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Il diritto di difesa è sempre di più sotto attacco, come vi raccontiamo spesso dalle colonne di questo giornale. Ieri abbiamo scritto di una conversazione tra avvocato e indagato intercettata e addirittura trascritta. Oggi, invece, è la volta degli avvocati accusati di difendere imputati di gravi reati, come se a difendere un mafioso si diventasse mafiosi.
La storia parte da un fatto gravissimo: Gianni Lanciato, un rider napoletano di 52 anni che aveva perso il lavoro come macellaio in un supermercato, è stato assalito, picchiato e derubato da sei ragazzi mentre in sella allo scooter della figlia consegnava cibo per guadagnare qualche manciata di euro. Alcuni degli aggressori, quattro minorenni, sono stati già fermati dalle forze dell'ordine. Il Consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli, che da tempo si spende a favore delle tutele dei rider, ha condiviso un video su Facebook, in cui tra l'altro ha tacciato gli avvocati di connivenza con i criminali. Il video è stato rimosso ma la testata Stylo24. it ha riportato uno stralcio delle dichiarazioni: «Noi siamo un'altra Napoli, ma c'è un pezzo della nostra popolazione, anche colletti bianchi e gente altolocata, fior fiore di avvocati penalisti che si sono arricchiti grazie al fatto che sono diventati esperti nel difendere, sostenere e muoversi a favore dei camorristi». Immediata è arrivata la reazione della Camera Penale di Napoli che in un lungo comunicato della Giunta ha espresso «profondo sconcerto per i rozzi ed incolti concetti espressi dal Consigliere Borrelli. Utilizziamo non a caso la parola “sconcerto”, poiché nei circa 30 minuti di girato il consigliere riesce a polverizzare quasi tutti i principi costituzionali su cui si fonda la nostra Repubblica».
A partire da quello del diritto di difesa: «La funzione dell'avvocato è quella di difendere i singoli soggetti imputati - si legge sempre nella nota - e non i fenomeni criminali. È quella di far rispettare le leggi, quella di tutelare il singolo imputato - innocente o colpevole che sia - dalla forza di un apparato statale mastodontico che finirebbe per stritorarlo in assenza del corretto esercizio della difesa». In altri termini, «compito del penalista è quello di porsi quale strenuo difensore della Carta Costituzionale nel momento di maggior frizione tra i diritti dell'individuo e gli interessi dello Stato. È un ruolo di cui siamo fieri e rispetto al quale non abbiamo intenzione di cedere neppure di un millimetro», conclude il comunicato. La dura reazione nasce dal fatto che per l'ennesima volta, non solo a Napoli, gli avvocati vengano accusati di difendere presunti pericolosi criminali, additati come nemici della società, e vengano fatti coincidere con il presunto reato commesso dai loro clienti: «Questa sorta di erronea ed intollerabile equiparazione - ci dice l'avvocato Marco Campora, neo eletto Presidente dei penalisti napoletani è frutto probabilmente di una concezione giustizialista e populista che noi ovviamente respingiamo fortemente. Noi ci appelliamo ad un senso di responsabilità politica, perché la politica deve cessare di cercare facili consensi e dovrebbe comprendere che il garantismo è un principio cardine della democrazia e sorregge gli equilibri sociali a partire dal rispetto della dignità dei cittadini». Per il presidente Campora, l'anticorpo a fenomeni quali il populismo giudiziario e il panpenalismo «è sicuramente una rivoluzione culturale: bisogna capire che la richiesta di aumento delle pene e di ulteriori ipotesi di reato non risolve il problema; in termini di repressione le forze dell'ordine e la magistratura napoletana negli ultimi vent'anni hanno fatto tantissimo. Ciò che è mancato è proprio una attività di prevenzione insieme, ad esempio, a investimenti di politiche giovanili. E non bisogna scordarsi della scolarizzazione».
Al momento nessuna scusa, nessuna reazione da parte di Borrelli alla reazione della Camera Penale: «Ci auguriamo che le scuse arrivino a stretto giro. Le scuse dovrebbero essere rivolte non solo alla nostra categoria, ma a tutte quelle che sono state offese in maniera così generica in quel video in cui il consigliere fa un distinguo tra la ' città buona' e la ' città cattiva'». Il problema, per l'avvocato Campora, è quindi «sociologico e politico: troppo semplice scagliarsi contro una serie di categorie segnate dalla bassa scolarizzazione, dalla povertà, dalla mancanza di prospettive e associarle alla criminalità senza prendere atto delle inadempienze da parte della politica che non è stata in grado di attuare una serie di principi costituzionali, tra cui quello dell'articolo 3».