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L’avvocatura sta assistendo ad un sempre maggiore protagonismo femminile. Un segnale che si aggiunge ai cambiamenti che potrebbero interessare nel futuro prossimo la professione. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ragusa è presieduto da Emanuela Tumino. La sua elezione al Coa, avvenuta nel 2018, ha rappresentato un fatto storico per il capoluogo siciliano e per l’intera regione. «La mia elezione – dice al Dubbio l’avvocata Tumino - ha suscitato un vero clamore non tanto per il risultato in sé quanto perché sono stata la prima presidente di un Ordine degli avvocati in Sicilia. Il fatto che si discuta o si sia discusso di tale dato indica che la parità non è ancora del tutto raggiunta e che molta strada è stata fatta, ma altra deve essere percorsa mettendo in atto iniziative concrete per il raggiungimento di tale parità». Occorre, dunque, secondo l’avvocata Tumino, impegnarsi ancora molto: «Non è inusuale scontrarsi con lo stereotipo dell’avvocato inteso solo come figura maschile, mentre le donne vanno spesso viste come valide e puntuali colleghe o collaboratrici di studio, ma non associate alla pari. Nella nostra provincia l’accesso all’università, in particolare alla facoltà di giurisprudenza attualmente vede una maggioranza di donne iscritte rispetto agli uomini. Così pure per quanto riguarda gli iscritti alla pratica forense e gli iscritti all’albo professionale nelle fasce di età più giovani. Le avvocate sono oggi una grande risorsa numerica, ma soprattutto una grande risorsa in termini di preparazione, di specializzazione e soprattutto di caparbietà per avere scelto di svolgere una professione delicata con spirito di abnegazione e di sacrificio». Nonostante gli scenari mutati o in evoluzione, alcune differenze permangono, come ci spiega sempre la presidente del Coa di Ragusa. «Il reddito – commenta Tumino - è di gran lunga inferiore rispetto a quello degli avvocati. Le materie praticate sono ancora viziate in un certo senso dal pregiudizio della minore preparazione tecnica o dalla maggiore sensibilità per temi considerati di natura femminile. Sono poche le avvocate che praticano la professione in materia societaria o finanziaria, molte sono quelle che si dedicano al contenzioso in materia di famiglia o di minori. Anche per quanto concerne la rappresentatività si avverte ancora la difficoltà delle avvocate di accedere alle cariche negli Ordini e nelle associazioni di categoria». Ragusa è il capoluogo di provincia più a Sud dell’Italia. La “città dei ponti” è famosa in tutto il mondo per le sue splendide architetture barocche. Un patrimonio che appartiene all’umanità e che è tutelato dall’Unesco. Le realtà imprenditoriali esistenti devono però da queste latitudini fare i conti con condizioni di isolamento, che, inevitabilmente, hanno ripercussioni su tutta l’economia. «In una provincia come la nostra – spiega la presidente del Coa ragusano -, che conta circa trecentomila abitanti, che sconta un evidente isolamento territoriale, pressoché priva di sistemi di collegamento tali da essere così denominati, che paga il prezzo di una grave crisi economica nonostante la vivacità imprenditoriale, è sempre più difficile continuare a svolgere la professione forense. La realtà è caratterizzata da studi legali di piccole dimensioni, pochi studi associati e molte associazioni fra professionisti che suddividono le spese dello studio». Nonostante questa situazione, il numero di avvocati iscritti all’albo regge. L’Ordine di Ragusa ne conta 1112 (568 donne, 544 uomini) ai quali si aggiungono 294 praticanti. Dall’inizio del 2021 ad oggi le iscrizioni all’albo (23) hanno superato le cancellazioni (10). Nell’anno della pandemia ci sono state 43 iscrizioni e 13 cancellazioni. «Nei prossimi mesi – afferma la presidente Tumino - è verosimile prevedere diverse cancellazioni, atteso che, dopo quasi trent’anni di blocco di assunzioni, sono state espletate le prove concorsuali nella pubblica amministrazione che ha permesso l’immissione in servizio di più di trentamila dipendenti. La disamina della graduatoria pubblicata pochi giorni fa dal ministero per le funzioni di cancelliere nel distretto di Catania fa emergere un elemento ben preciso, vale a dire la prevalenza numerica delle donne e la fascia di età dei vincitori, compresa tra i quaranta e i cinquant’anni». Sulla fuga dall’avvocatura la presidente del Coa ibleo riflette non sul numero di chi lascia la toga ma sulle motivazioni alla base di nuove scelte professionali: «Non desta preoccupazione il numero di colleghi che decidono di trovare una sistemazione più certa e più sicura quanto le ragioni che hanno determinato la scelta. Occorre interrogarsi sul motivo che spinge un collega che ha sudato per anni sui libri universitari, che ha investito tanto per una adeguata preparazione per il conseguimento dell’abilitazione forense, spesso rivelatasi un vero e proprio terno al lotto, che è riuscito a raggiungere una adeguata autonomia professionale ed una discreta clientela ad abbandonare la professione forense. Le difficoltà a svolgere il nostro lavoro sono sotto gli occhi di tutti. Pensiamo alla crisi economica, alla difficoltà a riscuotere i compensi professionali, spesso iniqui per non dire inadeguati, alla pressione fiscale e previdenziale». Guai, però, a fare del piagnisteo una regola di vita. «Questo periodo fortemente critico che stiamo vivendo – conclude l’avvocata Tumino - non deve scoraggiare coloro che con grande spirito di sacrificio e di abnegazione continuano a svolgere la professione forense. Formazione di alto livello presso le scuole forensi, specializzazioni, riforma dell’accesso, università dell’avvocatura, sviluppo del diritto collaborativo sono solo alcuni degli strumenti più importanti con i quali gli avvocati potrebbero recuperare prestigio, mercato e redditività».