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«Ma quale emergenza, quale rischio pandemia tra i detenuti. Nelle carceri italiane si sta più al sicuro che allo Spallanzani. Di certo più che al supermercato». Insomma, stavolta il procuratore Nicola Gratteri inforca stetoscopio e provetta e, da novello virologo, - un po’ come la gran parte degli italiani in questi ultimi scorci di lockdown - ci spiega che non c’è posto più sicuro dei nostri istituti di pena. Certo, il fatto che lo dica lo stesso giorno in cui il garante nazionale dei detenuti afferma l’esatto contrario, ovvero che la tempesta virale in carcere è ancora in atto, è un fatto assolutamente secondario. Il dottor Gratteri non ha dubbi e - stavolta da statistico medico - spiega nel dettaglio che «i detenuti avevano il 99,5% di possibilità di non infettarsi». Soprattutto quelli al 41bis, le cui celle potrebbero essere paragonate a quella di una clinicadi Lugano. Ma quello che più lo preoccupa sono le centinaia di scarcerazioni decise dai magistrati di sorveglianza che «hanno minato la fiducia nella giustizia e nello Stato che ( noi magistrati, ndr) avevamo faticosamente conquistato», spiega sempre Gratteri ignorando del tutto gli ultimi sondaggi di gradimento i quali, fonte Demos, piazzano la magistratura agli ultimi posti tra le istituzioni più autorevoli: solo il 36% degli italiani ha fiducia nelle toghe contro il 55% dei bistrattatissimi insegnanti, per dire.
Ma la cosa che più colpisce è l’assoluta noncuranza nei confronti dei cittadini detenuti che rischiano la pelle a causa del Covid. Tra quelle 350 persone scarcerate, infatti, non solo la metà è in attesa di giudizio, ma i boss sono soltanto tre. Senza contare che l’auterovelzza e la forza di uno Stato, come ha spiegato l’avvocato Franco Coppi da queste pagine, si misura dalla capacità di rispettare i diritti anche dei mafiosi. Perché uno Stato che lascia morire i detenuti in cella, non solo viola l’articolo 27 della nostra Costituzione, ma trasforma la pena dell’ergastolo in pena di morte. E la pena di morte, almeno finora, qui in Italia, è vietata.