Con l’ordinanza n. 32319 del 13 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale: anche l’avvocato che si difende personalmente in giudizio ha diritto al compenso per l’attività svolta, rafforzando il principio che l’attività legale, anche quando svolta direttamente dall’avvocato senza l’intervento di un collega, deve essere riconosciuta come un servizio professionale che merita un equo compenso.

Il caso

La vicenda riguarda un avvocato coinvolto in un procedimento civile relativo a una causa di separazione, che aveva scelto di difendersi personalmente. Dopo aver svolto l’attività legale nel processo che aveva portato alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale, l’avvocato aveva inviato una richiesta formale di pagamento pari a 8.030 euro, ma la richiesta era rimasta senza risposta. Nonostante gli sforzi compiuti per ottenere il giusto compenso, il pagamento non è stato effettuato.

A seguito del mancato pagamento, l’avvocato si era rivolto al Tribunale di Milano chiedendo la liquidazione dei compensi dovuti. Sebbene il tribunale avesse riconosciuto un importo di 2.629 euro (oltre IVA, contributo previdenziale e spese generali del 15%), non aveva disposto il rimborso delle spese processuali per il procedimento sommario, giustificando la sua decisione con il fatto che l’avvocato si fosse difeso personalmente e che la parte avversa fosse rimasta contumace.

Il ricorso

Insoddisfatto della decisione, l’avvocato ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, facendo riferimento al principio di soccombenza. Secondo il ricorrente, il tribunale aveva violato tale principio, poiché la parte avversa, pur non partecipando al giudizio, aveva comunque dato causa al procedimento con il proprio comportamento. Il ricorso sottolineava anche l’importanza di garantire il compenso per il lavoro svolto, evidenziando come l’assenza di rimborso delle spese processuali potesse disincentivare l'accesso alla giustizia, soprattutto per i professionisti del settore legale.

La pronuncia della Cassazione

La Cassazione ha accolto il ricorso, precisando due aspetti fondamentali. Il primo è il principio di soccombenza: la Suprema Corte ha ribadito che la soccombenza si fonda sul fatto che una parte abbia dato causa al giudizio. Non importa che la parte convenuta sia rimasta contumace o abbia tardivamente riconosciuta la fondatezza delle pretese avanzate; ciò che conta è che il suo comportamento abbia determinato il procedimento. La parte che causa il processo deve dunque essere tenuta a rimborsare le spese, indipendentemente dalla sua partecipazione attiva al giudizio.
Il secondo aspetto riguarda la natura professionale dell’autodifesa: la Cassazione ha sottolineato che, pur essendo previsto dall0art. 86 del Codice di Procedura Civile il diritto di difendersi personalmente, ciò non cambia la natura della prestazione legale, che rimane una prestazione professionale qualificata. Di conseguenza, il giudice è obbligato a liquidare i compensi professionali secondo le tariffe previste, applicando correttamente il principio di soccombenza.