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«Sarà un’ecatombe». La frase allarmante arriva da un avvocato del foro di Catania. Poche parole che nascondono la grande paura che, in questi giorni, si vive tra le aule di un Tribunale da tutti ritenuto non idoneo a garantire la sicurezza in tempi normali, figuriamoci in tempo di Covid. Frase scritta su Facebook, nel gruppo frequentato dall’avvocatura, proprio poche ore prima che la voce su un altro avvocato morto per Covid si diffondesse. A meno di una settimana dall’addio a Fabio Ferlito, a morire è stato Gaetano Bandieramonte, 61 anni, sei in più rispetto al collega. E sono diversi gli avvocati ricoverati in terapia intensiva. «Non ci sentiamo sereni ad andare in udienza - scrive un altro avvocato -. Specie in locali fatiscenti e sporchi. Sono troppi gli avvocati che si sono ammalati. I più fortunati sono stati bloccati a casa in isolamento totale per giorni e giorni. Altri non sono più tra noi e li ricorderemo per sempre. Anche se siamo straziati dal dolore pensando a loro e ai loro figli».La paura, nel foro etneo, cresce. E gli appelli dei legali, che nei giorni scorsi hanno chiesto al presidente del Tribunale, Francesco Saverio Maria Mannino, il rinvio d’ufficio di tutte le udienze, ad eccezioni di quelle urgenti, per ora rimangono inascoltati. In assenza di protocolli più incisivi, l’unica arma è quella dell’astensione - come quella proclamata, per otto giorni, dai penalisti. «Inutile girarci attorno - si legge sul social network -. Il Tribunale di Catania deve essere chiuso. Immediatamente». L’unico provvedimento, ad oggi, è quello firmato ieri dal presidente della Corte d’Appello, considerato dagli stessi avvocati «irriguardoso e offensivo». Come spiega al Dubbio il presidente del Coa Rosario Pizzino, il documento a firma di Concetta Maiore - valido sia per il civile sia per il penale -, «non dispone i rinvii d’ufficio delle udienze in presenza fisica, ma ne disciplina la tenuta con orari o fasce orarie fisse, con la preventiva individuazione di un numero di fascicoli tale da evitare assembramenti e rinvio d’ufficio in caso di sovrannumero, autorizzando, ove possibile, anche udienze pomeridiane». Il documento richiama gli incontri avuti con i rappresentanti del Coa prima della delibera inviata sabato ai vertici degli uffici giudiziari, ai quali si chiedeva di disporre, per venti giorni, il rinvio d’ufficio, per i processi civili, salvi i procedimenti cautelari ed urgenti, «di tutte le udienze da trattare in presenza fisica (prime udienze e udienze istruttorie), contenendone il rinvio entro sei mesi, e la trattazione cartolare di tutti gli altri procedimenti, di primo e di secondo grado (anche di quelli per i quali non sia stata ancora fissate la modalità di trattazione). Resta salva la facoltà, anche di uno solo degli avvocati impegnati in giudizio, di richiederne la trattazione in presenza, fornendone adeguata e specifica motivazione». Ma anche di considerare “legittimo impedimento” «quello dell'avvocato che, per certificati motivi legati all'emergenza sanitaria, sia impossibilitato a partecipare all'udienza o a depositare atti processuali, disponendo, a seconda dei casi, un rinvio d’ufficio od una rimessione in termini». Quanto al penale, il Consiglio dell’ordine invocava «il rinvio d’ufficio di tutti i processi (ad eccezione delle “urgenze”) e che il rinvio stesso venga notificato agli interessati a cura della cancelleria almeno quindici giorni prima della data di nuova trattazione». Il documento della Corte d’Appello, però, dispone ben altro. Stabilendo, fino al 31 gennaio, che i presidenti delle sezioni civili e penali individuino, per le udienze da tenere in presenza e tenendo conto dei criteri di priorità e di ogni altra circostanza che possa prevedibilmente influire sui tempi di trattazione e comunque sulla urgenza della trattazione stessa, «i processi che potranno essere effettivamente trattati in ciascuna udienza, in numero tale da non creare assembramento in aula». In caso di sovrannumero, si provvederà, dove possibile, al differimento dei processi con preventivo decreto. Per ogni udienza sarà stabilito un orario fisso di chiamata, così come per i processi penali, per i quali i presidenti dei collegi, almeno tre giorni lavorativi prima dell’udienza, dovranno comunicare ai Consigli dell’Ordine del Distretto, per l’inserimento nei rispettivi siti, gli orari o la fascia oraria di trattazione dei singoli processi. «Si tratta, in sostanza - conclude Pizzino - dell'accoglimento delle richieste che avevamo formulato tempo addietro ma che, oggi, non riteniamo più sufficienti. Ci saremmo attesi di più».