PHOTO
contributo unificato
I significati contano. E spesso sono nei gesti. Marta Cartabia finora era stata in Parlamento per la fiducia e in pochissime altre occasioni. Ieri per la prima volta ha presenziato a una seduta della Camera non solo come componente dell’esecutivo Draghi ma innanzitutto in quanto titolare del provvedimento che stava per essere votato: il decreto che consente l’esame da avvocato in deroga alla legge forense. Cartabia non ha preso la parola. Ma ha voluto manifestare, già col fatto di esserci, apprezzamento per la celerità con cui le Camere hanno convertito il testo. Montecitorio, in particolare, non ha toccato un rigo rispetto al testo pervenuto da Palazzo Madama Approvazione rapidissima, in una settimana dalla commissione Giustizia all’Aula, che ieri ha dato un via libera davvero prossimo all’unanimità assoluta: 383 a favore, 4 contrari e 2 astenuti. Numeri buoni per gli annali.Via Arenula adesso emanerà il decreto ministeriale che deve puntualizzare alcuni dettagli sullo svolgimento del “doppio orale”, col primo sostitutivo dei tradizionali scritti e dunque preselettivo rispetto alla seconda fase. Da stabilire innanzitutto la data in cui le prove avranno inizio. Dovrebbe essere rispettata la previsione del ministero: metà maggio. Sarà sciolta anche l’incognita sulla formulazione dei quesiti. Il Cnf, ma anche associazioni di praticanti come Upa e Aipavv, preferirebbero fossero preparati tutti a Roma. La commissione centrale propende per la stesura di dettagliate linee guida ma la materiale preparazione nelle singole subcommissioni locali.Prima che sui dettagli del provvedimento, vale appunto la pena di soffermarsi sul senso della giornata. La ministra che partecipa per rispetto del Parlamento. Le stesse Camere che hanno trovato per gli avvocati un’unità clamorosa considerato che si tratta pur sempre di giustizia. Insignificante? Al primo sguardo lo si poterebbe pensare, soprattutto se si considera la tensione che sempre ieri si è sprigionata su un altro dossier: Forza Italia, Azione e altri hanno sollecitato la calendarizzazione di una legge che istituisca un’inchiesta parlamentare sull’uso politico dei processi. Il presidente della commissione Giustizia Mario Perantoni, ma persino la responsabile Giustizia del Pd Anna Rossomando, hanno respinto con perdite i neoalleati. Mentre sul tradizionale versante della “politicizzazione” si riaccende insomma l’antica distanza, sulla funzione sociale della giustizia, e di chi come l’avvocato ne garantisce l’accesso, tutti d’accordo: vorrà dire qualcosa? Certo il passaggio apparentemente formale di ieri fa dichiarare al sottosegretario Francesco Paolo Sisto che «l’approvazione delle nuove procedure per lo svolgimento in sicurezza dell’esame è il segno di un’inedita immediatezza nell’azione di governo e Parlamento». Poi aggiunge: «Questo è davvero il miglior viatico affinché si possano iniziare a offrire ai cittadini, anche nell’ambito della giustizia, risposte attese da tempo». Fosse così, altro che timbro insignificante. Chi sta al gioco di Sisto è un deputato dem come Carmelo Miceli che pure all’esame forense ha dedicato varie iniziative: ora trae l’auspicio che «tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, vogliano continuare ad affrontare i temi della giustizia con la capacità di sintesi che si è concretizzata oggi. Il confronto su questioni come la necessaria riforma del processo civile e penale» deve svolgersi, dice Miceli, sul «merito», libero da «tatticismi e beceri tentativi di speculazione politica». Il leghista Jacopo Morrone si è occupato di avvocatura anche come sottosegretario alla Giustizia e apre un ulteriore “file”: si devono «affrontare al più presto», avverte, «due temi sostanziali: la riforma della disciplina dell’equo compenso e l’alleggerimento fiscale in particolare nella fase iniziale della professione». Anche qui, dossier rimasti finora in disparte ma che l’insolita armonia di ieri a Montecitorio sottrae all’oblio.Si vedrà se davvero il paradigma del confronto civile e della concretezza potrà reggere all’imminente prova degli emendamenti al ddl penale e alla prescrizione (termine in scadenza il 23 aprile). Intanto sull’esame forense qualche incognita da sciogliere, come detto, c’è ancora. Anche la sottosegretaria alla Giustizia espressa del Movimento 5 Stelle, Anna Macina, segnala «l’obiettivo raggiunto» di «garantire la serietà di un esame importante». Mette poi a fuoco la questione delle modalità: al ministero, assicura, «lavoriamo per declinare le linee guida sui quesiti». È l’aspetto che consente a Fratelli d’Italia di fare opposizione anche nel giorno dell’unanimità: «Si immagina di svolgere due esami orali, la preoccupazione è che vi sia un grado di difficoltà e una conseguente valutazione non omogenea su tutto il territorio nazionale», dicono Carolina Varchi e Ciro Maschio, rappresentanti del partito di Giorgia Meloni in commissione Giustizia. Chiedono «criteri uniformi» ma pure «obbligo di motivazione rafforzata in caso di bocciatura». Certo l’attenzione per il destino dei praticanti è notevole. Basti citare Perantoni, che augura «buon esame agli aspiranti avvocati i quali saranno i concreti portatori dei principi e dei valori dell’articolo 27 della Costituzione». Le associazioni di candidati più attive avanzano ora un’altra non trascurabile questione: «Una priorità, nel piano vaccinale, a quei praticanti avvocati che dovranno sostenere il doppio orale. In questo modo, si potranno mettere in sicurezza i candidati che dovranno essere necessariamente in presenza», dicono la presidente dell’Upa Claudia Majolo e il vicepresidente Aipavv Vincenzo La Licata. Come la mettiamo con la retorica sugli avvocati “privilegiati” nell’accesso al siero? Vuoi vedere che i praticanti apriranno gli occhi ai fustigatori?