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«Innanzitutto voglio ringraziare Nostro Signore e lo Spirito Santo che illumina gli uomini alla ricerca della verità». Calogero Mannino lo ripete più volte. È stato definitivamente assolto dall’accusa di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato nel processo stralcio sulla trattativa Stato mafia. I giudici della Sesta sezione della Corte di Cassazione hanno dichiarato ieri inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo, confermando quindi la sentenza di assoluzione del processo di Appello, emessa il 22 luglio dello scorso anno. L'ex politico della Dc, difeso dall'avvocato Grazia Volo, era già stato assolto in primo grado e in appello. Contattato telefonicamente, la voce non riesce a nascondere l’emozione. Presidente Mannino, è finita. È stata una lunga via crucis durata trent’anni. Per i giudici la tesi della Procura di Palermo non era solo “infondata”, ma anche “totalmente illogica e incongruente con la ricostruzione complessiva dei fatti”. Sono convinto che in Italia ci sia ancora speranza perché ci sono magistrati liberi che procedono secondo le regole e rendono testimonianza di verità. Dice così perché è stato assolto? Qualcuno potrebbe pensare che dico ciò solo perché ho trovato negli anni e in diversi processi e gradi di giudizio magistrati che mi hanno assolto, fino alla Cassazione che si era pronunciata altre due volte sempre in favore della mia innocenza. Invece, pur essendo evidente il gravissimo problema del funzionamento della giustizia in Italia e in particolare del funzionamento di alcune Procure o meglio di gruppi di magistrati all’interno di queste, in questo Paese esistono ancora magistrati liberi dai condizionamenti. Magistrati che, ripeto, procedono secondo le regole e rendono testimonianza di verità a chi sopporta il processo, soprattutto una testimonianza di lealtà alle istituzioni. Su questo aspetto ci torniamo dopo. Parliamo dei suoi processi. Almeno in sede storica bisognerà affrontare il problema di 30 anni di processi con ben oltre 10 sentenze tutte di assoluzione.Hanno tenuto inchiodato me a un processo unico e alla stessa narrazione menzognera che dal 1991, con salse diverse, mi viene rovesciata addosso con una ossessione persecutoria che pure dovrà trovare delle spiegazioni. Ma non ho tentazioni polemiche in questo momento. Onorevole Mannino, lei aveva scelto l’abbreviato, a differenza dei suoi coimputati. Come mai questa scelta? Nel 2012 avevo scelto di essere processato con il rito abbreviato. Rito che si basa solo sugli elementi di prova portati dall’accusa. Ero certo dalla mia innocenza. Nel 2015 sono stato assolto in udienza preliminare per non aver commesso il fatto. La Procura aveva presentato appello. I pm di Palermo sono convinti da sempre che io abbia nel corso della mia vita intessuto rapporti con Cosa nostra. È una narrazione, come ho più volte detto, “funambolica” che si è trascinata per anni. Crede che ciò sia opera di magistrati ideologizzati? Che esista un teorema? Qui è diverso. Quando si parla di magistrati ideologizzati si pensa sempre a quelli aderenti a Magistratura democratica. Io, vorrei ricordarlo, sono stato amico personale del dottor Marco Ramat (scomparso nel 1985, fra i fondatori di Md, membro del Csm e militante nel Partito comunista, ndr). Lui lavorava a Firenze dove c’era un centro politico in cui era molto attivo e che ho anche frequentato. Quindi l’ideologia non c’entra? Lei democristiano contro le toghe di sinistra? Guardi, da ministro della Marina mercantile feci un legge per la difesa del mare. Bene, come presidente della commissione che doveva redigere il testo misi il dottor Gianfranco Amendola, un altro storico esponente di Md, all’epoca uno dei pretori “d’assalto”, con grande scandalo di tutti. Mi vuole dire che con i magistrati di Md ha sempre avuto ottimi rapporti? Sì. In questo processo, invece, c’è chi ha fatto l’antimafia per “giocarci”. Quale bilancio si sente di fare Calogero Mannino? Questa sentenza segna la fine della “storia d’Italia” scritta da Giancarlo Caselli e Antonio Ingroia. Un fine definitiva. I giudici hanno riconosciuto il suo impegno nella lotta alla mafia.Io mi sono sempre adoperato per il contrasto alla mafia. È emerso dalla sentenza assolutoria che fossi una vittima designata della mafia, proprio a causa della mia specifica azione di contrasto a Cosa nostra quale esponente del governo del 1991. E qui si arriva alla tesi della trattativa Stato-mafia. I magistrati hanno riconosciuto la mia estraneità a questa cosiddetta trattativa Stato- mafia ed hanno ricostruito la lunga fase della mia vita politica, dal 1979 al 1992, che è stata caratterizzata da un impegno di contrasto alla criminalità e dalla piena mia adesione alla linea che lo Stato andava apprestando per affrontare il problema della mafia. I pm di Palermo, però, non le hanno mai creduto. Anzi. I pm di Palermo sono convinti da sempre che io abbia nel corso della mia vita intessuto rapporti con Cosa nostra. Solo la mia forza d’animo mi ha aiutato ad andare avanti in tutti questi anni. Il tema del contrasto a Cosa nostra, lo sottolineo con forza ancora una volta, è stato un punto qualificante della mozione presentata dalla Dc alla fine del 1979, poi discussa ed approvata in Parlamento il 2 febbraio 1980. In quella mozione si approvavano le conclusioni della Commissione antimafia. Nessuno può smentirlo. Servirebbe, adesso, una analisi lucida e senza preconcetti di quella stagione politica dove lei, onorevole Mannino, è stato uno dei protagonisti insieme a Rino Nicolosi e all'attuale capo dello Stato Sergio Mattarella. Non soltanto si è fatta una vittima innocente, ed io non ho mai voluto né voglio assumere animi vittimistici, ma, al di là di questo esito personale, si è tentato di consolidare una narrazione che falsa tutta la storia politica della Sicilia e dell’Italia per due decenni. Questi processi hanno contribuito a spazzare via la Dc. Questo è il vero problema storico politico, tralasciando la mia assoluzione, che rimane da affrontare quando, speriamo presto, saremo usciti dalla attuale pandemia.