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Ci sarebbe una soluzione. Basata su un ragionevole compromesso. È questa la proposta che il la maggioranza intende accogliere rispetto alla norma “blocca-processi” inserita in Manovra. Si tratta della misura con cui la legge di Bilancio, nella versione originaria disegnata dal Consiglio dei ministri, e in particolare dal Mef, prevede l’estinzione della causa civile nel caso in cui non si provveda preliminarmente al pagamento del contributo unificato. La modifica al codice di rito civile dà facoltà al giudice di dichiarare l’improcedibilità nei casi di domanda riconvenzionale, chiamata in causa, impugnazione incidentale. Secondo fonti di governo, la misura verrebbe modificata in modo da rendere vincolante, per il prosieguo dell’azione legale, solo il versamento di un anticipo, relativamente contenuto, dell’intero contributo unificato. La parte restante continuerebbe a essere assoggettata alla disciplina tuttora in vigore: affidamento, in caso di omesso o insufficiente versamento, della riscossione a Equitalia Giustizia.
Si ragiona sull’entità di tale anticipo: aspetto non irrilevante. A quanto risulta, il ministero dell’Economia ritiene necessario modificare il codice in modo che un maggiore gettito, dalla “tassa sulle cause civili”, possa comunque generarsi. La coperta sembra corta: per evitare che il cittadino intenzionato a far valere un proprio diritto in tribunale non rinunci, tout court, all’azione perché in difficoltà economica, si dovrebbe evidentemente prevedere che l’anticipo sia davvero basso. In tal caso andrà verificato quale potrebbe essere l’effettivo introito per l’erario.
Ma una cosa è certa: l’obiettivo è intervenire sull’emendamento presentato da Forza Italia, a prima firma del capogruppo Giustizia degli Azzurri a Montecitorio Tommaso Calderone e, come consente il regolamento, prevedere che il governo, in commissione Bilancio, esprima un parere favorevole condizionato alla riformulazione, da concordare fra i partiti.
L’altro dato certo è che la mediazione sul parziale passo indietro ha coinvolto, con il guardasigilli Carlo Nordio, tutti i partiti di maggioranza. Dopo l’iniziativa di FI, è stata anche la Lega ad attivarsi per ridiscutere un provvedimento pericolosissimo. Il sottosegretario che al ministero della Giustizia rappresenta il Carroccio, Andrea Ostellari, sostiene la necessità di un ripensamento. Da parte di Fratelli d’Italia non sarebbe emersa, per ora, un’ostilità a una revisione dell’intervento sul contributo unificato: anche i sottosegretari alla Presidenza Alfredo Mantovano e alla Giustizia Andrea Delmastro hanno partecipato al confronto. D’altra parte, l’ipotesi di una barriera fiscale alla giustizia civile sarebbe tradotta di fatto in una selezione per censo del diritto alla difesa: è vero che chi è privo dei mezzi necessari ad affrontare un giudizio e intraprendere un’azione civile può contare sul patrocinio a spese dello Stato, ma è vero anche che, non di rado, chi non rientra formalmente nei parametri per poter accedere al beneficio può trovarsi comunque in condizioni di forte difficoltà, al punto da dover rinunciare alla rivendicazione di un diritto, anche centrale nell’esistenza, nel momento in cui lo Stato subordini la possibilità di quella rivendicazione a un esborso immediato che può superare il migliaio di euro.
L’accordo politico in linea di massima c’è. Bisognerà attendere la posizione del Mef. Va ricordato che, dopo il via libera del Consiglio dei ministri alla legge di Bilancio e le prime polemiche sulla norma “blocca-processi”, Forza Italia aveva annunciato di voler proporre un emendamento soppressivo. Con Calderone, protagonisti dell’iniziativa sono gli altri deputati azzurri della commissione Giustizia della Camera: Enrico Costa, Annarita Patriarca e Pietro Pittalis. Il viceministro Francesco Paolo Sisto sarebbe a propria volta attivo per trovare l’intesa. La prima ipotesi di FI era sottoporre la modifica soppressiva agli alleati prima ancora di formalizzarla. Poi i tempi stretti nella selezione degli emendamenti hanno indotto i deputati berlusconiani a muoversi senza una convergenza preliminare con Lega e FdI. Il che però richiederà, a questo punto, un reset politico e poi “finanziario”, con l’adozione, in commissione Bilancio, di una correzione in corsa.
Va ricordato che anche i partiti d’opposizione hanno assunto un’iniziativa nettamente contraria alla trasformazione del contributo unificato in un esborso pregiudiziale rispetto all’azione civile. Il Pd e il Movimento 5 Stelle, in particolare, hanno depositato emendamenti soppressivi analoghi a quello di Forza Italia. Anche considerato il pressing delle opposizioni, andrà verificato poi il contenuto di dettaglio della “norma riformulata”. Attualmente, il famigerato articolo 105 introduce un nuovo articolo 307-bis 76 nel codice di procedura civile, secondo cui il “processo” si estingue “per omesso o parziale pagamento del contributo unificato”. Più precisamente, prosegue la norma, “alla prima udienza il giudice, verificato l’omesso o il parziale pagamento, assegna alla parte interessata termine di trenta giorni per il versamento o l’integrazione del contributo e rinvia l’udienza a data immediatamente successiva. A tale udienza il giudice, in caso di mancato pagamento nel termine assegnato, dichiara l’estinzione del giudizio”. Nei casi di “domanda riconvenzionale”, “chiamata in causa”, “impugnazione incidentale”, interviene, come detto, “l’improcedibilità”.
Il vincolo riguarda l’intero processo civile eccezion fatta per i procedimenti cautelari e possessori. Il governo, nel proprio disegno di legge, ha tenuto ad avvertire che non sarebbero risparmiati né il “rito del lavoro” né il “processo esecutivo”.
Che le cose restino così, è improbabile. Ma la partita non è chiusa. E la minaccia al diritto di difesa potrà dirsi sventata solo una volta che la Manovra sarà in Gazzetta ufficiale.