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Carlo Nordio
Potremmo dire che lo scenario è chiaro. Chiarissimo anzi. Anche se, per carità, le incognite in politica non finiscono mai. Ma insomma, ormai è evidente che Carlo Nordio non ha intenzione di modificare l’impianto della riforma Cartabia. Se non con la invocata disciplina transitoria che faciliti il passaggio da un regime normativo all’altro, e con misure strutturali, in particolare sul fronte dell’esecuzione penale, che consentano di rendere praticabili tutte le novità introdotte dalla ex guardasigilli, soprattutto sul fronte delle pene alternative. Sono due indizi a corroborare tale scenario, e a suggerire dunque che la parte garantista del testo Cartabia non dovrebbe essere “manomessa” nella conversione del decreto 162, ora in Senato. Il primo indizio consiste nelle dichiarazioni rilasciate dal numero due di via Arenula, Francesco Paolo Sisto, l’altro ieri sera a Milano, a margine dell’incontro “Italia direzione Nord”. «La riforma Cartabia, dal punto di vista strutturale, resta esattamente così com’è», ha detto il viceministro, «non ci possiamo permettere dei divertissement perché l’Europa ha già dato il via libera ad alcuni fondi e dovremmo andare a ricontrattare, e questo non è consentito». Difficile ottenere, sulla volontà del dicastero di via Arenula, un’interpretazione più autentica. Le considerazioni di Sisto provengono, oltretutto, da chi ha avuto modo di confrontarsi a riguardo non solo con Nordio ma anche con i due sottosegretari, vale a dire Andrea Delmastro e Andrea Ostellari, i quali a loro volta rappresentano, al ministero della Giustizia, Fratelli d’Italia e la Lega, i due partiti che, nella maggioranza, più potevano essere propensi a un ridimensionamento delle aperture contenute nella riforma sul fronte delle pene extracarcerarie. Ma oltre alle parole di Sisto c’è, come detto, un ulteriore dato molto concreto: a via Arenula Nordio ha voluto predisporre due gruppi di studio sulle modifiche tecnico-procedurali da apportare alla riforma Cartabia durante l’esame del decreto 162; ebbene, la prima delle due commissioni è concentrata sulla definizione delle misure transitorie necessarie per gestire il passaggio dal vecchio al nuovo regime normativo, mentre l’altro gruppo ha il compito di mettere a punto gli interventi necessari sul fronte delle strutture giudiziarie, per esempio nelle attività degli Uepe, gli Uffici per l’esecuzione penale esterna. Ecco: da queste due commissioni ministeriali dovranno essere prodotte le proposte di emendamenti governativi al decreto 162, sul quale ieri si sono svolte le prime audizioni in commissione Giustizia al Senato (come riferito dettagliatamente in altro servizio del giornale, ndr), e che seguirà un iter velocissimo. Da via Arenula sono cioè già in fase di scrittura quelle integrazioni necessarie a soddisfare le esigenze di coordinamento tecnico-normativo e organizzativo avanzate dalla magistratura (e ribadite, sempre nelle audizioni di ieri, dal presidente Anm Giuseppe Santalucia). Ma non c’è alcunché - fra quanto i due gruppi di lavoro allestiti al ministero hanno alla loro attenzione - che riguardi il merito della riforma Cartabia. E che possa dunque ridimensionare il provvedimento sul fronte delle misure extracarcerarie. Ora, è evidente che il Parlamento resta sovrano. Ma è evidente pure come interventi del Senato e della Camera che contraddicessero la prospettiva del ministro sarebbero insostenibili, anche considerati i tempi stretti imposti sulla legge di conversione. Va anche detto che, sempre nell’incontro milanese dell’altro ieri sera, Sisto è stato nettissimo anche quando ha spiegato come, nella stessa Manovra del governo Meloni, gli interventi immediati sul fronte giustizia riguardino proprio il rafforzamento dell’esecuzione penale esterna: «In legge di Bilancio abbiamo indicato alcune priorità, come le assunzioni di personale sia nella polizia penitenziaria sia negli uffici giudiziari: c’è un’esigenza relativa alla esecuzione esterna per le nuove pene sostitutive, in modo da garantire delle pene a misura d’uomo, a misura d’imputato, diverse dal carcere, per problemi di sovraffollamento». La svolta di Cartabia, per quanto suscettibile forse di ulteriori futuri allargamenti, non può essere contraddetta. E tale assioma trova conforto persino nella Manovra che l’esecutivo Meloni si appresta a varare.