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CELEBRAZIONE PER L'AVVOCATURA BARESE PREMIATI CON LA TOGA D'ORO TOGHE AVVOCATO AVVOCATI GIUSTIZIA
«Il fatto non sussiste»: con la formula assolutoria più ampia prevista dal codice di rito, la Corte di Appello di Roma ha assolto Lucia Gargano dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Annullata dunque la condanna a sei anni e otto mesi che le era stata comminata con rito abbreviato il 4 giugno 2021. La procura generale aveva chiesto una pena a 8 anni. Si attendono le motivazioni.
L’avvocato penalista era finita al centro di una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, che aveva portato al suo arresto insieme a quello di Salvatore Casamonica, esponente di vertice del clan, già detenuto al 41 bis e condannato in Appello dopo il rito ordinario a 16 anni, e all’iscrizione nel registro degli indagati di un altro avvocato, Angelo Staniscia, assolto poi in primo e secondo grado.
Alla professionista venivano addebitate diverse condotte, tra cui l’aver partecipato, come garante, a un incontro il 13 dicembre del 2017 in un ristorante di Grottaferrata per siglare una «pax mafiosa» ad Ostia tra il clan Spada, che aveva subìto tre atti intimidatori, e il gruppo capeggiato da Marco Esposito, detto Barboncino, rappresentato da Fabrizio Piscitelli, alias “Diabolik”, ucciso poi il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti.
Secondo i pm Ilaria Calò, Giovanni Musarò e Mario Palazzi, l’avvocata Lucia Gargano era un «fondamentale trait d’union tra Carmine Spada detto “Romoletto” e Piscitelli». Lucia Gargano, avvocato del Foro di Roma, era legale di fiducia dello stesso Piscitelli e collaboratrice presso lo studio dell’avvocato Staniscia, difensore di alcuni membri del clan Spada. Tutto l’impianto accusatorio si basava sulle intercettazioni effettuate dalla Guardia di Finanza, tramite un loro agente infiltrato, in quel famoso pranzo a Grottaferrata del dicembre 2017.
«L’accusa sostanzialmente si fonda su singole frasi estrapolate dal contesto – ci aveva spiegato Gargano nella sua prima intervista - e assolutamente incerte nella loro ricostruzione, considerate anche le difficoltà dell’ascolto in quanto il pranzo avveniva in un ristorante dove erano presenti anche tanti altri clienti, con tutti i rumori di fondo determinati dall’ambiente circostante». La donna si era sempre difesa dicendo che era lì solo per acquisire un incarico professionale da Piscitelli. L’operazione fu denominata “Tom Hagen”, il personaggio di finzione, interpretato da Robert Duvall, che rappresentava l’avvocato della famiglia Corleone nella trilogia Il Padrino.
Quindi una denominazione non casuale che aveva lo scopo di mettere in risalto il coinvolgimento di alcuni avvocati nell’accordo tra i clan. Ma per adesso le sentenze ci dicono che i colletti bianchi sono innocenti, a differenza degli altri imputati. «Siamo soddisfatti dell’esito del procedimento», ha commentato l’avvocato Alessandro De Federicis, difensore di Gargano insieme al collega Valerio Spigarelli.
L’arresto della loro assistita era avvenuto praticamente in diretta televisiva; insieme agli agenti erano arrivate presso la sua abitazione anche le telecamere e il video fu mostrato a Non è l’Arena, il programma condotto anni fa da Massimo Giletti su La7. Alcuni giornalisti l’avevano poi raggiunta perfino a casa dei suoi genitori, dove si era trasferita, «pur se nessuno era a conoscenza di dove mi trovassi», ci aveva detto. Chi ha passato loro l’indirizzo di casa non lo sapremo mai.
Sta di fatto che la gogna la travolse, il suo volto lo vedemmo dappertutto e non mancò chi disse che l’avvocato è delinquente come il suo cliente, in quella assimilazione piena di pregiudizi che spesso accompagna la professione forense.
Questa storia in alcuni tratti ricorda quella dell’avvocato Armando Veneto, di 88 anni, tra i padri fondatori dell’Unione Camere penali, ex deputato e parlamentare europeo dell’Udeur, che è stato assolto qualche mese fa, per non avere commesso il fatto, dai giudici della Corte d’appello di Catanzaro dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione in atti giudiziari aggravata dalle modalità mafiose. Anche lui aveva subito lo stigma mediatico, anche lui accusato di essere un azzeccagarbugli, anche lui assolto dopo un periodo doloroso.
Nel 2018 un altro noto penalista di Roma, l’avvocato Francesco Tagliaferri, già presidente della Camera Penale di Roma, fu indagato per favoreggiamento personale continuato nell’ambito di una inchiesta antidroga condotta dalla Direzione distrettuale antimafia. Secondo la procura, anche Tagliaferri garantiva assistenza legale ai componenti di una organizzazione criminale, informando il boss sui procedimenti degli affiliati e sull’esito degli interrogatori. Nel 2020 il Tribunale di Tivoli al termine di un giudizio immediato assolve Tagliaferri perché “il fatto non sussiste”, dopo che anche la pubblica accusa ne aveva chiesto l’assoluzione con formula piena.