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Può sorprendere, ma il futuro dell’avvocatura è anche una questione fiscale. O più precisamente, è una questione di norme previdenziali e fiscali. È il punto sul quale sono d’accordo tutti i rappresentanti dell’avvocatura intervenuti ieri, nell’auditorium di Cassa forense, alla presentazione della “Guida pratica sulla fiscalità forense: dai forfettari alle Sta, limiti e opportunità”. Si tratta del vademecum messo a punto da Uncat, l’Unione nazionale Camere avvocati tributaristi, insieme con la Commissione studi dell’Istituto previdenziale. Una fotografia dell’esistente ma non solo: anche un’analisi sulle proposte da rivolgere al legislatore per migliorare l’ambiente normativo e accompagnare così la professione fuori dalle difficoltà che attraversa.
Sulla “interazione” fra prospettive dell’avvocatura e quadro fiscale si sono dette d’accordo anche le due figure istituzionali “esterne” alla comunità forense intervenute ieri: il viceministro dell’Economia Maurizio Leo e il direttore di Agenzia delle Entrate Vincenzo Carbone. A loro si è arrivati dopo un’ampia carrellata di interventi, moderati dal presidente di Uncat Gianni Di Matteo e aperta dal presidente dell’istituto previdenziale degli avvocati Valter Militi: «I modelli associativi e societari offrono alla professione forense uno strumento per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più complesso e competitivo. L’aggregazione professionale», ha insistito il numero uno della Cassa, «favorisce la crescita e la modernizzazione degli studi e produce effetti a lungo raggio per tutta la categoria, migliorando l’organizzazione e la competitività del settore». E questo è uno degli aspetti più interessanti: la leva fiscale come incentivo all’esercizio della professione in forma associata non è solo un volano per particolari segmenti della comunità forense, ma è l’ingranaggio che può invertire il trend generale dell’avvocatura. Di Matteo ha ribadito a propria volta che «l’analisi del quadro normativo fiscale degli avvocati», realizzato con la Guida, ha «permesso di individuare zone d’ombra» e «indicare suggerimenti e richieste di miglioramento a governo e Parlamento».
E qui però entra in gioco un’opportunità di autodeterminazione che è già nelle mani dell’avvocatura: la proposta di riforma della legge professionale che, com’è noto, è in fase di elaborazione presso i tavoli istituiti al Cnf, e a cui partecipano tutte le maggiori rappresentanze della professione.
Ne ha fatto cenno il consigliere nazionale Vittorio Minervini, che ha portato il saluto della massima istituzione dell’avvocatura in sostituzione del presidente Francesco Greco e che si è augurato di «veder presto superati alcuni contenuti della preziosissima Guida messa a punto da Uncat e Cassa forense, nel senso che è auspicabile portare il legislatore ad alcune modifiche. Certamente ne parleremo nei tavoli sulla legge professionale», ha assicurato Minervini. Un impegno condiviso dal segretario di Ocf Accursio Gallo, che si è ironicamente detto «arrabiatissimo per non essere stato il primo a ideare una Guida fiscale come quella di Uncat e Cassa forense: è uno strumento che ogni avvocato deve poter avere sulla propria scrivania e del quale va davvero apprezzato lo sforzo propositivo. Sono idee che porteremo ai tavoli della nostra riforma: come a detto Vittorio (Minervini, ndr), specializzazione vuol dire aggregazione, ma il modello associato di esercizio della professione implica delle ricadute sul piano fiscale, dunque la necessità di sciogliere determinati nodi».
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Alcuni riguardano anche le conseguenze disciplinari degli illeciti tributari, come ha ricordato il consigliere Cnf Antonino Galletti: «Il nostro codice deontologico impone un adempimento agli obblighi previdenziali e fiscali non solo fedele ma anche immediato, al punto che la Cassazione, in due ordinanze del 2023, si è pronunciata in modo che la prescrizione dell’illecito non inizi praticamente mai. Siamo stati noi, come Cnf in sede giurisdizionale, a esprimerci», ha ricordato Galletti, «perché la prescrizione delle violazioni dei doveri deontologici di probità e decoro sia ancorata a quella, di 5 anni, per l’illecito tributario».
Specializzazione vuol dire aggregazione, e le due cose insieme si traducono anche nel superamento non solo dell’esercizio individuale come paradigma della professione forense ma anche del contenzioso giudiziale come prospettiva prevalente, da sostituirsi sempre più con «la consulenza e l’assistenza a imprese e famiglie», per citare le dichiarazioni rilasciate da Gianni di Matteo al Dubbio nel colloquio di due giorni fa. Anche la presidente del Consiglio della Giustizia tributaria Carolina Lussana ha detto di confidare proprio nella capacità degli avvocati tributaristi di «prevenire quando possibile il contenzioso, e dunque di ridurre il carico processuale, obiettivo primario per il futuro del sistema tributario».
Si può sintetizzare il tutto con una riflessione svolta ieri ancora da Di Matteo: «Il lavoro che noi di Uncat abbiamo voluto realizzare con la Guida risponde anche a una logica di politica forense», e cioè alla «promozione di un sistema fiscale equo e moderno in grado di rendere competitiva, anche a livello internazionale, la nostra attività, in modo da facilitare l’inserimento del nostro Paese in un sistema di scambio di servizi sempre più integrato». E sì, il futuro dell’avvocatura passa anche per un diverso quadro normativo, fiscale e previdenziale. L’Uncat, sul punto, mette davvero tutti d’accordo.