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Pecorella
Senza giri di parole, il penalista ed ex presidente della commissione Giustizia Gaetano Pecorella definisce il decreto uscito dal Consiglio dei ministri due giorni fa una sorta di “controriforma”, connotata da “finto garantismo”.
Presidente Pecorella, il decreto legge su ergastolo ostativo e riforma Cartabia segna la rotta del governo Meloni sulla giustizia?
Mi augurerei di no, perché se andiamo avanti di questo passo più che fare delle riforme si fanno delle controriforme. Intanto, la riforma Cartabia, seppur sotto certi versi debole ed incompleta, è un piccolo passo avanti e viene sospesa per due mesi per attrezzare gli uffici. Non credo proprio che le riforme del processo richiedano due mesi di tempo, perché gli uffici siano pronti ad applicarle. Piuttosto, temo che sia un modo, come capita in Italia, per rinviare una volta, due volte, tre volte. E comunque per approfittare di questo rinvio per modificare le norme garantiste che la riforma Cartabia otteneva.
Il rinvio al 31 dicembre dell’entrata in vigore della riforma penale può portare, in fase di conversione, a interventi restrittivi da parte del Parlamento?
Io temo di sì, perché un rinvio di due mesi, con un decreto legge che apre la strada in sede di conversione a fare le modifiche annunciate, rischia davvero di farci fare dei passi indietro. La riforma Cartabia noi penalisti l’abbiamo ritenuta ancora del tutto insufficiente per un nuovo processo penale più rapido, più garantito. Era, però, comunque un passo avanti. Ora il rischio è che, in questi due mesi e in sede di conversione del decreto, si possano cancellare alcune norme o introdurre, come la questione dell’ergastolo fa temere, norme contrarie anche ai principi costituzionali. Io credo che chi ha scritto queste leggi, soprattutto quella sull’ergastolo, o ha frainteso volutamente quello che voleva fare la Corte costituzionale oppure non l’ha capito. Sembra quasi che si sia anticipata la Corte nella direzione che la stessa Corte aveva intervenendo su questa materia.
Il ministro della Giustizia sarà in grado di mediare tra le pulsioni giustizialiste, “manettare” sotto certi versi, dei partiti di destra della coalizione di governo e quelle garantiste di Forza Italia?
Mi pare molto difficile, perché questi primi provvedimenti vanno in senso decisamente contrario alle garanzie. Sono provvedimenti scritti da chi, secondo me, conosce molto bene le leggi di pubblica sicurezza, ma non conosce affatto bene né il Codice penale né il Codice di procedura penale, ma, soprattutto, non conosce bene la Costituzione. Mi riferisco, in particolare, alla cosiddetta norma sulle feste non autorizzate, sui rave.
Il governo ha introdotto misure molto pesanti sulle cosiddette feste abusive, e quello che già viene ribattezzato “reato di rave”. Pensa che ci sarà una tensione permanente nella maggioranza a causa della diversa visione su giustizia ed ordine pubblico?
C’è stato l’intervento del ministro degli Esteri per limitare gli effetti di questa norma, scritta, mi permetta di dirlo, da chi ha ignoranza del diritto. Già oggi esiste la norma sull’invasione degli edifici, che è punita nel caso di un numero superiore a cinque persone. Ora, invece, viene richiesto un numero superiore a cinquanta. Io mi domando che cosa succederà con questa norma. Apparentemente, è il segno di quella che chiamavo ignoranza del Codice penale. Apparentemente, sembra una norma restrittiva. L’invasione da parte di cinque persone di un terreno o di un edificio comporta già la pena vicino a quattro anni e richiede soltanto un numero superiore a cinque.
Domani dovranno essere cinquanta e ci dovrà essere una messa in pericolo per l’ordine pubblico e la sanità, ignorando, poi, come sia possibile che un rave metta in pericolo l’ordine pubblico visto che si svolge in un luogo chiuso e limitato, come nel caso di Modena. Stiamo assistendo ad una “norma manifesto”, ad alcuni pasticci con l’aggiunta di norme all’interno del Codice. Alla fine avremo difficoltà di interpretazione.
La cosa che preoccupa è che la norma, per come è stata scritta, possa essere applicata ben al di là dei rave. Pensiamo al caso delle occupazioni delle università. Teoricamente, ma penso che non arriveremo a questi paradossi, persino la festa dell’Unità potrebbe essere considerata pericolosa per l’ordine pubblico. Stiamo aprendo le porte a valutazioni discrezionali, contrarie al principio di tassatività del Codice penale con interpretazioni a piacimento. Il contrario di un diritto penale liberale, rispettoso del principio della legalità. Vedo un futuro molto oscuro.
Secondo lei, qualcuno in Forza Italia già si pente di Nordio in via Arenula?
Io credo che il ministro Nordio sia schiacciato dai cosiddetti falchi. In particolare mi sembra che il ministro dell’Interno, avendo un passato da prefetto, ragioni da prefetto e non da giurista al di sopra della sua funzione. Mi pare di vedere in questo governo il ministro Nordio con la bandiera del garantismo, che, però, serve poco. Mostra questa bandiera, ma alla fine le nuove norme e questo decreto legge vanno nel senso del tutto opposto al garantismo.
Il ministro Nordio ha più volte rilevato che le intercettazioni costano troppo e vanno ridotte. Sarà un altro cavallo di battaglia del nuovo responsabile della Giustizia?
Visto che si è espresso in questo senso, se è un uomo coerente, deve essere un cavallo di battaglia da portare avanti senza esitazioni. Temo, però, che questi cavalli di battaglia siano un modo per salvare la sua dignità di magistrato, di garantista e di uomo di cultura. Poi, alla fine, data la composizione del governo, rischia di trovarsi sempre in minoranza. Credo che dovrebbe avere tutto il sostegno dell’avvocatura. Io penso, al tempo stesso, che davanti a certe norme, introdotte con il recente decreto legge, l’avvocatura dovrebbe reagire non solo con un comunicato stampa di critica. Ma anche con delle iniziative pesanti, come l’astensione o comunque richiedere incontri al presidente del Consiglio e al ministro della Giustizia. Siamo di fronte ad un andare indietro, anziché andare avanti come faceva sperare la ministra Cartabia.