Era uno snodo cruciale. L’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione avrebbe dovuto sancire le posizioni in campo, le munizioni e le armi di un conflitto, fra governo e magistratura, inevitabile. Ma la cerimonia di oggi a piazza Cavour, aperta dalla relazione della prima presidente Margherita Cassano, ha squadernato sul tavolo dello scontro che ruota attorno alla separazione delle carriere, uno scenario nuovo.

Con due protagonisti rimasti finora in disparte: il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, arrivato ad affermare senza esitazioni che la «riforma» di Carlo Nordio, e il sorteggio dei togati Csm in particolare, sono una «risposta alle degenerazioni del correntismo in magistratura»; e il procuratore generale presso la Suprema Corte Luigi Salvato, altrettanto drastico nel ricordare che qualche suo collega «purtroppo» è arrivato a «forzare il principio di legalità, anche sulla scorta del consenso, con il rischio di una sorta di populismo giudiziario». Interventi che hanno finito per ridurre a una benevola carezza l’arringa con cui il guardasigilli ha difeso il proprio ddl. E che peseranno inevitabilmente domani sulla protesta organizzata dall’Anm: il “sindacato” ha previsto l’uscita dei magistrati dalle aule in cui si terranno le inaugurazioni nelle 26 Corti d’appello italiane non appena prenderanno la parola il ministro (a Napoli) e i delegati del governo (negli altri distretti).

Fino all’ultimo l’Anm insiste nel definire «pericolosa» la riforma di Nordio e a ribadire le ragioni dell’inedito “sfregio”. E il presidente del Cnf Francesco Greco, dopo il discorso pronunciato alla cerimonia di oggi, ha auspicato che «domani nelle Corti d’Appello l'apertura dell'anno giudiziario si svolga senza atteggiamenti divisivi e plateali da parte della magistratura, nel rispetto delle istituzioni repubblicane e delle loro articolazioni territoriali. Il confronto», ha ricordato il vertice dell’istituzione forense, deve avvenire «in modo costruttivo e nel pieno rispetto delle istituzioni democratiche. Il Parlamento è l’organo deputato a decidere su queste materie, e i cittadini avranno modo di esprimersi attraverso gli strumenti previsti dalla Costituzione. Gli avvocati continueranno a difendere questi principi indipendentemente dalle decisioni che verranno adottate, perché fanno parte della nostra tradizione e del nostro ruolo di difensori dei diritti», ha ribadito il presidente del Cnf.
Nella cerimonia di oggi, si è partiti dall’appello di Cassano per un «vero e proprio patto per lo Stato di diritto» tra le istituzioni. A cui hanno fatto eco i rischi di compromettere il «giusto processo» evocati da Greco e l’impegno per la digitalizzazione della giustizia, assicurato proprio «insieme al Cnf», al centro dell’intervento di Gabriella Palmieri Sandulli, avvocata generale dello Stato. Ma il punto di tensione più forte è arrivato, appunto, con le parole di Pinelli. Con l’avviso alla magistratura che non può ridursi a «parte del conflitto» e perdere così la propria «terzietà».

Il vicepresidente del Csm ha messo in fila un discorso pesantissimo sui limiti che le toghe dovrebbero darsi. Un «autolimite» compatibile, sì, con il «parere», negativo, espresso dal Consiglio superiore «a maggioranza», rimarca Pinelli, sulle «riforme costituzionali»: a condizione però che ogni altro «contributo» tenga conto delle «esigenze che la riforma intende perseguire». E qui il vertice di Palazzo Bachelet punta all’aspetto forse più contestato, dall’Anm, della riforma Nordio: il sorteggio dei togati. Una scelta su cui, ricorda impietosamente Pinelli, «ha pesato e continua a pesare il bisogno di dare una risposta alle degenerazioni del correntismo».


