L’ex magistrato
Roberto Scarpinato, candidato del Movimento Cinque Stelle, recentemente ha affermato: «Il carcere in Italia non sarà mai civile fino a quando i colletti bianchi non cominceranno a esserne ospiti». Dire che il grave problema penitenziario che attanaglia il nostro Paese è dovuto dalla poca presenza dei “colletti bianchi” ristretti, è sicuramente funzionale agli slogan elettorali, ma non è utile alla risoluzione del problema.
Purtroppo non possiamo sapere quale sia la soluzione proposta dai grillini, anche perché – a differenza di tanti altri partiti – nel programma elettorale non se ne fa alcun cenno. Così come per il tema della riforma della giustizia, anche per quanto riguarda il carcere bisogna applicare un rigore scientifico. Troppo spesso - basti pensare alle rivolte carcerarie dove si è tirato fuori il teorema (sconfessato dalla commissione istituita dal Dap) della regia occulta - emergono visioni paranoiche della Storia che causano arretramenti culturali, non offrono soluzioni ai problemi e si rischia di essere funzionali allo Stato di polizia.
Fake news e teorie del complotto possono avere facile presa
Senza uno scrupolo scientifico dei fatti, inevitabilmente fa presa il "fantasma della memoria" che viene evocato attraverso suggestioni, immagini, suoni, parole. All'interno di spazi televisivi e convegni, come di consueto, avviene un'alchimia insieme modernissima e arcaica dove si evoca il passato per ottenere lumi sull'attualità e vaticini sul futuro, accostando - senza rigore alcuno - situazioni, personaggi, ipotesi stralunate, affermazioni presentate come fatti ma non verificate, “fake news”, leggende metropolitane, miti ingannevoli, post verità, teorie del complotto. Tutto ciò annulla il pensiero, il livello del dibattito pubblico si abbassa sempre di più e inevitabilmente ne risente anche la classe politica che teme di portare avanti qualsiasi riforma innovatrice. Lo abbiamo visto
con la Riforma Orlando sull’ordinamento penitenziario, quando non si è avuto coraggio di approvare i vari punti innovativi come la modifica del 4 bis (l’ostatività ai benefici per alcuni reati) e renderci più vicini al dettato costituzionale. E infatti appare singolare evocare la Costituzione italiana, ma quando si vuole apporre riforme che seguono il solco tracciato dai padri costituenti, si fa una acerrima opposizione.
2022: l’annus horribilis delle carceri italiane
Ma ritorniamo al problema penitenziario. Questo 2022 è un anno caratterizzato dai numerosi suicidi, sovraffollamento, problemi sanitari, detenzioni degradanti. Tante, troppe morti potevano essere evitate. C’è un numero altissimo di detenuti reclusi per una pena breve.
L’ultima relazione annuale del Garante Nazionale parla di ben 1319 presenze per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altre 2473 per una condanna da uno a due anni. La risposta sarebbe quella di sbattere in galera più “colletti bianchi” possibili, oppure dare strumenti maggiori a quei detenuti, magari della fascia più debole della società, per ottenere misure alternative alla detenzione? Quando si è provato a farlo, i titoli di taluni giornali come
il Fatto Quotidiano o
La Verità, sono stati: “Vogliono scarcerare i delinquenti!”. E puntualmente, per ricevere ancora più consenso dalla fascia più giustizialista, parlano di leggi che rendono impuniti i colletti bianchi. La retorica della giustizia classista, di fatto, rende ancora più feroce il classismo. E in nome dell’impunità dei colletti bianchi, sono state varate riforme come “lo spazzacorrotti” che per un mini peculato, trattano come se fossero dei boss, i dipendenti della pubblica amministrazione. Sì, perché per fare una legge ancora più feroce, alla fine sono sempre gli ultimi della catena a pagarne le conseguenze.
