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IMAGOECONOMICA
Riportiamo di seguito l’intervento pronunciato dal presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte dei Conti. La cerimonia si è svolta nell’aula delle sezioni riunite della Corte alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il presidente della Corte dei conti Guido Carlino ha svolto la relazione sull’attività svolta dall’Istituto nel 2024. È quindi intervenuto, oltre al presidente Greco, anche il procuratore generale Pio Silvestri.
Il compito della Corte dei conti, quale magistratura indipendente che tutela gli equilibri di finanza pubblica, sia nell’esercizio delle funzioni di controllo, ai sensi dell’art. 100 Cost., sia nello svolgimento di quelle giurisdizionali, ai sensi dell’art. 103 Cost., è indispensabile in anni come i nostri, in cui le tensioni che attraversano gli equilibri mondiali disegnano scenari sempre più incerti e generano criticità, anche di carattere economico e finanziario. In tale contesto le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad affrontare sfide impegnative determinate dalle innovazioni tecnologiche, digitali, energetiche e ambientali.
Del resto, le risorse pubbliche per affrontare questi nuovi scenari, con le relative difficoltà, sono sempre limitate, nonostante l’impiego dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche in ragione del ritorno ai vincoli di finanza pubblica - dopo la sospensione determinata dall’emergenza sanitaria - così come recentemente modificati dalla riforma della governance europea.
Nel quadro complesso ora evocato, fatto di sfide, ma anche di opportunità di rinnovamento, il Giudice del “diritto del bilancio”, garante della corretta gestione delle risorse pubbliche come “bene pubblico”, momento essenziale dello Stato democratico, non può considerarsi estraneo al processo di cambiamento.
Le proposte di legge presentate in Parlamento dirette alla modifica delle funzioni giurisdizionali, di controllo e consultive della Corte dei conti (di cui alla proposta di legge Foti – a.c. 1621 – e alle successive proposte di emendamento) intendono, in linea di principio, introdurre modifiche dirette a limitare la cosiddetta “burocrazia difensiva” e consentire che le amministrazioni e i loro agenti vedano la magistratura contabile come un organo a presidio degli equilibri di finanza pubblica, più che come un giudice rivolto a sanzionare ogni violazione formale, spesso inevitabili in un quadro normativo multilivello, complesso e totalmente instabile.
E l’intento, se è quello di evitare la “paura della firma”, che rallenta e indebolisce l’azione amministrativa, va senz’altro condiviso. La Consulta, con la sentenza n. 132 del 2024, ha ritenuto conforme a Costituzione lo “scudo erariale”, introdotto dall’art. 21 del decreto-legge n. 76 del 2020 e più volte prorogato, fino al 30 aprile 2025, ma ha fondato il suo giudizio sull’eccezionalità del rimedio e ha fornito le “direttive” per guidare il legislatore verso un’innovazione organica.
Oggi, credo, sia quindi necessario delineare in modo più chiaro il perimetro della responsabilità erariale, che deve sempre essere accertata in modo rigoroso e puntuale, nel rispetto delle regole sostanziali e processuali, che sono presidio della certezza del diritto e della prevedibilità della sanzione.
La volontà di dare un perimetro certo all’illecito erariale, a fronte di un quadro concreto percepito come indeterminato, è anche all’origine di significative recenti norme intervenute in un settore chiave dell’amministrazione come quello degli appalti. Mi riferisco all’art.2 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, che affermando al comma 3 il “principio della fiducia”, delinea le ipotesi di gravità della colpa.
L’auspicio, quindi, è che la responsabilità amministrativa sia ragione di stimolo e non di disincentivo alle iniziative e sia, pertanto, conforme ai canoni di proporzionalità, prevedibilità e ragionevolezza. Desta preoccupazione, invece, l’emendamento all’art. 2 della citata proposta di legge a.c. 1621, che oltre a prevedere una non motivata parcellizzazione della Corte dei Conti, con una articolazione territoriale in 6 macro aree, alcune delle quali geograficamente molto estese, con l’accorpamento di più regioni anche di consistenti dimensioni, inciderebbe notevolmente sull’efficienza delle funzioni della Corte.
Detto emendamento finisce per incidere sull’autonomia e sulla indipendenza dell’azione della magistratura contabile prevedendo, oltre alla riduzione del numero dei magistrati requirenti, che gli atti di citazione in giudizio e le richieste di sequestro conservativo o altre misure cautelari sono validi ed efficaci soltanto se recano la sottoscrizione digitale, in qualità di proponenti, del viceprocuratore generale territoriale competente e del procuratore generale aggiunto di coordinamento e quella del procuratore generale.
E se è vero, come ho già rilevato, che l’esigenza avvertita è quella di delineare in modo più chiaro l’ambito di competenza della magistratura contabile anche al fine di evitare quella che viene definita “la paura della firma”, che rallenta l’agire dei pubblici funzionari al punto, talvolta, da provocare persino la paralisi dell’amministrazione pubblica, è altrettanto vero che l’interesse generale a che vengano punite le ipotesi di danno all’erario richiede un costante e capillare controllo, che qualora il suddetto emendamento dovesse trovare accoglimento risulterebbe notevolmente “appannato”.
