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Equo compenso, giustizia minorile e tributaria, ma anche accesso alla professione e all’esame di Stato: le mozioni analizzate in congresso rappresentano il termometro degli stati d’animo dell’avvocatura italiana, raccontati dai rappresentanti delle associazioni forensi. Che hanno invocato un intervento normativo, «affinché l’avvocatura abbia più forza e un riconoscimento», ha evidenziato Laura Iannotta, dell’Unione nazionale camere civili. «La giustizia è al servizio dei cittadini ha detto -, va reso quindi un corretto servizio, in una società in cui l’edilizia giudiziaria è al collasso, dove mancano magistrati e cancellieri». Da qui bisogna dunque partire per poter parlare di riforme. Concentrandosi sul patrocinio a spese dello Stato ma anche sulle liquidazioni, alcune ferme da anni. Risultati raggiungibili attraverso l’unità dell’avvocatura, un concetto condiviso da tutti, assieme a quello sulla necessità di avere una giustizia più efficiente. Perciò, secondo il presidente degli amministrativisti italiani, Umberto Fantigrossi, è necessaria l’introduzione di una tutela costituzionale rafforzata del ruolo dell’avvocato. «Il potere giudiziario deve essere il risultato di un rapporto paritario tra i soggetti che vi partecipano - ha spiegato -. Questo deve avere un riflesso anche sul lato dell’organizzazione della macchina della Giustizia affinché mezzi e risorse vengano amministrate in modo ottimale». La richiesta al legislatore è quella di una modulazione delle riforme che non si lasci influenzare dal giustizialismo populista, richiesta avanza- ta da Antonietta Denicolò Gigliotti, consigliera dell’Unione camere penali italiane. «Rivendichiamo con assoluta forza le battaglie a tutela dei diritti di tutti gli imputati», ha affermato, esprimendo preoccupazione per le affermazioni del ministro del Lavoro Luigi Di Maio, che parlando delle sanzioni connesse alla violazione dei termini per il reddito di cittadinanza ha parlato di galera. «Mi rifiuto di sentire cose del genere - ha protestato -. La galera è finita, si dovrebbe avere l’idea della sanzione nella sua duplice lettura».
Per gli avvocati è arrivato il momento di voltare pagina, secondo Alberto Vermiglio, presidente dell’Aiga. Che ha proposto i temi dell’equo compenso e dei parametri minimi obbligatori, «a tutela della dignità della professione», nonché una battaglia seria contro la pubblica amministrazione, che propone bandi con compensi zero. «Il gratuito patrocinio deve essere a tutela dei diritti», mentre per l’accesso alla professione e alla pratica forense «è arrivato il momento di una riforma». E rispetto ha invocato anche Antonio Damascelli, presidente dell’Unione camere tributariste. «Come fanno - si è chiesto - ad essere imparziali i giudici se vengono pagati direttamente dal Mef? Rivendichiamo il decoro e la considerazione dell’avvocato non solo in Costituzione, ma a livello normativo».
Grande spazio hanno avuto i temi dei diritti umani, della famiglia e dei minori. A partire dall’intervento di Maria Giovanna Ruo, presidente di Cammino, che ha presentato mozioni sulla negoziazione assistita in materia matrimoniale, con al centro le necessità dei figli e il patrocinio per i non abbienti. Temi toccati anche da Claudio Cecchella, presidente dell’osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, che ha rivendicato, nel processo familiare e minorile, un giudice unico di prossimità e un rito unitario. Sul punto, l’associazione avvocati per la famiglia e i minori ha chiesto una magistratura togata, sezioni e strutture specializzate, ambiti che richiedono una preparazione specialistica, ha evidenziato Caterina Mirto, vicepresidente nazionale. Critiche sono state mosse contro l’inasprimento del processo minorile. «Bisogna insistere sulla rieducazione - ha sottolineato Rita Perchiazzi, presidente dell’Unione nazionale camere minorili -. La riforma non deve avere la conseguenza di fare cadere la procura penale per i minorenni». Ma accanto ad avvocati formati, ha evidenziato Katia Lanosa, presidente dell’associazione matrimonialisti italiani, occorre che ci siano magistrati altrettanto specializzati, alla cui discrezionalità «bisogna porre un argine».
Anton Giulio Lana, presidente dell’unione forense per la tutela dei diritti umani, ha paventato il rischio di vedere sminuito il ruolo sociale dell’avvocato. «Occorre riaffermare il nostro ruolo di garanti dello stato di diritto, tutori degli interessi e dei diritti della collettività, tanto da rendere necessaria la proposta di modifica costituzionale dell’articolo 111», ha affermato.
Approvano senza riserve la mozione per la costituzionalizzazione dell’avvocato i giuslavoristi italiani, rappresentati dal presidente Aldo Bottini, che ha però ricordato le grandi responsabilità derivanti da questo passaggio: «rispetto del nostro codice deontologico e incremento continuo della qualità della prestazione professionale». Nelle battute finali, Filippo Lubrano, segretario della società italiana avvocati amministrativisti, ha esaltato il confronto nato dalla proposta del Cnf, criticato, invece, da Luigi Pansini, segretario generale dell’Associazione nazionale forense, che ha ritirato le proprie mozioni, esprimendo qualche perplessità sul concetto dell’avvocato in Costituzione, secondario rispetto alla riforma del processo civile. «Avremmo preferito che questa mozione, la più importante, si discutesse prima della presentazione. Per questo - ha dichiarato - ritiriamo formalmente tutte le mozioni dell’Anf. Le porteremo altrove, autonomamente».