Lo scontro tra l’avvocatura potentina e la Procura di Potenza è ormai conclamato. Nella storia del Foro potentino non si registrano astensioni così lunghe, come quella decisa dall’assemblea straordinaria degli iscritti qualche giorno fa. Lo stop a tutte le udienze (penali, civili, amministrative e tributarie) è previsto dal 13 al 24 aprile. Lunedì gli avvocati Maurizio Napolitano e Sergio Lapenna, rispettivamente presidente del Coa di Potenza e presidente della Camera penale distrettuale della Basilicata, hanno incontrato il Procuratore Francesco Curcio. «Un confronto cordiale anche se ognuno è rimasto sulle proprie posizioni», hanno fatto sapere i due legali. Sulla vicenda interviene il diretto interessato: Antonio Murano. L’avvocato indagato e sottoposto a controlli nel suo studio legale di Rionero in Vulture, dopo essersi assentato in una udienza penale per motivi di salute, certificati da un medico, parla di «preoccupanti evoluzioni della triste vicenda» che lo sta riguardando. Lo fa ripercorrendo i momenti in cui è stato raggiunto dal medico fiscale in compagnia dei carabinieri per svolgere una visita disposta dalla Procura di Potenza. Un atto, definito dal professionista, «invasivo di natura medica», dal quale è derivata una «ispezione corporale». Tutto «senza ricevere i necessari prodromici avvisi di garanzia». Il resto della vicenda è ormai noto. O meglio l’ulteriore piega che ha preso il pomeriggio del 24 marzo scorso, con le sue «forzature e violazioni di legge», come le definisce Murano, dopo che nella mattinata si era tenuta la controversa udienza penale davanti al Collegio “B”, presieduto dal giudice Federico Sergi. Al termine degli interrogatori di diverse persone, compresi i familiari dell’avvocato, nella serata i carabinieri raggiungevano lo studio legale per visionare l’impianto di videosorveglianza e acquisire le registrazioni. Qui un’altra forzatura, denunciata da Murano: ancora una volta le operazioni si svolgevano «senza alcuna garanzia procedimentale e senza la presenza personale del Pm e senza aver preventivamente avvertito il Consiglio dell’Ordine, in violazione dell’articolo 103 del Codice di procedura penale». Ricordiamo che il medico certificante, Donato Labella, ha subito una perquisizione ed il sequestro del cellulare. Ora l’avvocato Murano risulta essere indagato. «Solo in data 28 marzo – dice -, in occasione della notifica di un accertamento tecnico irripetibile sul telefono sequestrato al medico, ho appreso formalmente di essere stato iscritto nel registro degli indagati». Il procedimento a suo carico vede impegnati ben due Sostituti procuratori (Antonella Mariniello e Giampaolo Robustella) ai quali si aggiunge il Procuratore Francesco Curcio. «Il reato contestatomi – aggiunge il legale -, peraltro senza descrizione della condotta, è quello previsto dall’articolo 374 bis del Codice penale, che al secondo comma prevede la reclusione fino a sei anni e si applica inequivocabilmente alle false certificazioni che riguardano specificamente imputati, condannati o persone sottoposte a prevenzione e non ai difensori di questi ultimi. Senza volermi addentrare in valutazioni di esclusiva competenza della Procura e nel rispetto delle sue prerogative, mi limito ad osservare che esistono gli articoli 480 e 481 del Codice penale, applicabili ed applicati in casi analoghi, con pene decisamente inferiori. Qualsiasi operatore del diritto comprenderà che dalla qualificazione giuridica, operata dai Pm, discendono differenti ed accresciuti poteri investigativi. Trovo singolare una simile contestazione, idonea a consentire lo svolgimento di atti di indagine maggiormente invasivi». A tutto questo baillame si aggiunge, poi, la questione del verbale di udienza nella sua duplice versione. È lo stesso Murano a riflettere sulla grande confusione generata dalla redazione dei due verbali del 24 marzo: uno con il resoconto fonoregistrato, che trova riscontro nei file audio depositati in Tribunale; l’altro redatto in forma sintetica ai sensi dell’articolo 480 del Codice di procedura penale. «Questa gravissima difformità – afferma il penalista - costituisce una circostanza profondamente inquietante, che getta, purtroppo, ulteriori ombre sinistre sull’intera vicenda». L’avvocato riflette pure sulla presa di posizione del Procuratore della Repubblica di Potenza, Francesco Curcio, assunta con il caso già scoppiato. «Con comunicato – evidenzia – il dottor Curcio ha proclamato rapporti di cordialità e rispetto intercorrenti tra la Procura ed il Foro di Potenza, ritenendo però opportuno diramare il predetto comunicato alla stampa, prima ancora di procedere all’interlocuzione formale richiesta da istituzioni ed associazioni forensi. La suddetta nota, tra l’altro, non chiarisce affatto la vicenda. Anzi, liquida clamorosamente la visita medica che ho ricevuto, in dispregio alle garanzie difensive, chiosando che avrei potuto non acconsentirvi. Si confonde, peraltro, sul soggetto che l’ha disposta nel momento in cui si afferma che la Pg ed il medico non avevano ricevuto alcun mandato dalla Procura, insinuando il dubbio che abbiano agito autonomamente e smentendo le dichiarazioni verbali fornite dagli stessi operatori. Parimenti dicasi per l’accesso presso lo studio legale e la richiesta di acquisizione delle registrazioni della videosorveglianza». I carabinieri non si sono mossi spontaneamente. «Checché se ne dica ed a qualunque norma del codice di rito le si voglia ancorare – conclude Murano -, le suddette attività di indagine sono state disposte dalla Procura e avrebbero richiesto la notifica dei prodromici avvisi di garanzia, rafforzati per gli atti riguardanti lo studio legale. Ed è quantomeno singolare che un Procuratore dell’abilità e dell’esperienza del dottor Curcio intenda banalizzare tale omissione dietro la laconica affermazione che “l’avvocato Murano esperto penalista” avrebbe potuto non consentirla. Siamo di fronte ad elementari principi del Codice di procedura penale, che non prevedono diverse applicazioni commisurate all’esperienza penalistica dell’indagato».