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Freshta Karimi
Nel 2021 il ritorno al potere dei talebani, armati di kalashnikov, pregiudizi e ignoranza, ha costretto migliaia di persone a lasciare l'Afghanistan. Impossibile difendere quanto era stato conquistato in faticosi anni di ricostruzione politica e culturale. Troppo pericoloso. L’orda barbuta talebana ha fatto ripiombare l’Afghanistan negli anni più bui, quelli delle violazioni dei diritti e delle libertà civili. Le donne non possono più lavorare, alle ragazze è vietato andare a scuola, istruirsi, costruirsi un futuro. Una situazione insopportabile anche per le avvocate. La decisione di fuggire non ha risparmiato neppure Freshta Karimi, una delle toghe afghane più famose ed apprezzate.
Karimi ha fondato e dirige “Dqg” (“Cercatore di legge” tradotto dalla lingua pashtu), una delle più grandi organizzazioni di servizi di assistenza legale in Afghanistan che lavora per sostenere i diritti delle donne e dei bambini. Ora Karimi vive in Canada. Dal Nord America continua però ad occuparsi della condizione femminile, dei diritti umani, con un occhio di riguardo per le colleghe alle quali è impedito ormai di svolgere l’attività forense sia negli studi legali che nelle aule dei tribunali.
L'Afghanistan è di nuovo sotto il controllo dei talebani. Sono stati vanificati anni di ricostruzione e sviluppo. Quale futuro immagina per il suo Paese?
Sfortunatamente abbiamo perso nel giro di una notte tutti i risultati conseguiti in venti anni di sforzi e duro lavoro, i risultati per i quali abbiamo lavorato faticosamente e rischiato la vita. Abbiamo lottato e lavorato duramente per raggiungere determinati obiettivi. Tutto vanificato.
Assistiamo ad una sistematica violazione dei diritti umani con il ritorno dei talebani. Quali notizie le giungono dall’Afghanistan?
Devo dire che l'attuale situazione in tema di diritti umani, specialmente per le donne, è molto difficile. Vengono sistematicamente violati i diritti umani fondamentali, come l'accesso all'istruzione, alla salute, al lavoro. Ci sono moltissimi casi in cui il capofamiglia è la donna, perché gli uomini sono morti o sono in prigione. Ma adesso per quelle donne è vietato lavorare con la tragica conseguenza che i loro figli muoiono di fame. C’è proprio un problema legato al procurarsi il cibo per queste donne che hanno preso sulle loro spalle il peso della famiglia con i figli. Le persone con cui parlo, che sono rimaste in Afghanistan, mi dicono che sono stanche e senza speranza. I problemi sono tanti e di vario genere. Manca il lavoro. Mancano sicurezze di tipo economico. Mancano l’istruzione per i bambini, l’istruzione superiore, l’accesso alla giustizia. Quando non esiste un sistema giudiziario, inoltre, non esistono più i diritti umani.
Il diritto di difesa è garantito?
Purtroppo no, perché nessuna delle leggi degli ultimi vent'anni, soprattutto la Costituzione afghana, che garantiva il diritto di difesa, non è più rispettata. Inoltre, le leggi che garantivano i diritti delle donne e delle ragazze sono state tutte messe da parte per non dire cestinate.
Vede comunque un barlume di speranza con protagoniste le donne per la rinascita afgana?
È molto difficile poter rispondere a questa domanda, poiché dopo tutti questi lunghi anni di sacrifici, con il ritorno dei talebani, la situazione è stata completamente ribaltata. È difficile essere ottimisti. Personalmente credo che l'Afghanistan non sia un paese indipendente. Le decisioni che riguardano il mio paese vengono prese da estranei. In un contesto del genere, quindi, è difficile fare previsioni per il futuro. Detto questo, però, occorre trasferire la speranza alle donne e alle ragazze afgane. Non sono più le stesse di vent’anni fa. Sono ben informate, possono far sentire la loro voce, hanno una forte considerazione internazionale.
Il suo impegno per la difesa dei diritti umani prosegue lontano dall’Afghanistan. A quale progetto sta lavorando?
Sono molto impegnata a sostenere e difendere i diritti umani e in particolare i diritti delle donne. Amo il mio paese e i miei concittadini. Gli afgani sono molto importanti per me, quindi non smetterò mai di lottare per i loro diritti e continuerò ad impegnarmi anche se mi trovo all’estero.
Cosa può fare la comunità internazionale per il suo paese, dopo le decisioni degli Stati Uniti nell’estate del 2021?
Io ed altri miei colleghi pensiamo che l'Afghanistan sia stato abbandonato al suo destino. Credo che si stiano dimenticando dell'Afghanistan e della sua gente, soprattutto delle donne e delle ragazze. Al momento, ad essere sinceri, ciò che la comunità internazionale sta facendo per l'Afghanistan non è sufficiente. Sarebbe opportuno che la comunità internazionale intraprenda azioni concrete con la consultazione di esperti afghani, coloro che non sono mai stati coinvolti in alcuna corruzione e coloro che godono della fiducia dei cittadini dell’Afghanistan. È indispensabile una strategia internazionale chiara per questo Stato. Le persone sono stanche dei troppi giochi politici sin qui consumatisi.