Da un mese Rita Bernardini è in sciopero della fame
Da quasi un mese è in sciopero della fame Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, per chiedere un intervento da parte del ministero della Giustizia. Ci sono state adesioni trasversali, ma oggi più che mai, ritorna a fare da padrone la lotta all’ “impunitismo”, ovvero quel populismo giudiziario che ha creato e sta tuttora creando una profonda ingiustizia. In nome di quella lotta, ci rimettono gli ultimi che affollano le nostre patrie galere. Com’è detto, il Movimento Cinque Stelle non fa alcun cenno al carcere nel suo programma elettorale, così come Fratelli d’Italia. Parliamo, secondo i sondaggi, del primo partito e quindi sarebbe utile capire la loro posizione. Un indizio però l’abbiamo avuto recentemente quando
Giorgia Meloni ha addirittura proposto di modificare l’articolo 27 della nostra Costituzione. Nel centrodestra solo la Lega ha menzionato il problema nel programma, ma promettendo «una riforma dell’ordinamento penitenziario che garantisca piena dignità al detenuto e sicurezza nelle carceri». Come? Attraverso assunzioni tra le fila della Polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari, moderni e vivibili. La classica risposta di destra, che è molto simile al vecchio programma grillino. Non è un caso che durante il governo Conte 1, il tema penitenziario è stato quello dove trovarono più sintonia.
Per il Terzo polo serve una riforma nel rispetto della Costituzione
Il programma del Terzo polo, quello redatto da Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi, ha invece affrontato il problema con un indirizzo progressista: ovvero la promozione di una riforma del sistema penitenziario che garantisca «il rispetto del principio della finalità educativa della pena, coerentemente con quanto previsto dalla Costituzione». Tra le misure proposte c’è un intervento sulla normativa della custodia cautelare, per evitare un abuso del sistema dal momento che oggi un terzo dei detenuti si trova in carcere pur senza condanna definitiva. Inoltre viene prospettata un’incentivazione nel ricorso alle pene alternative, così da ridurre la pressione sulle carceri, interventi di edilizia carceraria e una nuova legge sulle detenute madri che fermi la pratica dei bambini in carcere.
Giustizia riparativa e misure deflattive da valorizzare per il Pd
Nel centrosinistra primeggia il Partito Democratico che ha dedicato un capitolo sostanzioso sul tema carcere, proponendo di valorizzare (e va dato atto che la guardasigilli Marta Cartabia ne ha fatto un cavallo di battaglia) gli strumenti di giustizia riparativa anche per «superare l’impostazione di un sistema penale incentrato prevalentemente sul carcere». Parla anche di rendere strutturali le misure emergenziali applicate durante l'emergenza Covid-19, quelle che hanno contribuito a una – seppur minima – deflazione della popolazione carceraria. Importante anche il tema della valorizzazione del lavoro, coinvolgendo imprenditori responsabili nei percorsi formativi e alleggerire la burocrazia penitenziaria.
+Europa dedica ampio spazio alla questione penitenziaria
Anche
Europa verde-Sinistra italiana affronta il tema penitenziario nel suo programma elettorale, recependo le indicazioni elaborate dall’associazione Antigone. Si punta molto sulla modifica della legge sulla droga e la cancellazione della Bossi-Fini, la norma che criminalizza e produce la cosiddetta “clandestinità” con la conseguenza di creare “devianze” e quindi più incarcerazioni. Inoltre chiedono la riduzione della custodia cautelare e la possibilità di avere un telefono per ogni cella. Questione importate, ben evidenziata da Antigone per ridurre l’isolamento del detenuto dai propri affetti: fondamentale per evitare malesseri esistenziali che portano anche al suicidio. Ovviamente anche il partito di +Europa dedica ampio spazio alla questione penitenziaria, attraverso proposte simili a quelle appena elencate. In più
dedica attenzione sul trattamento psichico (ricordiamo la proposta di legge a firma di Riccardo Magi sull’abolizione del cosiddetto doppio binario) e il diritto all’affettività e alla sessualità in carcere. Temi tutti volti all’affermazione della Costituzione Italiana. Sì perché non basta evocarla strumentalmente, ma bisogna poi passare a proposte concrete.