La strada dell’avvocatura, così come in altri settori, è sempre irta di ostacoli.
La pandemia da Covid-19 ha senza dubbio aumentato le difficoltà, sia per chi indossa la
toga sia per i cosiddetti “clienti” che, prima di varcare la soglia di uno studio legale, ci pensano due volte. Questo è un fattore che incide soprattutto nel civile, mentre nel penale le cose sono diverse.
Fare l'avvocato è anche una missione
Nel viaggio che stiamo facendo tra i distretti dell’avvocatura italiana emerge una tendenza comune a intraprendere nuove strade e abbandonare la professione forense. Una scelta dettata da motivi di varia natura. A volte è solo il desiderio di affrontare nuove sfide professionali ma in altre occasioni le motivazioni sono decisamente più prosaiche:
“La difficoltà di arrivare a una sicurezza economica che possa garantire un futuro senza troppo incertezze”. Una situazione, come dicevamo, aggravata dalla crisi pandemica e dalla sostanziale paralisi dei tribunali e dell’attività giudiziaria. Un evento che ha velocizzato processi che altrimenti si sarebbero svolti in un arco di tempo più lungo e in mondo decisamente più graduale. Non tutti però sono d’accordo con chi decide di abbandonare in modo netto e definitivo la professione forense.
Molti, infatti, considerano questa professione come una “missione”, un lavoro che innanzitutto è una passione, e con il passare del tempo si concretizza in fonte di reddito.
C'è chi sceglie il "posto fisso"
Tra i vari legali che abbiamo sentito, alcuni hanno preferito evitare il conflitto conflitto con chi, vincitore di un concorso pubblico, lascia la toga e si concentra su altro. «Al mondo d’oggi per tenere la toga, servono coraggio e capacità, chi sceglie una strada diversa avrà le sue buone ragioni, ma non le condivido». Il passaggio da avvocato a cancelliere, ad esempio, è molto frequente nell’ultimo periodo.
«Conosco tanti ex colleghi, anche molto bravi, che hanno scelto di dedicarsi agli studi per ottenere il cosiddetto “posto fisso”. Le motivazioni - aggiunge il legale - sono legate spesso a difficoltà economiche, che è evidente che ci siano, ma la bravura è l’arma in più per chi svolge questa professione con dedizione e sacrificio». Quando invece una famiglia è composta da due avvocati, la situazione cambia. «Non mi sento di giudicare chi fa questo passo, non credo sia una sconfitta lasciare la toga,
perché ognuno guarda in casa propria e se non riesce a portare il “pane” a casa, diventa difficile andare avanti, soprattutto per le spese fisse che ci sono. Per fortuna non ho di questi problemi, ma conosco colleghe che, avendo già il marito che fa la nostra professione, pensano seriamente a partecipare ai concorsi per la pubblica amministrazione».
«Scelta che fanno di più le donne»
La crisi del settore, tuttavia, è certificata anche dai numeri. Ce li espone, a mo’ di rappresentazione della realtà, il segretario della Camera Penale di Cosenza, l’avvocato
Guido Siciliano. «Nel 1990 in provincia di Cosenza c’erano mille avvocati iscritti all’Ordine, oggi nel 2020, ultimo aggiornamento,
ce ne sono 2200, più del doppio. Questo comporta poche occasioni di lavoro per i colleghi, perché si tratta di un numero spropositato tra domanda e offerte, rispetto ai potenziali clienti. Chiaramente sono delle scelte per chi vuole fare la professione, non è solo l’aspetto economico a incidere sulla decisione, ma è comprensibile chi si determina in un altro modo.
E’ una scelta - conclude l’avvocato Siciliano - che fanno di più le donne».
Incidono anche i costi telematici
La fascia d’età più colpita, come abbiamo visto in altri territori, è quella degli under 50, che pensano di approdare verso una spiaggia più sicura. Insomma,
per alcuni l’addio alla toga è un buon compromesso che, in definitiva, aiuta a passare più agevolmente i concorsi, avendo un percorso formativo già strutturato sulla base delle nozioni richieste poi in sede di esame. Tuttavia, la professione di avvocato, oltre che nobile, rimane sempre affascinante, ma darsi una seconda possibilità è la strada migliore per essere parte attiva di un sistema economico-produttivo che oggi ha bisogno di segnali positivi.
(a. a.)