L’oscurità del quadro giuridico, purtroppo, rappresenta terreno di coltura per ipotesi corruttive, che vanno invece contrastate, con la massima determinazione, con il massimo rigore e con la massima intransigenza. Al riguardo, si reputa assolutamente necessaria una vera opera di snellimento e di semplificazione, onde rendere l’azione amministrativa più chiara e trasparente. L’Avvocatura è convinta che alla dura risposta sanzionatoria per le ipotesi di corruzione vada abbinata una urgente revisione complessiva delle disposizioni che gravano sulle amministrazioni e rendono la macchina amministrativa lenta e poco efficace.
Ritornando ad alcune delle norme contenute nelle citate iniziative di riforma, con riferimento alla prospettiva del ruolo dell’Avvocatura, desta preoccupazione il previsto considerevole ampliamento delle funzioni consultive.
I pareri della Corte dei conti possono certamente essere uno strumento di orientamento per gli enti pubblici impegnati ad affrontare le sfide prima ricordate, ma è all’Avvocatura che spetta assistere le amministrazioni e le imprese nell’affrontare le singole questioni concrete e le difficili scelte amministrative, aiutandole in una selva intricata di disposizioni in costante attesa di una semplificazione tante volte annunciata, ma mai realizzata.
Da ultimo, mi sia consentito tornare su di una questione già sottoposta all’attenzione della Corte dei conti negli anni passati, che riguarda le funzioni di controllo nel comparto degli ordini professionali.
Accade, senza tener conto della evidente specialità degli enti professionali, che amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, Autorità amministrative indipendenti ed altri organismi pubblici pretendano dagli ordini adempimenti ed obblighi chiaramente pensati per strutture pubbliche completamente diverse per natura giuridica e per dimensioni organizzative, con esiti a volte invero paradossali.
La ragione principale di tali improprie assimilazioni è che le normative genericamente rivolte al comparto pubblico, piuttosto che delimitare precisamente il proprio campo di applicazione in funzione degli obiettivi e della ratio del singolo intervento legislativo, si limitano per lo più a richiamare l’art. 1, comma 2, d. lgsl. n. 165/2001 (TU pubbl. imp.), fonte che contiene un elenco degli enti afferenti al settore pubblico, originariamente pensato nell’ambito del pubblico impiego, e che contempla anche la categoria degli “enti pubblici non economici”. Ed essendo gli ordini professionali enti pubblici non economici, accade assai di frequente che uffici ministeriali e altre autorità pubbliche ritengano gli ordini soggetti a vari oneri ed adempimenti previsti in via generale per le pubbliche amministrazioni o per enti afferenti al comparto pubblico.
Nonostante sia stato più volte evidenziato in dottrina e a volte anche in giurisprudenza come il richiamo all’art. 1, comma 2 TU pubbl. imp. sia di per sé insufficiente a ricomprendere gli ordini professionali, tuttavia, essi hanno continuato a ricevere richieste di adempimenti manifestamente pensati per enti che gravano sulla finanza pubblica.
Tale situazione genera difficoltà, a fronte dell’impossibilità oggettiva di applicare agli ordini, per lo più assai modesti per dimensioni strutturali e numero di dipendenti – la maggior parte con un numero medio che va da 2 a 4 dipendenti - discipline e regimi originariamente pensati per il comparto delle amministrazioni statali.
Il legislatore è intervenuto con il decreto legge n. 75 del 2023, riconoscendo la specialità degli ordini professionali, precludendo ogni impropria assimilazione degli stessi alle altre pubbliche amministrazioni. Con il predetto decreto-legge n. 75 del 2023 (conv. in legge 10 agosto 2023, n. 101), all’art. 12-ter, il legislatore ha modificato il testo originario dell’art. 2 comma 2-bis del decreto-legge n. 101 del 2013, precisando che «Ogni (…) disposizione diretta alle amministrazioni pubbliche (…) non si applica agli ordini, ai collegi professionali, ai relativi organismi nazionali, in quanto enti aventi natura associativa, che sono in equilibrio economico e finanziario, salvo che la legge non lo preveda espressamente».
La norma ha escluso la soggezione automatica degli ordini professionali a normative genericamente riferite al comparto pubblico, affermando che quando il legislatore intenda estendere agli ordini e ai collegi professionali previsioni od obblighi che caratterizzano il regime delle PP.AA., deve espressamente prevederlo.
La nuova norma altro non fa che applicare un principio di buon senso, recependo la ragionevole richiesta del comparto ordinistico, allineandosi a quanto già affermato dalla giurisprudenza amministrativa più accorta (cfr. Tar per la Sicilia, sezione di Catania, sentenza n. 2307 del 5 dicembre 2018, e TAR Lazio, sentenza 2 novembre 2022, n. 14283). Duole constatare, tuttavia, che alcuni plessi dell’Amministrazione statale, ed in particolare alcune Ragionerie territoriali dello Stato, continuino a pretendere adempimenti manifestamente pensati per enti diversi dagli ordini professionali, come ad esempio la comunicazione dello stock di debito. Pretese – duole dirlo – ormai contra legem.
Ci auguriamo che la Corte dei conti sia vicina all’Avvocatura in quella che è la richiesta di applicazione delle norme primarie vigenti.
Confidiamo che lo spirito di costruttiva collaborazione istituzionale, che ha sempre contraddistinto i rapporti tra Avvocatura e Corte dei conti, contribuisca a rendere ancor più chiara e definita l’attività di verifica della giurisdizione contabile e di controllo, al fine del concreto perseguimento del comune interesse della migliore amministrazione della cosa pubblica.
Con questi auspici, formulo, a nome del Consiglio Nazionale Forense e dell’Avvocatura italiana, i migliori auguri per un nuovo proficuo anno giudiziario.