DoNotPay, una piattaforma digitale che si proclamava “il primo avvocato robot del mondo”, ha accettato di versare 193.000 dollari per chiudere le accuse avanzate dalla Federal trade commission (Ftc) degli Stati Uniti. La controversia riguardava affermazioni ingannevoli sui servizi legali promessi dalla piattaforma, che secondo la Ftc non erano supportati da prove adeguate.

Lanciata nel 2015 da Joshua Browder, DoNotPay iniziò come strumento per contestare multe stradali, ma ampliò le sue funzioni per affrontare questioni legali più complesse, come la generazione di documenti legali o la gestione di controversie senza l’intervento di avvocati. Tuttavia, la Ftc ha sottolineato che la piattaforma non disponeva delle competenze necessarie per fornire servizi legali affidabili. La denuncia ha evidenziato che DoNotPay non aveva testato il proprio chatbot per dimostrare le sue capacità e mancava di una formazione adeguata su leggi statali e federali. Pertanto, offriva assistenza legale insufficiente, basata principalmente su correlazioni statistiche tra le parole.

Una parte della contestazione della Ftc riguardava una citazione fuorviante che DoNotPay aveva attribuito al Los Angeles Times, in cui si affermava che le capacità del chatbot legale fossero paragonabili (se non addirittura superiori) a quelle di un avvocato umano. In realtà, la citazione proveniva da un articolo di uno studente su High School Insider, una piattaforma del Los Angeles Times dedicata alla pubblicazione di contenuti creati dagli studenti, e non rappresentava l'opinione della testata.

Il 25 settembre, la Ftc ha annunciato che DoNotPay aveva accettato di risolvere la controversia senza ammettere né negare le accuse. Oltre al pagamento della sanzione di 193.000 dollari, la piattaforma si è impegnata a informare i consumatori che avevano acquistato i suoi servizi tra il 2021 e il 2023 sulle reali limitazioni delle sue funzionalità. Questo implica che non può più fare affermazioni non supportate circa la capacità di sostituire l'assistenza legale con l'intelligenza artificiale.

Il servizio era offerto attraverso un abbonamento che, nei periodi oggetto della denuncia, costava 36 dollari ogni due mesi, con un pacchetto per piccole imprese che arrivava a 49,99 dollari al mese. Tuttavia, alcuni utenti hanno segnalato che i documenti generati dal sistema presentavano errori e imprecisioni, rendendoli inadeguati per l'uso in ambito legale.

Il caso ha evidenziato le limitazioni delle soluzioni basate sull’IA nel settore legale. Per affrontare queste problematiche, la Ftc ha avviato un'iniziativa per regolamentare l’uso della tecnologia professionale, proteggendo i consumatori da promesse irrealistiche. Nonostante l'intento di rendere l'assistenza legale più accessibile, le esperienze hanno dimostrato che senza una regolamentazione adeguata, queste soluzioni possono rivelarsi dannose.

Non è stata l’unica controversia per DoNotPay. Nel giugno 2023, l’azienda aveva accettato di patteggiare una causa presso la Corte distrettuale del distretto settentrionale della California. Il querelante sosteneva che DoNotPay non fosse un vero avvocato né uno studio legale, ma una piattaforma di bassa qualità. Secondo l’accusa, i documenti redatti tramite la piattaforma erano spesso imprecisi e inutilizzabili in tribunale, a dimostrazione della scarsa affidabilità del sistema.

Nonostante le numerose critiche ricevute, la piattaforma ha continuato a catturare l’attenzione dei media, con un’ampia copertura da parte di prestigiose testate nel campo legale e tecnologico. Molti esperti hanno evidenziato che questo caso costituisce un precedente significativo per tutte le aziende che operano nell’ambito dell'intelligenza artificiale applicata al diritto. Sebbene la tecnologia possa contribuire a ridurre i costi dei servizi legali e a rendere l’assistenza più accessibile, è fondamentale che venga adottata in modo responsabile e con le dovute cautele.

Il fondatore Joshua Browder, che aveva inizialmente ottenuto una grande visibilità nel settore legale e tecnologico, è stato persino nominato “ribelle legale” dal Journal of the American Bar Association nel 2017. Tuttavia, questa vicenda ha gettato dubbi sulla capacità della piattaforma di mantenere le sue promesse e sull’effettivo valore delle innovazioni proposte.