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«Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, si è affidata a Lorenzo Borrè, ex avvocato di Priebke. Qualcuno dovrebbe spiegarle che anche tra gli avvocati griffati c’era qualcosa di meglio, a livello di comunicazione»: con questo tweet del 2 dicembre Selvaggia Lucarelli sembra essere caduta nel solito cliché per cui l’avvocato è assimilabile al suo assistito e al reato da lui commesso. Basterebbe replicare come fece il famoso avvocato francese Jacques Verges: «Je ne suis pas l’avocat de la terreur, mais l’avocat des terroristes. Hippocrate disait: "Je ne soigne pas la maladie, je soigne le malade". C’est pour vous dire que je ne défends pas le crime mais la personne qui l’a commis». Eppure si tratta di una distorsione culturale che interessa purtroppo una grossa fetta dell’opinione pubblica. Lo dimostrano i tanti casi che vi raccontiamo spesso su questo giornale. Il più recente riguarda l’omicidio di Serena Mollicone ad Arce. A luglio di quest’anno la Corte di Assise di Cassino ha assolto l'intera famiglia Mottola dall'accusa di aver ucciso ventuno anni fa la giovane. Fuori dal Tribunale sia i Mottola che i loro avvocati e consulenti hanno rischiato un vero e proprio linciaggio: sono stati aggrediti dalla folla inferocita con spintoni e sputi e la situazione si è resa talmente incandescente che sono dovute intervenire le forze dell'ordine per creare un cordone intorno a loro per condurli nella sede dove era stata programmata una conferenza stampa. Come ha detto l'avvocato Francesco Germani, a capo del pool difensivo: «È molto triste vivere in un Paese dove per fare una conferenza stampa bisogna essere scortati dalla polizia, è molto triste ed amaro vivere in un Paese che non rispetta le sentenze dei giudici perché si ritiene da parte dei più che giustizia significhi solo condannare». Poco prima vi avevamo partecipato la storia di tre avvocati viterbesi - Domenico Gorziglia, Marco Valerio Mazzatosta, Giovani Labate - colpevoli, secondo gli hater di Facebook, di assistere due giovani ex militanti di CasaPound arrestati nell'aprile del 2019 per lo stupro ai danni di una 37enne, avvenuto in un pub del capoluogo laziale. Così hanno scritto: «Ma gli avvocati sono i peggio», «i due vanno condannati in base alle leggi, vanno puniti, ma chi andrebbe arrestato seduta stante deve essere l'avvocato» e ancora «Lasciateli al popolo, saprà fare giustizia più di quella togata... non dimenticate il legale che andrebbe anche radiato». La Camera penale viterbese ha presentato anche querela con gli odiatori social e nonostante la richiesta di archiviazione del pm, il gip ha disposto nuove indagini, deducendo che la querela è stata giustamente presentata dalla Camera Penale di Viterbo che ha tra i suoi scopi statutari quello di «tutelare la dignità, il prestigio ed il rispetto della funzione del difensore». E che dire delle minacce di morte ricevute da Massimiliano e Mario Pica, ex legali di tre indagati per la morte di Willy Monteiro Duarte? Allora commentò con noi il presidente dell’Unione Camere Penali Gian Domenico Caiazza: «Il clima è quello tipico di un Paese che ha smarrito la cultura civile e liberale. L'avvocato, in un contesto imbarbarito dai processi che si svolgono parallelamente sui media, diventa un ostacolo alla giustizia sommaria, quindi da minacciare ed eliminare». Ad aprile dello scorso anno vi abbiamo raccontato la storia di due avvocate di Brescia S.L. e M.M processate e insultate dal Tribunale del popolo per aver fatto assolvere un uomo accusato di violenza sessuale: «Ma questi avvocati non si vergognano a difendere un delinquente simile. Lo schifo assurdo che per i soldi non si guarda in faccia nessuno, eppure sono donne ma nessuna solidarietà. Il denaro e la carriera sono superiori al dramma di questa ragazza»; e persino più grave: «Che non debbano mai provare nessun tipo di violenza queste sottospecie di avvocati». Altro caso mediatico, altro attacco agli avvocati. Andrea Starace e Giovanni Bellisario, legali di Antonio De Marco, reo confesso del duplice omicidio di Eleonora Manta e Daniele De Santis, sono finiti nel mirino dei leoni da tastiera: «Anche l'avvocato dovrebbe andare in carcere», «non vi vergognate a difenderlo», «se le vittime fossero stati i vostri figli vi sareste comportati allo stesso modo?». Nel 2017 alcuni balordi diedero fuoco alla macchina dell'avvocato Pierluigi Barone. Dopo ricevette una telefonata anonima al suo studio: «Il tuo cliente è un assassino», riferendosi ad uno dei cinque giovani, difeso da Barone, indagato al tempo con altri per omissione di soccorso per la morte del 18enne Matteo Ballardini. Proprio al Dubbio l'avvocato raccontò che nella telefonata fecero altre minacce: «Mi hanno detto che poi toccherà alla casa, e poi a mia moglie. Paura? Io sono un legale e non mollo i miei clienti. Questo modo di fare violento mina i principi base della Costituzione e della civiltà. E noi non possiamo cedere». «Volevo complimentarmi con gli avvocati Mario Scarpa e Ilaria Perruzza, che assistono i 4 maiali stupratori di Rimini! Complimenti per la dignità che avete dimostrato nell’accettare la difesa e non aver rifiutato! Questo Stato tra qualche anno li promuoverà facendoli entrare a pieno diritto nella Casta dei Togati. Nel frattempo speriamo che il tempo regali ad entrambi l’esperienza vissuta dai due polacchi», fu invece uno dei tanti messaggi gravemente offensivi indirizzati ai due avvocati che assunsero l’incarico difensivo di quattro immigrati accusati dello stupro e della violenza avvenuti nei confronti di una giovane polacca e di un suo amico. Come scrisse Ettore Randazzo: «Tutti devono essere processati e dunque difesi. Incondizionatamente; altrimenti basterebbe un'accusa grave e infamante per giustiziare sommariamente una persona, espellendola dal consesso civile; non possiamo di certo consentire una simile barbarie».