L’Oiad (Osservatorio degli avvocati in pericolo al quale aderisce anche il Consiglio nazionale forense), ha presentato alla Nazioni Unite il rapporto sulla situazione dell’avvocatura in Turchia. Il quadro è desolante.

I legali che difendono gli oppositori politici vengono assimilati ai loro assistiti – una vera e propria aberrazione giuridica alla quale si assiste pure nella Russia di Putin - con costanti pericoli. Processi sommari, violazione delle più elementari garanzie processuali, condanne e trattamenti disumani in carcere, tortura compresa, sono una triste realtà. I principii fondamentali di libertà di espressione e indipendenza dell’avvocatura vengono sistematicamente violati. Per questo motivo l’Oiad ha voluto sensibilizzare le Nazioni Unite rispetto ad una realtà che non può essere relegata in un angolo e sacrificata in nome di un rapporto con la Turchia di Erdogan basato solo su questioni economiche e di convenienza.

«Da diversi anni – evidenzia l’Oiad -, molti avvocati sono vittime di persecuzioni di massa, detenzioni arbitrarie e arresti per l’impegno nella difesa dei diritti fondamentali dei loro clienti. Questa situazione allarmante è aggravata dal fatto che gli avvocati sono spesso associati ai loro clienti, rendendoli vulnerabili alle rappresaglie delle autorità. Inoltre, la mancata attuazione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo sottolinea il crescente disprezzo per gli standard internazionali sui diritti umani. Le accuse di tortura e i maltrattamenti in detenzione evidenziano le condizioni disumane alle quali sono sottoposti gli avvocati, con la compromissione non solo della loro sicurezza, ma anche dell’integrità del sistema giudiziario nel suo complesso. Il nostro rapporto mira a esaminare una preoccupante realtà e a evidenziare le sfide affrontate dagli avvocati in Turchia nell’esercizio della professione forense. Per affrontare questa situazione, lo Stato deve adottare misure concrete per proteggere gli avvocati, garantire l'indipendenza dell’avvocatura e rispettare gli impegni internazionali sui diritti umani».

La situazione si è via via aggravata ed è precipitata otto anni fa, dopo il tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016 che ha generato norme liberticide (si pensi alla legge antiterrorismo). A farne le spese migliaia di legali. Il presidente dell'Ordine degli avvocati di Konya è stato arrestato. Dal 2016 sono stati perseguiti più di 1.700 avvocati, 700 sono stati sottoposti a custodia cautelare in carcere. Più di cinquecento professionisti sono stati condannati a un totale di 3.380 anni di carcere. La legge di contrasto al terrorismo è una nota dolente, una sorta di clava con la quale le autorità turche sono in grado di colpire indiscriminatamente cittadini e avvocati critici nei confronti del governo.

«La Turchia – scrive l’Oiad - ha utilizzato arbitrariamente la legislazione antiterrorismo per perseguire i dissidenti, in particolare avvocati, giornalisti e politici dell’opposizione. La definizione eccessivamente ambigua e ampia di terrorismo e appartenenza a un’organizzazione terroristica, indicata dalla legge, consente di classificare gli avvocati, compresi quelli che si occupano di diritti umani, come “criminali terroristi”, aumentando le azioni penali arbitrarie e l'intervento giudiziario». È utile ricordare che l’articolo 314 del Codice penale turco non contiene una definizione né di “organizzazione armata” né di “gruppo armato”. Un'ambiguità che permette di applicare in maniera arbitraria le norme.

Il report dell’Oiad è il risultato delle numerose missioni alle quali hanno partecipato avvocati di diversi Paesi, Italia compresa con gli avvocati Barbara Porta e Antonio Fraticelli, per verificare l’andamento dei processi nei quali sono imputi i colleghi turchi e i trattamenti loro riservati in carcere. Sono stati segnalati cinque casi di tortura. In questo contesto l’indipendenza della magistratura e le garanzie di un giusto processo sono a dir poco assenti.

Il documento dell’Osservatorio degli avvocati in pericolo si conclude con alcune raccomandazioni. L’organizzazione con sede a Parigi chiede che agli avvocati turchi sia garantita la possibilità «di svolgere tutte le loro funzioni senza intimidazioni, ostacoli, molestie o interferenze improprie». Inoltre, si chiedono il rilascio degli avvocati che sono stati «imprigionati per aver esercitato la loro professione» e la valorizzazione «del ruolo chiave degli avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani e dello Stato di diritto».

Una piccola speranza si è però accesa in Turchia. Riguarda la recente elezione del costituzionalista Ibrahim Kaboglu alla carica di presidente dell’Ordine degli avvocati di Istanbul. Kaboglu (74 anni) è considerato, anche per i trascorsi politici, una figura di equilibrio, da sempre attento ai diritti umani. L’Ordine di Istanbul è uno dei più grandi del mondo con oltre 64 mila iscritti. «L’avvocatura – ha commentato Kaboglu subito dopo essere stato eletto – deve offrire costantemente un contributo al legislatore, affinché si ispiri ogni giorno ai principii che ci stanno a cuore. L’avvocatura di Istanbul è una grande realtà, composta da avvocati che svolgono un servizio pubblico, mettono in risalto la legge e difendono lo Stato di diritto».