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«Ci auguriamo che questa sia l’occasione per fare un grande passo avanti perché è importante per tutti i cittadini poter contare su una giustizia giusta e celere. Parafrasando JFK direi che non dobbiamo chiederci cosa può fare questa riforma per il processo civile di famiglia, ma cosa ciascuno di noi può fare perché il conflitto familiare possa trovare una soluzione giusta, equa e sollecita». Con queste parole l’avvocata Mariagrazia Monegat, esperta di diritto di famiglia, commenta la riforma del processo civile che si vede all’orizzonte. Avvocata Monegat, il processo civile, con i lavori della “Commissione Luiso”, è destinato ad avere una nuova vita? Le proposte sono indubbiamente pregevoli e destinate a innovare il processo civile per adeguarlo non solo agli strumenti tecnici di cui deve necessariamente avvalersi, ma anche per ridare al processo e al procedimento il giusto significato. Le novità, infatti, si inseriscono nel più ampio quadro di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie che si sono dimostrate valide ed efficaci. Certo, occorre un mutamento anche culturale a cui tutti gli operatori del diritto devono contribuire, a partire dalle università, che faccia comprendere come in ambito civile sia possibile ricercare soluzioni e strumenti alternativi al processo, dalla mediazione alla negoziazione assistita. Gli avvocati sono protagonisti di questo cambiamento e devono impadronirsi di tecniche diverse da quella avversariale cui sono stati formati, facendosi contaminare da altri saperi che consentano di prevenire il conflitto e di contribuire a risolverlo attraverso soluzioni concordate. Lei è esperta di diritto di famiglia. La riforma in cantiere avrà ripercussioni su questa branca del diritto? I procedimenti che coinvolgono le relazioni familiari devono essere decisi in tempi rapidi senza tuttavia dimenticare la necessità di assicurare a tutte le parti, ivi comprese le persone minori di età, l’esercizio dei propri diritti nell’ambito di un corretto ed effettivo contraddittorio. I processi di famiglia devono perciò essere affidati a giudici competenti e specializzati e gli avvocati non devono essere da meno. Un rito snello, atti sintetici, una leale disclosure su redditi e patrimonio, l’effettivo contraddittorio tra tutte le parti coinvolte sono gli strumenti per rendere giustizia in tempi compatibili con la vita delle persone. Il progetto di riforma perseguendo questo obbiettivo introduce nuove disposizioni nel Codice di procedura civile, con un nuovo Titolo V nel secondo Libro, rubricato “Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”. Uno sforzo non indifferente? Ritengo sia da apprezzare prima di tutto la scelta lessicale che sottolinea come la disciplina sia destinata alle “persone” anche di età minore e alle “famiglie”, termine che oggi va necessariamente declinato al plurale. Altrettanto apprezzabile è la proposta di unificare il trattamento processuale dei figli, siano essi nati dal matrimonio o fuori da esso, giacché, nonostante la riforma introdotta con la legge 154 del 2013, diversi sono i procedimenti per regolamentare la fase patologica del rapporto familiare. Si pensi al rito camerale per i figli “non matrimoniali” e al procedimento bifasico nella separazione dei coniugi. L’unificazione del rito consente di assicurare alle famiglie in crisi una risposta giudiziaria celere, concentrata in un solo procedimento ed appare utile alla composizione complessiva del contenzioso. Lo stesso rito per la cessazione di convivenze familiari fondate o meno sul matrimonio è idoneo ad assicurare ai cittadini, ed in particolare alle persone minori di età, per le quali il tempo è un elemento fondamentale, la tutela effettiva dei diritti primari riconosciuti dalla Costituzione, dall'ordinamento interno e da quello eurounitario. Anche la previsione di una disposizione, il secondo comma dell’articolo 78 del Codice di procedura civile, specificamente dedicata alla nomina del curatore speciale del minore nei procedimenti in cui i genitori per la «esasperata conflittualità o per altre gravi ragioni, sono temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore o si trovano con lo stesso in conflitto di interessi» è certamente apprezzabile e condivisibile, ma occorre anche prevedere la creazione di speciali elenchi presso ciascun tribunale per l’individuazione di curatori adeguatamente formati. La figura del curatore assume un grande rilievo? L’avvocato che si proponga per la funzione di curatore deve avere una formazione specifica ed essere consapevole di porsi all’interno del processo in una posizione di collaborazione dialettica con le parti e con il giudice. Sempre con l’obiettivo di trovare soluzioni concordate alla crisi del rapporto, vi è l’introduzione di un “ausiliario” del giudice, incaricato dalla coppia genitoriale, con il compito di svolgere specifiche attività per risolvere il conflitto familiare o ai fini di ausilio o sostegno alla relazione genitori figli. È la figura del Coordinatore genitoriale, apparsa da qualche tempo in alcuni provvedimenti che si pone anch’essa nell’ambito delle Adr. Si poteva incidere di più nel processo di famiglia? Come co-responsabile scientifico del settore civile dell’Unione nazionale delle camere minorili (Uncm), osservo che l’obbiettivo di efficienza, cui mira il progetto di riforma, può essere conseguito solo con la messa in campo di competenze qualificate. È, dunque, indispensabile non solo avere un giudice specializzato, ma altresì un’avvocatura specializzata e responsabile, consapevole del ruolo sociale che svolge soprattutto nei procedimenti che coinvolgono i minori di età. L’Unione, da sempre sostenitrice della specializzazione e impegnata nella formazione e nella diffusione di buone prassi, ritiene indispensabile la formazione permanente e obbligatoria per i giudici unitamente agli avvocati specializzati, non solo sul piano strettamente giuridico, ma ampliando i propri saperi attraverso la contaminazione di altre materie, mediante incontri con esperti nelle scienze umane, sociologiche, psicologiche, mediche.