Si è svolto oggi il convegno organizzato dalla “Commissione diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni” del Consiglio nazionale forense, dedicato al rapporto tra genitori e figli nell’era digitale. Un’occasione per riflettere sulla responsabilità genitoriale nella dimensione dell’on-life. I lavori sono stati aperti dal presidente del Cnf, Francesco Greco, che ha sottolineato l’importanza dell’evento con il coinvolgimento di esperti provenienti da diversi atenei.

«L’iniziativa della Commissione Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni, coordinata dalla collega Daniela Giraudo - ha detto il presidente del Cnf –, porta all’attenzione molti temi sui quali noi giuristi dobbiamo confrontarci in continuazione, considerato che hanno implicazioni tecniche».

Il professor Filippo Romeo (Commissione diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni Cnf e ordinario di Diritto privato nell’Università Kore di Enna) ha introdotto e moderato gli interventi. «Oggi – ha commentato Romeo - si parla sempre più spesso di adolescenti collocati nell’on-life, ma la verità è che tutti viviamo sommersi in una dimensione digitale sempre più totalizzante, sempre più assorbente e dobbiamo prendere atto che siamo di fronte a una continua interconnessione. Le due esperienze della vita on-life e della vita offline si intersecano, si sovrappongono e diventa sempre più difficile distinguere la dimensione pubblica da quella privata. In questo scenario è sempre più complesso il rapporto tra genitori e figli».

L’avvocato Roberto Senigaglia (ordinario di Diritto privato nell’Università Ca’ Foscari di Venezia) ha analizzato alcune implicazioni derivanti dalla dimensione on-life: «Il rapporto genitori-figli, con le sue regole, pone il giurista dinanzi a degli assetti inediti del rapporto tra uomo e nuove tecnologie. La vita quotidiana mescola di continuo online e offline. Ecco che in questo contesto il ruolo dei genitori risulta fondamentale. Nell’on-life la capacità educativa dei genitori non può non essere scrutinata anche in ragione di una solida cultura digitale che attesti nelle sue componenti tecniche ed etiche il discernimento genitoriale».

Come si rapportano i genitori di fronte al preoccupante fenomeno del cyberbullismo? A questa domanda ha risposto Alessandra Cordiano (avvocata, professoressa ordinaria di Diritto privato nell’Università di Verona). «Il cyberbullismo – ha spiegato Cordiano - è molto più di una condotta bullista realizzata con gli strumenti informatici, perché il cyberspazio è un luogo complesso, un non luogo, è un territorio ambiguo, senza confini e senza distanza. È un medium potente che funge da ripetitore, da moltiplicatore». Nei casi di cyberbullismo l’identità dell’autore non è necessariamente nota, dato che ci si può nascondere dietro un nickname o un avatar.

Pochi giorni fa il Garante della privacy ha lanciato una campagna pubblicitaria che mette in guardia i genitori rispetto ai pericoli derivanti dalla condivisione delle foto dei figli minori. Gabriele Carapezza Figlia (ordinario di Diritto privato all’Università Lumsa di Roma) ha parlato dello “sharenting” e dell’esigenza della tutela del minore. «Il fenomeno dello sharenting – ha affermato Carapezza Figlia - richiede diverse considerazioni di tipo sociologico. Innanzitutto occorre soffermarsi sul significato di questa parola, un neologismo che risale a pochi anni fa e che deriva dalla combinazione di due parole: “to share”, condividere, e “parenting”, fare il genitore. Questa parola indica la diffusione di immagini, foto, video dei figli minori da parte dei genitori nella dimensione online. Un fenomeno che offre dati ben precisi. Basti pensare che 1500 foto prima dei 5 anni per ogni bambino, e circa 300 l’anno entro un’ora dal parto, sono diffuse online. Vengono diffuse le foto dei due terzi dei neonati entro un’ora dal parto e l’86% dei genitori diffonde immagini dei propri figli di età compresa tra zero e tre anni. Alcuni Paesi, come la Francia e la Gran Bretagna hanno emanato delle leggi volte a regolamentare il fenomeno».

Il neuropsichiatra infantile Stefano Benzoni ha analizzato la dimensione on-life messa a confronto con condizioni di fragilità dei figli minori. «I nativi digitali – ha detto Benzoni - vivranno in futuro una dimensione dell’onlife tridimensionale».

La giornata di studio si è conclusa con gli interventi di Daniela Giraudo (avvocata, coordinatrice della Commissione Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni del Cnf) e Federica Santinon (avvocata, componente della Commissione Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni Cnf), che hanno illustrato un decalogo rivolto ai genitori per tutelare i figli minori nel caso di diffusione online di foto, video e dati sensibili.

«Gli avvocati che si occupano di diritto minorile e delle famiglie - ha sottolineato Daniela Giraudo - hanno una relazione privilegiata con i genitori. C’è un aspetto che credo possa essere utilizzato sotto forma di moral suasion, considerato che a volte manca da parte dei genitori la consapevolezza dei rischi che si corrono nell’utilizzare i social».

Federica Santinon ha parlato infine delle prospettive legislative e dei “recinti normativi” in merito alla presenza dei minori nell’on-life: «L’identità digitale dei figli è un diritto da preservare. Pensiamo al fenomeno dei cosiddetti baby influencer. C’è già stata una pronuncia di un Tribunale in cui è stata inibita alla madre la possibilità di utilizzare la figlia di quattro anni, perché la piccola manifestava già degli atteggiamenti da persona adulta».