In Iran il 30 novembre scorso è stato pubblicato il testo di una legge ancora più restrittiva e punitiva nei confronti delle donne. Il 28 novembre il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione di condanna della crescente e sistematica repressione dei diritti umani delle donne in Iran.

Il tema è stato trattato nel corso del webinar organizzato dal Consiglio Nazionale Forense, in collaborazione con la Scuola Superiore dell’Avvocatura, il 10 dicembre scorso, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, cui hanno assistito on line più di 700 avvocati. Sono intervenuti per un indirizzo di saluto Leonardo Arnau, coordinatore della commissione diritti umani e protezione internazionale, anche a nome del Presidente del Cnf Francesco Greco, il vice Presidente della Scuola Superiore dell’Avvocatura Giampaolo Brienza ed il coordinatore della commissione di diritto europeo e internazionale Antonino Galletti.

Nel suo intervento introduttivo Leonardo Arnau ha ricordato che la Giornata degli avvocati in pericolo del 2024 è stata dedicata alla situazione degli avvocati in Iran e che il focus, in realtà, dura tutto l’anno, in attesa della prossima edizione del 2025, dedicata alla Bielorussia. Ha sottolineato il costante impegno del Cnf in favore degli avvocati ingiustamente perseguitati in Iran, con molteplici iniziative negli anni, tra cui l’attribuzione all’avvocata Nasrin Sotoudeh, il 15 dicembre 2023, nel corso della “Sessione ulteriore” del XXXV Congresso Nazionale forense, del Premio dell’Avvocatura italiana.

Ha descritto la violenta repressione delle manifestazioni svoltesi nel Paese nei mesi successivi alla morte di Masha Amini, la ventiduenne curda morta a seguito delle torture subite dalla “polizia morale”, che l’aveva arrestata il 13 settembre 2022, per non aver indossato in modo corretto l’hijab. Ha riportato le drammatiche cifre degli avvocati arrestati (almeno 66) e dei manifestanti uccisi dalla polizia (almeno 537 di cui 66 bambini) tra settembre 2022 e maggio 2023. Ha fatto riferimento ai rapporti del Relatore speciale delle Nazioni Unite che denunciano la discriminazione e le violenze nei confronti delle minoranze etniche e religiose iraniane, come testimonia il dato che la metà dei decessi legati alle manifestazioni sono avvenuti in province popolate da baluci e curdi e sottolineato che le persone arrestate non sono libere di scegliersi l’avvocato difensore perché, secondo l’art. 48 del codice di procedura penale iraniano, in caso di crimini contro la sicurezza interna o esterna si è obbligati a rivolgersi unicamente agli avvocati inseriti in una lista approvata dal capo della magistratura.

Sono quindi intervenute Deniz Ali Asghari Kivage, del Foro di Torino, componente del direttivo dell’associazione Torino Città delle donne, Shervin Haravi, già Componente commissione diritti umani dell’Ordine di Torre Annunziata e Pegah Moshir Pour, scrittrice e attivista per i diritti umani. Deniz Kivage ha descritto i complessi meccanismi del sistema giuridico costituzionale iraniano, introdotto dopo la rivoluzione del 1979, che si basa sul principio secondo cui l’Islam è una religione organica che racchiude in sé le regole adatte per tutte le questioni concernenti la vita sia spirituale sia materiale dell’uomo, nonché il sistema sociale e politico, riconosce la legge islamica, la sharia, come fonte del diritto e la considera la base e il fondamento ultimo di tutte le altre fonti, reintroducendo la religione di stato e istituendo così una vera e propria teocrazia costituzionale. Ha analizzato le principali norme della costituzione iraniana ed il ruolo svolto dal Consiglio dei Guardiani, soffermandosi su alcuni istituti di diritto civile, nonché sui riflessi di tale sistema legislativo sull’esercizio della professione forense, ampiamente penalizzata.

La nuova legge obbliga le donne iraniane ad ulteriori obblighi rispetto a quelli già previsti dalla legge del 1979. Shervin Haravi ha analizzato il contenuto dei 74 articoli che la compongono. Rigide regole sono riservate adesso anche agli spazi culturali: sono vietati i giocattoli, le opere d’arte ed i manichini che possano istigare a violare l’obbligo del velo. Sono previste multe molto salate in rapporto ai redditi medi. Nei casi più gravi pene detentive, dai 2 ai 6 anni e 74 frustate. Alcune categorie, tra cui i conducenti di taxi, saranno obbligate a denunciare l’inosservanza delle norme. Ulteriori pericoli per le donne sono conseguenza dell’istituzione di “gruppi popolari”, autorizzati ad intervenire in pubblico, di cui potranno far parte anche stranieri residenti in Iran.

L’intervento di Pegah Moshir Pour ha costituito anche la toccante testimonianza, resa con lo sguardo di una bambina costretta a portare il velo in orario scolastico, prima del suo trasferimento in Italia con la famiglia nel 1999. Una bambina che guardava già con occhi critici Teheran, la sua città Natale. Nel suo intervento l’attivista e scrittrice, laureata in ingegneria, ha sottolineato come la discriminazione nei confronti delle donne non sia tanto una questione religiosa ma patriarcale, come dimostra il dato che in Italia le donne spesso non studiano le materie STEM (acronimo di scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) perché vengono dissuase dal farlo.