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contributo unificato
Contraerea pronta. Poco fa, alle 17, termine per presentare gli emendamenti alla legge di Bilancio, diversi gruppi parlamentari hanno dato priorità, in materia di giustizia, all’abrogazione dell’ormai famigerato articolo 192, che subordina l’iscrizione a ruolo delle cause civili, amministrative e tributarie al pagamento del contributo unificato. Sia i partiti di maggioranza che di opposizione hanno depositato dunque proposte di modifica che comportano l’abrogazione tout court delle prime due lettere dell’articolo. Negli emendamenti si lascia quasi sempre sopravvivere la sola lettera c) che in realtà colma un vuoto normativo riguardante l’ufficio competente al recupero del contributo per quei ricorsi in Cassazione in cui la Suprema corte non possa avvalersi dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento impugnato: in tali circostanze, si specifica che la competenza va alla Corte d’appello di Roma. Norma che appunto i senatori non hanno toccato. Ma tutta la prima parte del 192 è destinata a scomparire. Almeno così sembra a mettere insieme alcuni elementi. Innanzitutto la convergenza dei gruppi: se era prevedibile l’intervento di Fratelli d’Italia, che sta all'opposizione, non si sono fatti pregare Lega, Forza Italia, M5S e Pd. L’unità d’intenti era emersa già martedì scorso nella commissione Giustizia del Senato, che aveva approvato all'unanimità un parere negativo sul contributo unificato usato come pedaggio per l'accesso alla giustizia. Ne aveva parlato subito il relatore, Francesco Urraro della Lega: era stato lui a introdurre la questione e a ricordare «le diverse critiche suscitate nell’avvocatura» dalla novità prevista in Manovra. Urraro è primo firmatario della proposta abrogativa targata Lega. Sottoscritta, con lui, dall’intera delegazione del Carroccio in commissione. Nella parere della commissione Giustizia si dà via libera al ddl Bilancio con alcune condizioni, tra cui lo stralcio “dell'articolo 192, con esclusione della sola lettera c) del comma 1”. Si è aggiunto come chiesto espressamente dal presidente, il leghista Ostellari, che “venga assunta una determinazione ministeriale affinché le marche per i contributi unificati già pagati e non ancora utilizzati dopo l'introduzione del deposito telematico vengano rese utilizzabili ed accettate dalle cancellerie”. Il segnale politico dato da maggioranza e opposizione è forte. «Ora inizierà la consueta serrata dialettica con la Ragioneria dello Stato», osserva Fiammetta Modena di FI, che a propria volta conferma «la presentazione di un nostro emendamento soppressivo della norma sul contributo unificato. Sicuramente la proposta rientrerà fra quelle per le quali chiederemo, in commissione Bilancio, la massima attenzione. In questi casi, la Ragioneria è obbligata a presentare una relazione tecnica, da cui si trae spunto pere la decisione finale, l’eventuale accoglimento dell'emedamento». L’unanimità registrata in commissione Giustizia non dovrebbe lasciare spazio a sorprese. Anche perché, come detto, la mobilitazione è trasversale. Anche il Pd presenta la richiesta soppressiva. Tre firmatari: Cirinnà, il capogruppo in commissione Giustizia Mirabelli e il nome particolarmente "pesante" della vicepresidente di Palazzo Madama Rossomando, che è anche responsabile Giustizia del partito. Un avvocato come Rossomando è il primo firmatario della proposta soppressiva depositata poco fa dai 5 Stelle, Arnaldo Lomuti. Con lui, sottoscrivono la richiesta anche le altre senatrici pentastellate della commissione Giustizia. Insomma, il tema non passerà inosservato. Nel dibattito di martedì scorso in commissione, il capogruppo Pd Mirabelli aveva fatto notare come subordinare l’iscrizione a ruolo al versamento preventivo «avrebbe conseguenze nefaste, che ricadrebbero sui soggetti più deboli: una denegata giustizia». Nelle repliche venute dall’avvocatura subito dopo il varo della Manovra, tutte le rappresentanze, dal Cnf all’Ocf, dall’Unione dei civilisti a quella dei tributaristi fino all’Aiga e a moltissimo Coa, avevano fatto notare la «incostituzionalità» di una norma che pieghi il diritto di agire in giudizio alla tutela dell'erario. Discorso che in commissione Giustizia è stato riproposto anche dal vicepresidente Balboni, di Fdi, e dal senatore di Italia viva, Cucca. Con uno schieramento di forze simile, difficile che il governo possa intestardirsi.