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Un fatturato complessivo da 14 miliardi di euro nel 2021, dal quale, dedotti i costi, sono stati ottenuti 9,5 miliardi di redditi, che, suddivisi per i 240mila avvocati, hanno dato luogo ad un reddito medio di poco superiore ai 42mila euro annui, e a un fatturato medio annuo che sfiora i 63mila euro.
Sono questi i dati più importanti che vengono evidenziati nel capitolo sul reddito degli iscritti a Cassa forense, contenuto nel Rapporto 2023 sull’Avvocatura, realizzato insieme con il Censis. L’osservazione delle tabelle 11, 14 e 20 del Rapporto rafforza poi la consapevolezza che nell’avvocatura permane una evidente discriminazione reddituale fra i suoi componenti, che dipende da tre fattori: il genere, l’età, la localizzazione territoriale.
Il primo gap è quello di genere, come denuncia chiaramente la tabella 20, dove si segnala che nel 2021 il reddito medio delle avvocate, pari a 26.686 euro, è stato meno della metà di quello dei loro colleghi uomini, che hanno goduto di un reddito medio pari a 56.768 euro.
Insomma, in media tra uomini e donne che esercitano la professione forense vi è stata nel 2021 una differenza reddituale annua di circa 30mila euro (30.082), che diventa ancora più amplia, se si considera il volume d’affari medio, che nel caso degli uomini è stato di 86.695 euro, quasi 2,5 volte superiore a quello delle donne, che si sono fermate ad un fatturato di 36.900 euro.
E l’aumento del reddito nel 2021 rispetto all’anno precedente, percentualmente maggiore per le donne (+13,2%) rispetto a quello degli uomini (+11,5%) non può certo rappresentare una consolazione.
Il secondo motivo di discriminazione reddituale è l’età, come salta subito agli occhi scorrendo i dati della tabella 11.
Qui il gap è ancora più clamoroso, con un rapporto che si attesta sull’1 a 5, se si confronta il reddito della fascia di età più giovane degli avvocati (quella sotto ai 30 anni) con quello della classe di età compresa tra 60 e 64 anni. Infatti, i primi hanno potuto contare nel 2021 su un reddito di poco superiore ai 1.000 euro al mese, ossia 13.824 euro l’anno, mentre i secondi hanno potuto guadagnare oltre 5mila euro mensili, arrivando il reddito annuo in media a 62.719 euro.
Va detto che anche in altri settori lavorativi, come quello del lavoro subordinato, sia pubblico, sia privato, si registrano notevoli differenze tra lo stipendio di un giovane impiegato rispetto a quello di un manager o di un direttore di un ente pubblico, ma quello che colpisce è che, mentre nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni le posizioni apicali sono poche, e quindi si tratta di casi isolati, che non influenzano sensibilmente i valori medi dei redditi delle varie classi di età, nel caso dell’avvocatura il differenziale riguarda l’intera comunità di professionisti con un specifico intervallo di età. Inoltre, la tabella 11 segnala che solo nella fascia di 35-39 anni il reddito medio diventa superiore ai 2mila euro al mese, e che bisogna aspettare i 45 anni per superare la soglia dei 3mila euro mensili, e i 50 per oltrepassare la quota di 4mila euro al mese. E, analogamente a quanto osservato per il gap di genere, il fatto che nel 2021 le fasce di età fino ai 49 anni hanno visto crescere il reddito con una percentuale a due cifre, a differenza dei professionisti più anziani, non è certo sufficiente per pensare che questo gap generazionale sia in sensibile riduzione.
Il terzo elemento che influisce sulla capacità di generare reddito è, come detto, la localizzazione geografica del professionista forense. Come evidenzia la tabella 14, un avvocato che opera nel Nord Italia mediamente percepisce un reddito più che doppio rispetto a un collega che si trova nel Meridione o nelle Isole (Sicilia e Sardegna). Infatti, i primi riescono ad ottenere dalla professione forense in media 60.138 euro (dato del 2021), mentre i secondi 25.229 euro. In posizione mediana si trovano gli avvocati che operano nelle regioni centrali, il cui reddito si attesta a 47.317 euro (sempre nel 2021).
Ma al di là delle differenze di reddito dovute al genere, all’età e alla collocazione geografica, quanti sono gli avvocati che guadagnano poco e tanto? Premesso che è difficile definire quando un reddito sia basso, tanto più in contesto di alta inflazione quale quello attuale, si potrebbe comunque tentare di usare come riferimento lo stipendio medio di un quadro, che nelle grandi aziende italiane si aggira intorno ai 50.000 euro l’anno. Ebbene, se questo benchmark fosse corretto, allora si potrebbe affermare che solo 40mila avvocati su 240mila, ossia meno del 17% dell’intera comunità professionale, potrebbero essere considerati remunerativamente soddisfatti.
Infatti, secondo i dati della tabella 13 del Rapporto risulta che 22.849 professionisti forensi hanno guadagnato nel 2021 un reddito compreso tra 50.300 e 100.700 euro, e 16.869 avvocati hanno ottenuto un reddito superiore ai 100.700 euro. Gli avvocati che hanno guadagnato nel 2021 un reddito compreso tra lo stipendio minimo di un impiegato appena assunto e un quadro, ossia tra 19.267 e 50.300 euro, sono stati 74.057, mentre quelli che hanno guadagnato meno di 19.267 euro sono risultati essere addirittura 95.182, ovvero circa il 40% dell’intera categoria forense.
Insomma, c’è molto da fare per introdurre equità reddituale nel composito pianeta dell’avvocatura.