Avvocati spiati, giornalisti intercettati e ora anche interpreti inadeguati e atti non tradotti. Il più grande processo contro le Ong, a cinque anni dal sequestro della nave Iuventa, rimane ancora fermo al palo. Il tutto per colpa di una falla sistemica, che mette a rischio i diritti fondamentali degli indagati.
Niente interprete per le Ong tedesche
L’ultimo capitolo della vicenda risale a sabato, quando
Dariush Beigui, capitano della nave Iuventa della tedesca Jugend Rettet (difeso da Nicola Canestrini, Alessandro Gamberini e Francesca Cancellaro), ha chiesto di essere interrogato. Ma una volta arrivato in Questura a Trapani l’interrogatorio si è interrotto dopo pochi minuti, per via dell’inadeguatezza dell’interpretazione. «Ci era stato chiesto di portare un interprete di fiducia - spiega Canestrini al
Dubbio -, ma ho evidenziato che tale compito spetta allo Stato. In Questura si è dunque presentata un’interprete di madrelingua tedesca, laureata in pedagogia, etnologia e sociologia, iscritta all’albo da 15 anni, che già in passato ha lavorato per il Tribunale di Trapani, ma di professione guida turistica. E non è stata in grado di tradurre nemmeno parole semplici come imputato, verbalizzante o verbale. Com’è possibile affrontare un interrogatorio in queste condizioni quando si corre il rischio di finire in carcere per 20 anni? Ho inoltre chiesto di predisporre la fonoregistrazione - aggiunge -, ma non c’erano i mezzi tecnici per farlo. Ho dovuto farlo io con il cellulare». L’interrogatorio è stato rinviato al 12 novembre, col rischio di far slittare ulteriormente il calendario dell’intero procedimento.
Il caso fa emergere però problemi ricorrenti che toccano tutti gli alloglotti, i migranti e i soccorritori. Ciò nonostante la
direttiva 2010/64/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, che impone che vengano tradotti gli atti fondamentali per garantire che gli indagati siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento. «La grande ipocrisia europea - aggiunge Canestrini - è che i governi non hanno indicato quali atti vadano tradotti. E secondo la procura sarebbe bastato il solo avviso di conclusione indagini - due pagine dove venivano indicate le accuse - su 30mila pagine di fascicolo, in un’inchiesta in cui gli indagati vengono accusati di concordare i soccorsi con i trafficanti. Abbiamo dunque fatto ricorso al gip, che ha ordinato di tradurre l’informativa di polizia - 700 pagine - ma non gli allegati, circa 200, che contengono anche le testimonianze dell’undercover. Ci è stato detto che per comprendere l’accusa sarebbe bastato il riassunto della polizia». Una vera e propria lesione del diritto di difesa, che assieme all’assenza di interpreti adeguati al compito ha spinto Iuventa a lanciare una campagna social con l’hashtag
#NoTranslationNoJustice.
Diritto violato in tutta Europa
«Questo diritto è violato in tutta Europa - continua il legale -. Se Trapani non riesce a trovare un traduttore per il tedesco, che è una lingua comunitaria, non oso immaginare cosa possa accadere con i dialetti arabi. Poiché questo errore non è nemmeno riconosciuto a livello Ue, chiederemo al Tribunale di Trapani di
rinviare il caso alla Corte di Giustizia europea». Un errore grossolano, che avviene nel più grande processo contro i soccorritori civili in mare, quello sul quale la politica ha puntato tutto per criminalizzare le Ong e che ha dato vita all’infelice espressione
“taxi del mare”, che ha di fatto associato i volontari ai trafficanti di uomini. «In questa vicenda - conclude Canestrini - abbiamo assistito ad una plurima violazione dei diritti fondamentali, dopo
le intercettazioni che hanno riguardato avvocati e giornalisti. E siamo ancora agli inizi». Lo scorso anno, dopo lo scandalo relativo alle intercettazioni, l’allora ministra della Giustizia, Marta Cartabia,
aveva avviato accertamenti sulla procura di Trapani, suscitando le ire di Fratelli d’Italia, all’epoca all’opposizione. «Gli inquirenti siano lasciati liberi di svolgere il loro dovere senza alcun genere di intromissione e pressione eversiva», aveva commentato l’allora Questore della Camera e membro della commissione Affari Esteri Edmondo Cirielli.
Leggi anche: «Prima c’è la giustizia, poi la legalità. Se la legge è quella dei respingimenti in mare io la contrasto» «Ci stiamo assumendo il rischio di un interrogatorio volontario che potrebbe finire per essere usato contro di noi per poter finalmente andare avanti in questo caso - ha commentato Beigui con una nota -. Crediamo che il soccorso in mare e la fuga non siano reati e, quindi, non abbiamo nulla da nascondere. Ma la qualità dell’interpretazione era del tutto inadeguata per chiarire questioni essenziali». Secondo Daniela Amodeo, presidente di Eulita - Associazione europea di interpreti e traduttori legali -, il problema riguarda l’intera Europa. «La retribuzione ridicola tiene gli interpreti qualificati lontani dalle aule di tribunale, con la conseguenza che le udienze devono essere sospese, si perde tempo e i costi aumentano - si legge in una nota -. Non è tollerabile che gli Stati membri non rispettino le disposizioni sulla formazione e la qualità degli interpreti e dei traduttori legali e sul diritto di indagati e imputati di comprendere la lingua del procedimento penale e di essere compresi».