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Opera
Sta per morire, è talmente peggiorato che hanno dovuto sospendere la cura e hanno cominciato ad eseguirgli la terapia palliativa per allievare le sofferenze. Parliamo di uno dei detenuti del 41 bis a Opera che hanno contratto il Covid e ricoverati d’urgenza in ospedale. Il Dubbio ne ha parlato, anche di lui. Si chiama Salvatore Genovese, 77enne al 41 bis fin dal 1999, cardiopatico, già operato di tumore e con i polmoni malandati. Circa 10 giorni prima che ha contratto il Covid, si è visto respingere l’istanza per la detenzione domiciliare. Per il giudice stava al sicuro, curato e non esposto al contagio visto il regime di isolamento. Purtroppo, come gli altri reclusi al 41 bis a Opera, così non è stato. D’altronde, dopo le indignazioni sulle “scarcerazioni” durante la prima ondata anche nei confronti dei detenuti – malati e quindi in pericolo – dei regimi differenziati, c’è stato un susseguirsi di istanze rigettate da parte dei magistrati di sorveglianza e gip. L'avvocato messo a conoscenza della situazione clinica A un certo punto, magicamente, tutti i vecchi e malati gravi sono diventati compatibili e in grado di essere al riparo dal pericolo Covid. Il paradosso è che ciò avviene quando il contagio nelle carceri ha raggiunto numeri di gran lunga più alti rispetto a prima. Genovese, da settimane è ricoverato in terapia intensiva e, a quanto risulta, non c’è nulla da fare. La direzione del carcere di Opera, in questi giorni, ha messo a conoscenza dell’avvocato Paolo Di Fresco l’evolversi della situazione clinica del suo assistito. L’ultima è arrivata ieri. Per capire di che cosa si sta parlando, vale la pena riportare la relazione medica di ieri: «In anamnesi: allergia a penicillina, cefalosporine, Asa, ipertensione arteriosa sistemica, Bpco ad impronta enfisematosa, associata a fibrosi polmonare (desaturazione al 6'WT nel 2017), ipotiroidismo in terapia sostitutiva attualmente in compenso, diabete mellito di tipo 2, insufficienza renale cronica, cardiopatia ischemica, vasculopatia multi distrettuale (Tea carotidea sx, stenosi inveterata carotide dx; esclusione endovascolare di AAA sottorenale)». La condizione clinica era ben descritta dai medici Ecco la sua condizione clinica che ha da tempo e ora ben descritta dai medici dell’ospedale San Paolo di Milano.Si legge ancora che «durante la degenza veniva impostata terapia secondo protocollo aziendale con desametasone per via endovenosa, celecoxib, remdesivir, eparina s.c a dosaggio scoagulante per l'incremento dei livelli di 0- dimero, ossigenoterapia ad alti flussi con maschera Resevoir. Durante la degenza non si è riscontrato un miglioramento del quadro pneumologico con scambi respiratori ancora gravemente insufficienti nonostante la terapia con c-Pap mediante casco impostata in data 17/11/20. Il paziente in, data 16/11120 aveva già eseguito valutazione rianimatoria che concludeva, vista la fragilità del soggetto per le numerose co-morbidità e la storia clinica, non indicato un approccio terapeutico invasivo. Veniva inoltre impostata terapia antibiotica nel sospetto polmonite ab ingestis» La relazione prosegue spiegando che «attualmente Il paziente appare in progressivo peggioramento nonostante gli alti flussi di ossigeno tramite c-Pap». La situazione clinica è degenerata Poi la conclusione che presagisce l’imminente trapasso del detenuto al 41 bis a Opera: «Infruttuoso ogni tentativo di miglioramento degli scambi respiratori. Contattati pneumologi che ribadiscono la non disponibilità di Niv, il cui utilizzo peraltro non cambierebbe al momento la prognosi infausta e potrebbe solamente arrecare un ulteriore disagio al paziente. Si decide pertanto la rimozione del casco e del sondino naso-gastrico. Si posiziona maschera con 02 terapia ad alti flussi con Reservoir e terapia palliativa. L'instabilità clinica attuale del paziente contrindica un eventuale trasporto c/ o altra struttura)».In via del tutto eccezionale, visto la situazione, il Dap aveva autorizzato una visita dei parenti ma l’Ospedale si è opposto sulla base delle disposizioni sanitarie di carattere generale introdotte dal Dpcm. «A costo di essere banali, quella di Genovese è la cronaca di una morte annunciata. Sapevano tutti che sarebbe finita così, eppure nessuno ha mosso un dito», dice con amarezza l’avvocato Di Fresco a Il Dubbio.