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Il Consiglio nazionale forense esprime solidarietà nei confronti dell’avvocatura di Istanbul, dopo la decisione di venerdì scorso presa dai giudici con la quale è stato sciolto l’Ordine degli avvocati della città più popolosa della Turchia, presieduto dal costituzionalista Ibhahim Kaboglu. «Il Consiglio Nazionale Forense – si legge in una nota - protesta e contesta fermamente la decisione del Tribunale di Istanbul, del 21 marzo, che ha sciolto l'Ordine degli avvocati di Istanbul. Tale provvedimento si connota come illegittimo e antidemocratico, soprattutto in un contesto in cui l’avvocatura turca è sottoposta a crescenti pressioni per il proprio impegno nella tutela dei diritti fondamentali. Questa decisione rappresenta un grave attacco all'indipendenza dell'avvocatura e della funzione difensiva».
A seguito della decisione del Tribunale si dovrà procedere all’elezione di un nuovo direttivo dell’Ordine per garantire la continuità delle funzioni. Lo scioglimento dell’Ordine di Istanbul (il più grande del mondo con 64 mila iscritti) non è esecutivo ed è appellabile.
«Il Consiglio nazionale forense – prosegue la nota di via Del Governo Vecchio - esprime pieno sostegno ai colleghi turchi e al presidente Ibrahim Kaboglu, ingiustamente accusati, e chiede il rilascio immediato dell’avvocato Firat Epözdemir, membro del Consiglio dell'Ordine, detenuto arbitrariamente dalla fine di febbraio. Il Cnf sollecita le istituzioni internazionali affinché vigilino sulla situazione e invita le autorità turche a garantire il rispetto delle garanzie costituzionali e della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo».
Venerdì sera, al momento della lettura della sentenza decine di avvocati e cittadini hanno protestato in aula. Non sono mancati momenti di tensione. L’accusa mossa nei mesi scorsi nei confronti di Ibrahim Kaboglu e di altri dieci componenti del Consiglio dell’Ordine è stata quella di aver fatto propaganda per un’organizzazione terroristica attraverso la stampa e di aver diffuso pubblicamente informazioni fuorvianti. Alla fine dello scorso mese di dicembre, in un post condiviso su X, l’avvocatura aveva chiesto “una indagine adeguata” sull’omicidio in Siria dei giornalisti Nazim Daştan e Cihan Bilgin.
L’Ordine degli avvocati di Istanbul in quella occasione affermò che «prendere di mira i membri della stampa nelle zone di conflitto è una violazione del diritto internazionale umanitario e delle Convenzioni di Ginevra». Da quel momento in poi sono iniziati i problemi. L’inchiesta contro gli avvocati avviata dalla magistratura ha suscitato non poche polemiche. Il professor Kaboglu ha definito l’iniziativa dell’autorità giudiziaria un «intervento esterno nella gestione democratica dell’Ordine degli avvocati». In Tribunale, prima e dopo l’udienza di venerdì che ha portato allo scioglimento dell’Ordine degli avvocati, centinaia di poliziotti hanno presidiato per ore l’area in tenuta antisommossa. Nel Tribunale di Istanbul erano presenti, in qualità di osservatori internazionali, anche gli avvocati Barbara Porta del Foro di Torino (per l’Oiad, il Cnf e il Ccbe) e Alessandro Magoni per l’Unione delle Camere penali italiane.