Piercamillo Davigo, togato del Csm che fa parte del collegio della sezione disciplinare che martedì prossimo celebrerà la prima udienza del processo a carico di Luca Palamara, è stato citato come testimone dallo stesso Palamara. Per questo, a prescindere dalla decisione della disciplinare sull’accoglimento della richiesta, dovrebbe astenersi o sarà ricusato. Lo annuncia il legale del pm, il magistrato della Cassazione, Stefano Giaime Guizzi, in una memoria inviata alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. La richiesta di «autorizzazione alla citazione» di Davigo «quale teste a discarico dell’incolpato» è una circostanza che «pone il consigliere Davigo», qualunque sarà la determinazione che assumerà la sezione disciplinare in ordine alla richiesta di escussione dello stesso quale teste, «in una condizione davvero "sui generis", tale da consigliarne l’astensione» oppure «in difetto, da indurre sin d’ora questa difesa a formulare istanza di ricusazione», si legge nella memoria inviata a Palazzo dei Marescialli. Per Davigo infatti, sostiene la difesa di Palamara, »si verrebbe a determinare la singolare situazione di un soggetto che riveste, nello stesso processo, la posizione di teste su (taluni dei) fatti oggetto di incolpazione, nonché di giudice degli stessi».
«Davigo e Fava parlarono delle divergenze di vedute in Procura a Roma»
Nella memoria presentata alla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli dal difensore di Palamara, viene esposto un incontro di Davigo con Stefano Fava, ex pm romano che presentò un esposto alla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura contro l’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo per presunte irregolarità nella gestione delle inchieste sull’avvocato Piero Amara, nel quale i due parlarono di «divergenze di vedute» all’interno della procura di Roma e di quei «possibili conflitti di interesse», oggetto poi dell’esposto richiamato nelle incolpazioni rivolte a Luca Palamara dalla procura generale della Cassazione. È questa per Stefano Giaime Guizzi una delle ragioni per cui Davigo dovrebbe astenersi dal far parte del collegio davanti al quale martedì prossimo inizierà il processo disciplinare a Palamara. «In particolare, il dottor Fava ha riferito che in occasione di un incontro avvenuto a fine febbraio 2019 presso il ristorante "Il Baccanale", oggetto del suo colloquio con Davigo fu oltre ad una sua possibile candidatura alle elezioni per il rinnovo degli organismi dell’Associazione nazionale magistrati, l’esistenza di "divergenze di vedute" all’interno del suo Ufficio di appartenenza (la Procura della Repubblica di Roma), e in particolare di "possibili conflitti di interesse" che egli aveva segnalato "tra il Procuratore ed alcuni indagati"», si legge nella memoria. Durante quell'incontro, Davigo avrebbe «manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento», continua la memoria. «Ricorre, dunque, quella condizione, l’avere il consigliere Davigo "manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio delle sue funzioni" alla quale danno rilievo, nella prospettiva dell’astensione/ricusazione del giudice, le norme» del codice, si legge ancora,
La conferma del pm Amelio
Il pranzo tra Davigo e Fava e il colloquio tra i due sono stati confermato dal pm Erminio Amelio, continua la memoria. Amelio «ha confermato, per avervi egli stesso preso parte. la circostanza del pranzo, "all’inizio del 2019"» tra Fava e Davigo, si legge nella memoria, e «ha confermato che nel mese di marzo 2019 il dottor Fava, dopo avergli riferito di aver "redatto una richiesta di misura cautelare nei confronti dell’avvocato Amara, che non aveva ottenuto il visto del Procuratore" (ciò che aveva determinato "dei contrasti che avevano condotto alla revoca dell’assegnazione"), apprese, dallo stesso, della sua volontà di "fare un esposto, in quanto era preoccupato del fatto che la vicenda potesse andare contro di luì, tanto che il medesimo dott. Amelio ebbe "l’impressione che il suo intento" (ovvero, del dottor Fava) "fosse tutelarsi da una vicenda, in cui si sentiva, suo malgrado, coinvolto", donde "la necessità di rivolgersi al Csm perché temeva di poter subire un danno da quanto accaduto"». Sono state «tali risultanze probatorie» a indurre la difesa di Palamara a chiedere alla sezione disciplinare «l’autorizzazione alla citazione, quale teste a discarico dell’incolpato del consigliere Davigo, costituendo le circostanze suddette fatti idonei a dimostrare l’infondatezza degli addebiti».