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Il sospetto che la stagione dei “sostegni” stia per terminare, e che una nuova stagione di “prelievi” stia per cominciare sorge spontaneo guardando il video registrato il 26 marzo scorso presso la commissione Finanze della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef e di altri aspetti del sistema tributario italiano. Ascoltando il primo intervento, quello della direttrice del dipartimento delle Finanze del Mef, Fabrizia Lapecorella, si apprende che primaria funzione del sistema fiscale è quella ridistributiva, che dipende dalla progressività delle imposte e dall’aliquota media, e che la performance dell’Italia su questo fronte è inferiore a quella di altri paesi. Dopo aver richiamato la possibilità che un aumento delle aliquote potrebbe determinare in effetti una minore disponibilità a lavorare, in particolare per le donne, e illustrate le scelte relativamente all’impostazione del sistema fiscale, quale l’assoggettamento di tutte le fonti di reddito a un unico sistema di aliquote, oppure la previsione di tassazioni diverse a seconda del tipo di reddito, come è attualmente, Lapecorella ha evidenziato come diversi sistemi fiscali agevolativi, come la cedolare secca del 20%, pur essendo utili per far emergere attività sommerse, abbiano un modesto impatto sul gettito, essendo i guadagni derivanti dall’emersione del nero compensati dal minor gettito proveniente dai contribuenti più ricchi, a cui si sarebbero potuto applicare aliquote più alte. Si arriva così al minuto 26.30 del video, in cui la direttrice del dipartimento Finanze del ministero dell’Economia affronta il tema dei regimi forfettari, ossia la cosiddetta flat tax per le partite Iva (inclusi i professionisti), cominciando con il segnalare che nel 2018 circa un milione di contribuenti ne ha usufruito, per un reddito di 10 miliardi di euro, che ha determinato un gettito Irpef di circa un miliardo, e concludendo che tale regime è sostanzialmente iniquo, pur dovendone essere riconosciuta l’utilità sul piano della semplificazione degli adempimenti. Lapecorella suggerisce di limitare tale regime agevolato solo a coloro che iniziano un’attività, o che hanno redditi modesti, applicandovi però l’aliquota Irpef base, ossia il 23%, e non più l’attuale aliquota del 15% (minuto 29 del video). La dichiarazione della responsabile del dipartimento Finanze non è passata inosservata: per Antonio De Angelis, presidente dell’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) è «assurdo pensare di aumentare le tasse in un momento come questo», visto che, aggiunge, «il regime forfettario ha consentito a molte partite Iva, e in particolare ai più giovani, di sopravvivere in un momento così difficile». Per questa ragione, il presidente dell’Aiga è pronto a «scendere in piazza, coinvolgendo tutte le piccole partite iva, fortemente pregiudicate da una simile previsione», qualora l’idea del Mef dovesse diventare realtà. Anche per il Cnf il regime forfettario non dovrebbe essere toccato, come sottolinea Arturo Pardi, coordinatore della commissione Diritto tributario dell’istituzione forense: «Questo regime forfettario ha funzionato, e quindi dovrebbe essere mantenuto, e anzi, con la riforma sarebbe opportuno ridurre le aliquote Irpef medio-alte, compensando eventualmente tale riduzione con uno sfoltimento di detrazioni e deduzioni. Nuovo gettito potrebbe essere poi ottenuto sia mediante un approccio più flessibile da parte del fisco nei confronti dei contribuenti, sia coordinando meglio la normativa tributaria con quella penale relativa ai reati fiscali, mediante meccanismi di incentivazione che possano stimolare il pagamento anche parziale e rateizzato di quanto contestato dall’autorità fiscale».