Siamo boomer, siamo vintage, siamo oltranzisti del calzino blue, ma soprattutto non siamo Roberto Benigni che definì la nostra Costituzione un’opera d’arte. Siamo sostanzialmente consapevoli dei nostri limiti e di queste nostre manchevolezze, vogliamo fare outing, una pratica che dopo l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, e il dibattito che ne è scaturito, è diventata una questione di salute. Diciamolo subito, abbiamo sperato di sentire, leggere altro a proposito dell’abuso d’ufficio e la sua abolizione.

Proprio perché siamo esattamente quelli di cui sopra abbiamo sperato, che si dicesse altro, che si riscoprissero argomenti, che si riparlasse di un’altra Costituzione che per quanto dimenticata è ancora tale. Lo abbiamo quasi sognato, come ognuno di noi può aver desiderato di ricevere una lettera inaspettata da un’amica di cui si erano perse le tracce. C’era anzi c’è una Costituzione nel cui nome nel 1981, in una sentenza che dichiarò incostituzionale il reato di plagio, il professor Edoardo Volterra estensore scrisse: “Il principio di tassatività impone al legislatore l’obbligo di formulare le norme penali utilizzando espressioni sufficientemente precise, in modo che sia possibile conoscere con esattezza ciò che è penalmente lecito e ciò che è penalmente sanzionato, circoscrivendo entro limiti ben definiti l’attività interpretativa del giudice e garantendo, così, i cittadini dagli abusi del potere giudiziario”.

È vero, saremo pure quelli di cui sopra, con l’aggravante di un precoce rimbambimento, ma leggere certe cose ci fa ancora stropicciare gli occhi e se ci caliamo nella quotidianità viviamo lo stesso disagio che in questi giorni si avverte uscendo da una stanza con l’aria condizionata per entrare in un’altra senza.

L’informazione, che di quella stanza senza aria condizionata invece si perita di raccogliere pareri e opinioni di cattedratici, ci segnala che con l’abolizione del reato di abuso di ufficio la nostra Costituzione subisce un vulnus, perché un trattato sottoscritto dall’Italia ci chiede di avere proprio quella norma.

Come se non bastasse gli stessi ci avvertono che senza l’abuso d’ufficio i cittadini resterebbero senza tutele a fronte degli abusi e le angherie dei colletti bianchi, la vil razza dannata 2.0.

Questa ultima vulgata forse va smentita, perché il cittadino, oggi come ieri, ha tutta una seria di strumenti per ottenere soddisfazione di fronte ad atti e comportamenti illegittimi di un funzionario pubblico, ci sono i Tribunali amministrativi, ci sono i procedimenti disciplinari, personalmente trent’anni fa ne feci irrogare uno a un impiegato del mio Comune. Sempre perché siamo quelli di cui sopra ci sovviene che sui testi di diritto penale all’università c’era scritto che il diritto penale è materia residuale, extrema ratio, ovvero se puoi ottenere davanti a un giudice amministrativo tutela per atto illegittimo non c’è necessità che tu metta in moto il giudice penale. Evidente tutto questo non basta quando si tratta di colletti bianchi, i criminali per tendenza. Esattamente i colletti bianchi, questa vera e propria etnia che ha la colpevolezza attaccata addosso e di cui prima o poi un’analisi del Dna renderà superfluo l’accertamento giudiziario.

Su questo ultimo punto vorrei ricordare che solo da qualche mese è entrata in vigore la riforma Cartabia, tra le altre novità introdotte c’è una norma che attribuisce ai magistrati la potestà di sanzionare le parti per compensare il danno provocato “all’Amministrazione della Giustizia per l’impiego inutile delle risorse”.

La Giustizia viene approcciata come l’ambiente, ove vige principio chi consuma inquina, come avvocati, senza magari saperlo, siamo i primi ad aver compiuto la transizione ecologica, per questo, più di altri, aspettiamo fiduciosi, in un’ottica ambientalista, di risparmio di risorse la prova del Dna per i colletti bianchi.

Nell’attesa della scienza voglio ricordare quanto mi disse pochi anni fa un mio collega da poco divenuto magistrato e in servizio presso una Procura della Repubblica: “ormai sulle porte della procure dovrebbero sostituire la scritta e metterne una nuova: ufficio reclami”. Forse, non possiamo escluderlo, anche questo ce lo chiede l’Europa.