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Il processo amministrativo da remoto entra ufficialmente in vigore. Con linee guida precise, stabilite dal presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi e che saranno valide a partire dal 30 maggio, in grado - eccezione nel caos della Giustizia - di garantire il diritto al contraddittorio. E, soprattutto, di mettere d’accordo tutte le parti in causa - organi giudicanti, associazione magistrati e avvocati, in prima linea Unione nazionale avvocati amministrativisti, che hanno firmato il protocollo con il contributo del presidente Mario Sanino e della vice Daniela Anselmi, il Consiglio nazionale forense e l’avvocatura generale dello Stato - per garantire la ripartenza della Giustizia nella “Fase 2” del periodo emergenziale. Le linee guida rappresentano, si legge nella nota del presidente Patroni Griffi, uno «strumento giuridicamente non vincolante», ma lo stesso può, in ogni caso, «stimolare le migliori pratiche, diffondere l’informazione e l’invito alla leale collaborazione presso tutti i singoli avvocati, raccogliere l’adesione convinta delle associazioni su alcuni soluzioni di buon senso e valorizzare il contributo partecipativo e fattivo di queste ultime, in uno sforzo corale che consenta di affrontare al meglio e con il giusto spirito questa, si confida ultima, fase processuale “emergenziale”». Linee guida che, comunque, puntano ad un obiettivo ribadito anche dall’associazione magistrati del Consiglio di Stato: ristabilire, dopo il 31 lugio, termine fissato dal “Cura Italia”, «le ordinarie modalità di svolgimento dei processi, incentrate sulla presenza fisica delle parti e dei giudici». Il documento disciplina la discussione da remoto, prevedendo sostanzialmente tre ipotesi: la richiesta congiunta delle parti di una discussione in modalità virtuale, la richiesta di alcune soltanto delle parti e la discussione della causa disposta dal Presidente del collegio anche in assenza di istanza di parte. Nel primo caso, il presidente dispone la discussione senza alcun problema, nel secondo il presidente valuta l’istanza, mentre nel terzo la discussione è disposta d’ufficio sulla base di necessità legate al caso da decidere. Nel caso in cui sia stata chiesta la discussione orale da una sola parte, «nulla vieta che l’altra partecipi alla discussione», presentando, in alternativa, note d’udienza fino alle 9 del giorno della discussione. Nel caso in cui nessuno abbia chiesto la trattazione orale si procede con il processo cartolare, sulla base degli scritti, da depositare fino a due giorni liberi prima dell’udienza. «L’attribuzione al presidente del potere di decretare la discussione», si legge nel documento licenziato dal Consiglio di Stato, è espressione «di un favor legislatoris per l’oralità». Ovvero di un vantaggio nella trattazione orale, che è architrave del processo stesso. Quanto al rito cautelare, il rischio è che l’udienza sia così imminente rispetto al tempo di deposito del ricorso «da “bruciare” il termine per la richiesta di discussione a disposizione del resistente e dei controinteressati». In questo caso, il presidente può disporre d’ufficio, con proprio decreto, la discussione. In alternativa alla trattazione orale possono essere depositate note di udienza, un misura messa a disposizione del legislatore anche con lo scopo «di disincentivare radicali opposizioni alla discussione orale destinate a “scaricarsi” sulla economicità e celerità del processo». Le note dovranno però essere «brevi» e depositate con anticipo rispetto al giorno dell’udienza per consentire una replica informata, pur rimanendo nella facoltà del presidente di rinviare per consentire l’esame delle stesse. Le parti, in alternativa alla discussione, possono depositare una «richiesta di passaggio in decisione», rispecchiando la dinamica delle udienze “in presenza”, richiesta che può essere avanzata sia per iscritto sia in collegamento da remoto. Per quanto riguarda la richiesta di discussione, il presidente del collegio valuta nel merito l’opposizione, con la facoltà di rinviare la trattazione della causa - ovviamente sulla base di valutazioni che tengano conto dell’importanza e urgenza del contenzioso - nel caso in cui, per motivi di ordine tecnico, il numero delle cause da discutere non sia compatibile con i tempi ragionevolmente a disposizione per lo svolgimento di tutte le attività nella giornata d’udienza, anche in considerazione delle peculiarità organizzative e tecniche che caratterizzano la discussione da remoto. La norma non disciplina le conseguenze processuali degli inconvenienti tecnici dovuti alle apparecchiature utilizzate. Sarà dunque il collegio a valutare la situazione, con il potere, per il presidente, di stabilire il da farsi affinché «la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo», regolando la discussione, determinando i punti sui quali essa deve svolgersi e dichiarandola chiusa «quando la ritiene sufficiente». D’altronde, sarà il presidente a disciplinare i tempi massimi della discussione, pur garantendo la possibilità di concedere repliche, se necessario, «nel rispetto di quel principio di elasticità che ha sempre caratterizzato la discussione e la sua conduzione “in presenza”», pur garantendo tempi massimi di trattazione, come «fattore di garanzia dell’ordinato svolgimento dell’intera udienza e dei tempi di lavoro di tutti i protagonisti (avvocati, magistrati, personale amministrativo)».