Non hanno la Cig. Un concetto semplice. Lunare? No, soltanto ignorato. Con quale grado di colpa è difficile dire. Sta di fatto che finora, dall’inizio del covid, poche volte si è riflettuto sulla condizione dei professionisti: obbligati a tenere gli studi aperti pure a fronte di onorari che si diradano; quasi sempre in sofferenza per il rallentare delle attività, avvocati in primis; ma non certo tutelati dagli ammortizzatori sociali. Il barlume di resipiscenza dei bonus primaverili era svanito nel mancato accesso ai finanziamenti a fondo perduto. Così quando ieri il viceministro all’Economia Antonio Misiani dice, nell’aula del Senato e non al vento dei microfoni, che «dobbiamo immaginare un meccanismo di sostegno al mondo del lavoro autonomo, dei liberi professionisti e delle partite Iva», a «questo pezzo cruciale del mondo del lavoro che non può contare sulla Cig e sugli strumenti di protezione sociale che tutelano il lavoro dipendente», quando risuonano queste parole, si è fa quasi fatica a crederci.

E invece al cuore dell’intesa, del tentativo di unità nazionale costruito fra maggioranza e centrodestra ci sono davvero i futuri ristori alle professioni ordinistiche. Sostegni che erano stati sollecitati con insistenza da Forza Italia, e diventano poi decisivi, almeno in termini di impegno, affinché il partito di Berlusconi accetti di votare lo scostamento di bilancio. Alla fine la risoluzione che autorizza il governo all’extra deficit passa con voto quasi bulgaro sia alla Camera che al Senato. Il vincolo di destinare una parte almeno degli 8 miliardi al sollievo fiscale anche del mondo ordinistico ha messo in un angolo gli stessi alleati del Cavaliere, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Sarebbe stato doloroso anche per la parte più inquieta del centrodestra lasciare che i soli alleati forzisti si assumessero il merito di sottrarre le libere professioni al consueto oblio. Così la stessa risoluzione con cui FI, Lega e FdI protocollano la disponibilità sullo scostamento richiama il sostegno ai professionisti come condizione sostanzialmente decisiva.

FORZA ITALIA LANCIA LA SFIDA IL 10 NOVEMBRE

Miracolo. Che ieri sera contagia anche i deputati 5 Stelle delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera: «È doveroso finanziare con ristori a fondo perduto anche professionisti, autonomi e partite Iva». Ma una parte notevole del merito va effettivamente attribuita a Forza Italia. Era stata la sottovalutata iniziativa degli azzurri a puntare per prima, con decisione, al bersaglio giusto, cioè a una richiesta politica all’esecutivo di maggiore attenzione agli autonomi. Risale al 10 novembre l’appello di un deputato vicinissimo al leader come Sestino Giacomoni: «Il Dl Ristori divide le categorie danneggiate in quelle di serie A e di serie B, escludendo le professioni ordinistiche», aveva detto il parlamentare di FI, «come se avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro non avessero subito danni dalla pandemia e dai provvedimenti del governo».

MERCOLEDÌ SERA L’IMPEGNO DI GUALTIERI

Il concetto ha iniziato a scavare come una goccia le rigidità del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, sollecitato anche da altri nel governo, come la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. Finché mercoledì sera è stato proprio il titolare di via XX Settembre a diffondere la nota divenuta il vero sigillo sul sì della maggioranza agli appelli forzisti: «Le proposte avanzate dall’opposizione, in particolare da Forza Italia, per incrementare il sostegno a lavoratori autonomi, commercianti, artigiani, professionisti, sono da considerare favorevolmente, perché incrociano esigenze reali del Paese e riflettono anche la volontà politica espressa dalle forze della maggioranza e dal governo». Da qui il via libera di Gualtieri a un «rinvio delle scadenze di fine anno che vada oltre i settori dei codici Ateco direttamente interessati dalle misure restrittive, e lo estenda a tutte le attività economiche che hanno subito cali rilevanti del fatturato». Primo passo destinato a compiersi col decreto Ristori quater.

PROFESSIONI CON CASSA, NON COVI DI PRIVILEGIATI

Fino all’altro passaggio, che finalmente allude a possibili, veri e propri ristori anche per il lavoro intellettuale classico: «Siamo pronti a confrontarci per mettere a punto un meccanismo organico di natura perequativa per i ristori che vada oltre le limitazioni per aree di rischio pandemico e quelle derivanti dai codici Ateco, e che», ipotizza il ministro dell’Economia, «si basi sul rimborso di parte dei costi fissi. In questo quadro condividiamo la necessità di ristorare, sulla base dei dati del 2020, anche i liberi professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatori o alla Gestione separata».

LA RISOLUZIONE DEL CENTRODESTRA

È il passaggio che dirada ogni equivoco. Perché, paradossalmente, proprio il fatto di avere una cassa previdenziale autonoma aveva rappresentato, per gli avvocati come peri commercialisti, per gli ingegneri e per i giornalisti, il motivo ultimo dell’esclusione. Come se Cassa forense o Inpgi fossero l’Inps e non dovessero anzi già svolgerne funzioni sussidiarie sul fronte pensioni.

La linea Gualtieri ha il suo corrispettivo nella risoluzione unitaria di FI, Lega e FdI: si «autorizza il governo a procedere a un ulteriore ricorso all’indebitamento netto a condizione che le risorse derivanti dall’attuale scostamento vengano destinate innanzitutto a una sospensione dei versamenti fiscali e contributivi che vada oltre i settori dei codici Ateco direttamente destinati dalle misure restrittive, e che riguardi tutte le aziende, le partite iva, i professionisti che hanno subito cali significativi di fatturato». Segue la seconda gamba dell’accordo, proiettata sull’ulteriore extra deficit, che sdogana una volta per tutte i finanziamenti a fondo perduto per le libere professioni: il centrodestra infatti «chiede, anche attraverso un successivo scostamento di bilancio, di ampliare i contributi a fondo perduto a tutte le attività economiche che hanno subito consistenti cali di fatturato rispetto agli analoghi periodi del 2019», prevedendo un «risarcimento univoco basato anche sui costi fissi con un algoritmo semplice».

Misiani, in quella rivoluzionaria apertura pronunciata al Senato e richiamata all’inizio, usa l’espressione «dobbiamo immaginare per l’immediato futuro un meccanismo». Non è una certezza ma almeno la caduta di un tabù.