Il dl Flussi avrà un impatto significativamente negativo sull’organizzazione e sul funzionamento dei tribunali italiani in materia di protezione internazionale, mettendo a rischio le risorse del Pnrr. A dirlo è la Sesta Commissione del Csm, in un parere che verrà votato il 4 dicembre e che verrà poi inviato al governo. A votare contro solo il laico di centrodestra Felice Giuffrè. La normativa introduce la composizione monocratica dei tribunali per le decisioni relative alla protezione internazionale, contrariamente alla precedente composizione collegiale. Un cambiamento che, combinato con l’introduzione della possibilità di presentare un reclamo in appello contro le decisioni monocratiche, mira a gestire meglio il flusso di casi, ma potrebbe anche portare a un aumento del numero di ricorsi e a rallentamenti nei tempi di risposta, dato che le Corti d’Appello dovranno occuparsi di nuove impugnazioni.

I dati suggeriscono che il numero di ricorsi e la durata dei procedimenti continuano a crescere, con una durata media dei procedimenti in aumento (oltre 900 giorni per le impugnazioni nel periodo 2023- 2024), creando una situazione di “sofferenza” nei tribunali, che sono chiamati a smaltire una mole di lavoro sempre maggiore. L’ampliamento della lista dei Paesi sicuri, si legge nel parere, potrebbe determinare «un incremento delle istanze di sospensiva e, di conseguenza, del numero delle ( eventuali) impugnazioni in appello delle decisioni rese dalle Sezioni specializzate in relazione a tali istanze».

Ma non solo: «l’attribuzione della competenza alle Corti d’appello imporrà una riorganizzazione degli uffici giudiziari di secondo grado», che si troveranno investiti di un numero di reclami sempre più alto, in base al trend statistico, «in una materia che, come riconosciuto dallo stesso legislatore, richiede di essere trattata non solo con celerità e priorità rispetto agli altri procedimenti, ma anche da magistrati che siano in possesso di specifiche competenze e che seguano appositi percorsi di formazione».

Un ulteriore effetto negativo sarebbe l’allungamento dei tempi di definizione dei procedimenti relativi agli altri affari civili di competenza delle Corti d’appello e dal momento che non è previsto, in parallelo, un aumento degli organici degli uffici di secondo grado, «va tenuto presente e valutato il rischio concreto di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi fissati per il settore giustizia dal Pnrr».

Ma non solo: analizzando l’emendamento 16.4, la Sesta Commissione evidenzia come «non appaiano allo stato intellegibili né le ragioni poste a fondamento dell’inedita sottrazione alle Sezioni specializzate dei Tribunali distrettuali di procedimenti – quelli appunto sulle convalide dei trattenimenti dei richiedenti asilo – tipicamente assegnati ai giudici di primo grado e il loro affidamento, per saltum, alle Corti d’appello, né i motivi che inducono il legislatore a ( proporre di) cancellare uno dei cardini dell’intervento normativo d’urgenza ( vale a dire la re- introduzione del reclamo in appello)».

Le Corti d’appello competenti sulle convalide dei trattenimenti sono inoltre individuate con un rinvio alla legge n. 69 del 2005, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. «Se la disposizione dovesse intendersi come finalizzata esclusivamente a individuare il giudice territorialmente competente, il richiamo della disciplina dell’esecuzione del mandato di arresto europeo potrebbe risultare superfluo, essendo sufficiente, ai fini suddetti, il riferimento alla sede del questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida».

E volendo andare fino in fondo, «l’unico spazio per ritenere che la competenza sulle convalide dei trattenimenti possa essere attribuita alle Sezioni civili delle Corti di appello è quello di affidare, con provvedimento organizzativo del singolo ufficio giudiziario, a tali ultime Sezioni anche la materia del Mae e delle procedure di consegna». Il rinvio alla legge 69/ 2005 è stato quindi considerato potenzialmente problematico, poiché crea confusione e potrebbe suggerire una connessione tra il trattamento dei richiedenti asilo e i procedimenti penali. La modifica proposta, infatti, creerebbe una scissione tra i giudici competenti a decidere sul merito del riconoscimento del diritto d’asilo e quelli che dovrebbero occuparsi della legittimità dei trattenimenti dei richiedenti asilo, separando procedimenti intrinsecamente legati tra loro. Tale emendamento, insomma, «da un lato, stravolge il contenuto normativo del decreto- legge», sopprimendo «il reclamo in appello sul merito ( appena reintrodotto), pur lasciando ferma la possibilità di reclamo avverso le decisioni sulle istanze di sospensiva» e dall’altro «incrina il consolidato assetto giurisdizionale in tema di convalida dei trattenimenti, sin qui imperniato – per evidenti ragioni di coerenza sistematica (...) e di salvaguardia delle esigenze di specializzazione affermate dal Consiglio superiore della magistratura e dallo stesso legislatore – sull’attribuzione della relativa competenza alle Sezioni specializzate in materia di immigrazione».