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MARCELLO VENEZIANI SCRTTORE
Il centrodestra si appresta a governare il Paese tra pressioni internazionali e primi contrasti interni. Giorgia Meloni è al lavoro sulla lista dei ministri ed è attesa alle prime prove in una fase che sarà molto difficile da gestire fra congiuntura internazionale e i morsi della crisi economica. Marcello Veneziani si dice ottimista sulle possibilità che il nuovo esecutivo saprà trovare la rotta giusta.
Se lo aspettava questo risultato alle urne?
Complessivamente me lo aspettavo negli ultimi mesi. Il clima si era determinato in un certo modo e restava solo da azzeccare i numeri della vittoria.
Una maggioranza piuttosto solida quella che hanno attribuito gli italiani al centrodestra…
Relativamente solida. Come tute le maggioranze vive qualche incertezza e qualche inquietudine, comparando la situazione attuale a quelle del passato, questa può essere una maggioranza più solida di tante altre.
Che premier sarà Giorgia Meloni?
Credo che sarà un premier molto prudente. Privilegerà la continuità e credo che i cambiamenti saranno pochi, magari qualcuno soltanto simbolico. Non penso a cambiamenti radicali, perché dovrà reggere la forza d’urto dell’establishment interno e internazionale che ha un’avversione e tanti pregiudizi verso la destra.
Si riferisce ai rapporti di Meloni e Salvini con Orban ad esempio?
Guardi che quei rapporti resteranno positivi, ma sono marginali. Non è possibile immaginare che una grande democrazia come l’Italia si possa fare influenzare da due o tre nazioni dell’est con peso specifico molto relativo. Giocoforza gli interlocutori principali resteranno le nazioni come Francia e Germania. Le preoccupazioni enfatizzate in tal senso mi sembrano avere scopi propagandistici.
In queste prime giornate dopo il voto Meloni non sembra fidarsi di Salvini al quale non vorrebbe affidare ministeri chiave. Le tensioni tra Fdi e Lega possono influenzare l’azione del governo?
Mi pare si tratti di un racconto giornalistico in voga in questo momento. Si prova a mettere in contraddizione gli alleati. Vecchio gioco. In realtà ho sentito un Matteo Salvini dimesso e aperto nei confronti della coalizione. Non credo poi che Giorgia Meloni sia così suicida da cercare di scavare un fossato tra lei e Salvini. Ci saranno tensioni e richieste che verranno in parte accettate e in parte no. Ritenere però che la coabitazione con Salvini si possa trasformare in un grande travaglio mi pare una lettura capziosa e irreale.
Però alcune differenze di vedute tra i partiti di maggioranza sono evidenti, sia sulla linea della politica internazionale che su grandi temi come presidenzialismo e autonomia…
Le differenze maggiori le vedo con Forza Italia e Silvio Berlusconi che avrà un ruolo importante, considerando che i suoi voti sono decisivi per governare. Le tensioni con gli alleatici ci saranno, ma se paragoniamo queste tensioni a quelle dei governi passati, mi sembra che si stiano facendo inutili grida d’allarme. Non sono contrasti così profondi da mutare l’interesse comune a conservare maggioranza e governo.
Prevede dunque un governo destinato a durare nel tempo?
Io penso che i rischi per il governo arriveranno da tempeste esterne e non interne alla maggioranza. Oggettivamente il pericolo di un’implosione è sicuramente inferiore a quello di un accerchiamento.
Che intende? Quali tempeste esterne?
Possono essere soprattutto pressioni internazionali. La strategia dei poteri in questo momento mi pare sia quella di accerchiare il nascente governo per ottenere prove di lealtà all’establishment, cioè di sottomissione alle direttive. Questo accerchiamento potrebbe colpire e affondare Meloni se lei si mostrerà debole, altrimenti si risolverà in un’accettazione o persino un corteggiamento anche con delle lusinghe, se il nuovo governo troverà il modo giusto per confrontarsi con la Commissione Europea, ma anche con il Quirinale e con tutti i poteri internazionali e interni.
Un accerchiamento teso ad ottenere un nuovo governo di salute pubblica?
Certo che la finalità è questa. Si vorrebbe proseguire all’infinito con governi come quello guidato da Draghi, prescindendo dal ritorno alla politica e alla sovranità popolare. Governi fragili che, proprio a causa della loro debolezza, sono maggiormente pilotabili e dunque commissariabili dai tecnocrati.
Che suggerimento si sente di dare per i primi passi che il nuovo governo dovrà compiere in un momento così delicato?
Trattandosi di una fase determinante ma ancora nascente, il nuovo governo dovrà essere in grado di saper giostrare fra audacia e prudenza. Dove ci si aspetta prudenza si dovrà essere audaci e, al contrario, prudenti dove ci si aspetta audacia. Dovrà sapere ben bilanciare queste due forze. Per il resto è tutto prematuro.