteso a 6 anni il tempo necessario perché l’avvocato radiato possa chiedere la riabilitazione, per distinguere l’istituto da quello della sospensione, per il quale il massimo è di 5 anni». Soprattutto, «si è preferito resistere all’ipotesi di intervenire sulla prescrizione: non sarebbe stato accettabile scaricare sui colleghi i ritardi del sistema, né è pensabile che da penalisti critichiamo il fine processo mai e poi rendiamo l’istituto indeterminato nei confronti dei colleghi». Inoltre, chi entra a far parte dei Consigli distrettuali di disciplina «non solo deve essere incensurato sul piano deontologico ma deve anche certificare la regolarità contributiva nei confronti di Cassa forense».
Tocca ancora al presidente Greco spiegare la logica seguita riguardo al numero massimo di mandati per consiglieri dell’Ordine e del Cnf: si passa dall’attuale regime di quattro anni per due incarichi a tre anni ripetibili per tre volte. «Il periodo aumenta complessivamente di poco, da 8 a 9 anni, e si è considerato che chi aspira alla presidenza dell’istituzione, la deve poter prima conoscere, per poi eventualmente guidarla e sottoporre, dopo 3 anni, il proprio operato al giudizio degli elettori». In generale «è un disegno riformatore che punta a tenere noi avvocati al centro del confronto culturale e giuridico, rivolti al futuro e in grado di affrontare le sfide che ci attendono».