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MUSEO STORICO DELLA LIBERAZIONE VIA TASSO
Radio Radicale e Partito Radicale celebrano la festa della Liberazione insieme agli ucraini e agli ebrei, ricordando il passato e senza dimenticare gli attuali scenari nel cuore dell’Europa e sulle rive del Mediterraneo. «La nostra iniziativa – spiega Giovanna Reanda, direttrice di Radio Radicale – nasce per ricordare che la storia ci obbliga a distinguere gli aggrediti dagli aggressori e che la difesa è un dovere, come ci hanno lasciato in memoria tutti coloro che per la nostra libertà sono morti anche a migliaia di chilometri da casa propria».
In occasione delle celebrazioni del 25 aprile, le trasmissioni dell’emittente avverranno da via Tasso. Un luogo non casuale, simbolo della testimonianza attiva in cui rivive la memoria del passato, che dopo l’8 settembre 1943 venne adibito a quartier generale delle SS e utilizzato anche come carcere della Gestapo. Da via Tasso, grazie alla collaborazione della fondazione Museo della Liberazione, Radio Radicale darà vita ad una maratona oratoria, in programma dalle 10 alle 14, che coinvolgerà, oltre al Partito Radicale, l’Ucei, la Comunità ebraica Romana, l’Associazione Sette ottobre, la Sinistra per Israele, la Federazione Associazioni Italia Israele, Il Dubbio, Il Riformista, Il Foglio e alcuni docenti universitari. Questi ultimi si soffermeranno sui tanti episodi che hanno condotto alla Liberazione ed evidenzieranno il valore di una data che ha cambiato il volto dell’Italia e dell’Europa.
«La scelta di celebrare la Festa della Liberazione – aggiunge la direttrice di Radio Radicale - insieme a cittadini ucraini ed ebrei vuole indurre a riflettere sull’importanza di alcune tappe che hanno portato alla nascita dell’Italia liberata dal nazi-fascismo e a distinguere gli aggrediti dagli aggressori. Il 25 aprile è un giorno importante per sottolineare la difesa dei valori della democrazia. Un dovere morale anche per tutti coloro che sono morti a migliaia di chilometri da casa loro. La storia contemporanea ci pone di fronte ad un paradosso: si chiede agli aggrediti di assumere determinati comportamenti e di smettere di difendersi. L’effetto è quello di una memoria storica a corrente alternata».
Il 25 aprile, come ogni anno, porta con sé alcune polemiche e assume un significato ancora più profondo se si pensa a quanto sta accadendo in Medio Oriente e in Ucraina. Purtroppo, la parola guerra è di nuovo prevalente nelle analisi geopolitiche e nelle notizie di giornali, televisioni e radio. «Bisogna rendersi conto – commenta Giovanna Reanda - che la storia, per quanto possa sembrare diversamente, non è di nessuno. In nome di un'idea di storia un po' fantasiosa non si può negare il giusto rilievo a chi ha contribuito alla Liberazione. Il riferimento è alla Brigata Ebraica. Noi italiani siamo stati liberati dai nazifascisti grazie anche al contributo di chi è venuto a fare una guerra qui da noi dall’estero. La guerra è una tragedia e non esistono morti di serie A e morti di serie B. E negli scenari di guerra i bambini devono essere tutelati sempre, così come i civili. Le condizioni che si pongono ad alcuni popoli che fanno oggi i conti con la guerra sono, a mio avviso, fuori dalla storia».
Potrà il 25 aprile essere davvero la festa di tutti gli italiani? «Il punto vero – riflette la direttrice di Radio Radicale - è che il 25 aprile 1945, storicamente parlando, non ha segnato una riconciliazione, ma ha segnato un punto di svolta. Sappiamo bene che nella lettura del post, anche del post-guerra, ha generato tante discussioni con un dibattito intorno al fascismo e all'antifascismo che dura tuttora. In Italia è mancato quello che invece in altri Paesi è avvenuto da tempo. Pensiamo alla Germania. Nel 1944 l’immagine di Roma, città in cui ha operato la banda Koch, dove c'è stato l'eccidio delle Fosse Ardeatine dopo l'attentato di Via Rasella, dove qualche mese prima c'era stato il rastrellamento del Ghetto, era quella di una città affamata, terrorizzata, devastata. Quello che poi è seguito nei mesi successivi ovviamente non ha cancellato tutto questo. L'Italia che è nata dal 25 aprile ha fatto molta fatica a rialzarsi anche perché il fascismo non è stato solo una forma di governo per gli italiani. Su questo punto, secondo me, dovremmo continuare a riflettere, non tanto per la paura che possano tornare il manganello, il fez, che possa ripetersi la marcia su Roma, tutti simboli di un certo passato che vanno contestati e vanno ostracizzati. Il vero problema è il modo di pensare, è la storia della mentalità che forse andrebbe rivista».