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Boldrini ha sottolineato come la libertà non si ottiene con l’assenza di regole, che al contrario danneggia i soggetti più vulnerabili: «Per questo il web non può essere la terra di nessuno dove i violenti hanno la meglio. Dobbiamo appellarci al senso di responsabilità di ognuno e in quest’ottica sto svolgendo il mio mandato». E, proprio con questa finalità, la Camera ha istituito due commissioni permanenti sugli Affari digitali, una sulla rete che ha prodotto nel 2015 la Dichiarazione sui diritti e doveri di internet e una sui fenomeni di odio online. «Il documento ita- liano sulla e- democracy è diventato un modello a livello europeo e l’obiettivo è quello di condividere un processo di affermazione dei diritti su internet», ha spiegato la presidente. «Affrontare il tema dell’odio è diventato impellente: l’Italia è stato il primo paese europeo a farlo, su sollecitazione del Consiglio d’Europa, con uno documento redatto dalla commissione, che è dedicata alla parlamentare inglese Jo Cocks, perseguitata dall’odio in rete e poi uccisa. Segno che il passaggio dal virtuale al reale è possibile e molto pericoloso».
Lo studio, pubblicato dalla Camera, delinea la “piramide dell’odio” in Italia. Una piramide immaginaria che ha alla sua base le false informazioni, le fake news, fatte per alimentare odio traendone profitto. «Con le fake news si normalizza il linguaggio d’odio, e il bersaglio preferito sono le donne - ha spiegato la presidente -. Oggi noi donne siamo davanti a un bivio: usare la rete con tutte le sue opportunità ma accettare l’umiliazione e l’offesa, oppure uscire dalla rete. Nessuna di queste alternative è accettabile». Una questione, questa, particolarmente sentita dalla presidente Boldrini, che dall’inizio del suo mandato è stata oggetto di attacchi in rete e sui social media: «Lo dico chiaro, non ne posso più», ha confessato, sostenuta dall’applauso del pubblico. «C’è chi vuole distruggere o macchiare la reputazione altrui con odio sessista, credendo che le donne si facciano da parte per vergogna. Ma noi non ci vergogniamo, sono i violenti a doverlo fare».
L’obiettivo per l’ordinamento, secondo la presidente della Camera, è di stabilire che non può esistere differenza tra ciò che accade online e offline. «La rete non è uno spazio al di là o fuori dal diritto, in una paese democratico. Spero che la magistratura applichi questo semplice principio, perché i cittadini e le vittime di odio devono essere tutelati». In questo senso, ha raccontato, ha maturato in prima persona la scelta di rendere pubblici i messaggi d’odio ricevuti e di denunciare gli autori. «L’ho fatto perché chi scrive deve assumersi le sue responsabilità e anche provider come Facebook deve farlo.
La Germania lo ha ottenuto, con un team di 600 dipendenti di Facebook che modera i messaggi. L’Italia deve fare altrettanto».
Proprio la prevenzione e la formazione, infatti, sono le armi fondamentali per combattere le fake news e l’odio in rete e in questa direzione si articola il progetto - in accordo con il Ministero dell’Istruzione e altri partner privati come Google e Facebook - di educazione civica all’uso del web nelle scuole.
In attesa che questo processo insieme ai giovani dia i suoi frutti, però, Laura Boldrini ha deciso di proseguire sulla linea della denuncia: «L’ho deciso come donna che non vuole abbassare la testa, come madre che non vuole lasciare spazio ai violenti agli e come rappresentante delle istituzioni. Nessuno deve sentirsi solo davanti alla violenza e nessuno deve sentirsi costretto ad abbandonare i social perché oggetto di assalto violento».
Il silenzio, infatti, non spegne ma anzi diventa complice dell’odio. «Fare finta di nulla è sbagliato. Quale messaggio diamo ai giovani? Dobbiamo insegnare loro che in uno stato di diritto c’è la legge a tutela delle vittime, non con la normalizzazione dell’odio», ha concluso Laura Boldrini. In una democrazia matura, infatti, la legge non è un limite ma lo strumento di tutela della libertà di espressione.