Le correnti dovrebbero tornare a essere luoghi di espressione del pluralismo nell’ordine giudiziario, capaci di produrre riflessioni sui «grandi temi», come il rischio che il «carcere» diventi «luogo di morte» e «scuola del crimine». Dovrebbe far questo, la magistratura associata, secondo il vicepresidente del Csm, anziché arroccarsi in «un’ottica di autotutela». Di fatto una liquidazione senza appello della battaglia condotta dall’Anm. Un richiamo sospeso tra auspicio e censura, in cui Pinelli dichiara apertamente che solo se le correnti tornassero alla loro originaria vocazione di “laboratori culturali”, la magistratura dimostrerebbe di «non aver bisogno del sorteggio».
Pinelli è un laico. È al Csm, cioè, come consigliere eletto dal Parlamento. È professore e avvocato. Ed è noto che sia stato indicato soprattutto da un partito, la Lega, certo non espressone dello spirito più moderato, nell’attuale maggioranza. Ma non si può trascurare un dettaglio: lo stesso Pinelli è anche il “vice”, al Csm, del Capo dello Stato. Il suo discorso apre un frattura profonda, nell’ordine giudiziario. Certamente se ne vedranno i riflessi all’interno del Consiglio superiore. Ma non si potrà ridurre tutto a un’insofferenza della maggioranza togata nei confronti del vertice di piazza Indipendenza. Anche perché oggi si sono aggiunte le analisi altrettanto severe, nei confronti della magistratura, del pg Salvato, e in particolare sulle seduzioni del «populismo giudiziario», come detto.

E ancora, a Pinelli si associa pure la rivendicazione di Nordio, che ha difeso la separazione delle carriere sia dalla pretesa incoerenza «con la Carta fondamentale», sia dall’insinuazione che il ddl preluderebbe a esiti rovinosi «per l’autonomia della magistratura». L’indipendenza del pm, ribadisce il ministro, «è un postulato assoluto».
Insomma: dall’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, la magistratura, l’Anm, escono con un campo di battaglia un po’ diverso. Con qualche avversario, o “controparte dialettica”, in più rispetto al previsto: Pinelli e Salvato certamente. Qualcuno noterà il paradosso per cui è stato il pg di Cassazione Salvato, culturalmente più in sintonia con le componenti progressiste, e non la presidente Cassano, considerata più vicina alla moderata Magistratura indipendente, a esprimere le valutazioni più severe nei confronti dei colleghi. Colpisce, soprattutto, quel passaggio del procuratore generale sulla «centralità della giurisdizione» che «in qualche caso è stata scambiata con l’avvento di una nuova etica pubblica». Una censura che ha il tono di una critica storica radicale agli oltre trent’anni trascorsi a partire da Mani pulite.

La prima presidente della Cassazione ha evocato invece la tensione fra politica e magistratura solo per sollecitarne il superamento. E anzi ha nettamente difeso un ordine giudiziario che «cerca di assolvere al meglio i propri doveri», e di realizzare persino in anticipo gli obiettivi di smaltimento dell’arretrato imposti dal Pnrr, nonostante la «grave scopertura dell’organico» che solo nella Suprema corte è «pari al 19%». Sono dati che, secondo Cassano, «restituiscono un’immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori».
Il punto ora è capire quanto potrà pesare, una giornata come quella di oggi, sulla protesta Anm in programma per domani. Dopo il discorso di Salvato, dopo la durissima censura delle degenerazioni correntizie arrivata da Pinelli, l’iniziativa anti Nordio assunta dal “sindacato” è inevitabilmente più debole. E non si può escludere che, come il pg di Cassazione, altri procuratori generali, nelle loro Corti d’appello, si dissocino dalla forma clamorosa scelta appunto dall’Associazione magistrati e dalle sue correnti. Dopo l’inaugurazione di oggi, la forza dell’associazionismo giudiziario nel proclamare il proprio no alla separazione delle carriere, come ha avvertito Pinelli, rischia di assomigliare, più che a un’orgogliosa difesa di valori costituzionali teoricamente messi in discussione, solo a una rabbiosa insistenza nell’autotutela e nell’autoisolamento.