È alle battute finali il processo a carico di Benno Neumair, reo confesso dell’omicidio del padre Peter e della madre Laura Perselli e dell’occultamento dei loro corpi, avvenuti il 4 gennaio 2021 a Bolzano. Dopo diciotto udienze, il 27 settembre sarà ascoltato l’ultimo teste della difesa e a metà novembre ci saranno le discussioni finali, seguite dalla sentenza. La difesa sarebbe indirizzata a chiedere l’assoluzione per il primo delitto, essendo Benno, a loro parere, totalmente incapace di intendere e volere, e l’attenuante della seminfermità per il secondo. L’accusa potrebbe puntare invece all’ergastolo. C’è molta attesa per la decisione della Corte che dovrà decidere sostanzialmente se il futuro di Benno è in carcere o in una Rems. Come ci racconta il legale del ragazzo, l’avvocato Flavio Moccia, «si è modificato molto il quadro. Inizialmente era molto negativo nei confronti dell’imputato, anche a causa della narrazione fatta dai mass media, attraverso cui Benno appariva come un mostro criminale. L’aspetto psichiatrico sembrava solo uno strumento al servizio della strategia difensiva. Invece nel corso delle udienze, soprattutto nelle ultime, si è modificato il contesto storico ed è venuto fuori che la famiglia del ragazzo non era quella del Mulino Bianco e il mio assistito aveva sofferto moltissimo nel corso degli anni, soprattutto per la preferenza dei genitori verso la perfetta sorella Madè, con la quale lo mettevano spesso a paragone. Questo è emerso anche dalla testimonianza della maestra di infanzia e persino dalla zia, la sorella della madre di Benno, l’unica ad essere rimasta vicina al ragazzo. Questa condizione familiare, gli ultimi avvenimenti nell’anno precedente alla tragedia, i litigi, la patologia rilevata dai consulenti hanno creato lo scompenso omicidiario». Proprio l’insegnante della scuola d’infanzia aveva detto in aula: «Benno era un bambino con dei problemi ed io lo dissi a sua mamma Laura. Lei però rispose che lo aveva portato da una sorta di stregone, durante le loro vacanze a Bali, per togliere a Benno gli “spiritelli maligni”». Tutto ruota insomma sulle perizie dei consulenti che hanno scandagliato la mente di Benno. Il professor Pietro Pietrini, psichiatra di fama internazionale e direttore del Molecular Mind Lab presso la Scuola Imt Alti Studi Lucca, consulente della difesa insieme al professor Giuseppe Sartori, Ordinario di neuropsicologia forense, e alla dottoressa Cristina Scarpazza, psicologa, entrambi dell’Università di Padova, ci spiega: «Benno ha un grave disturbo della personalità, con aspetti narcisistici, antisociali, istrionici e passivo-aggressivi. Su questa patologia psichiatrica grave, che è in nesso di causa con gli atti omicidiari, c’è concordanza tra periti e consulenti, benché qualcuno abbia fatto una distinzione tra gravità clinica e gravità forense. Il litigio col padre, che precede dunque il primo omicidio, mette in discussione quell’equilibrio precario che Benno aveva faticosamente ritrovato: una sua stanza, benché avesse una porta scorrevole grazie alla quale i genitori potevano piombargli dentro quando volevano, una quota di 300 euro per l’affitto, l’uso indipendente della cucina. Il padre però poi gli dice che deve sborsare 700 euro, perché erano in tre in casa e la somma totale era circa di 2000 euro. Quello è stato l’elemento scatenante». Il neuroscienziato prosegue: «Ho usato l’espressione utilizzata in verità dai periti del giudice che hanno sostenuto che quell’episodio è stato come “girare la chiavetta in un motore di una macchina”. La patologia di Benno è la camera di compressione, quella che fa detonare la miscela come in una automobile. Dopo di che il comportamento del ragazzo diventa sostanzialmente simile a quello del pistone nel motore, non può far altro che mettersi in moto. Come ho risposto a chi me lo ha chiesto in Aula, se Benno non avesse avuto questa patologia non ci sarebbe stata metaforicamente quella detonazione». Benno pertanto «avrebbe avuto una discussione con il padre, forse sarebbe arrivato anche a spintonarlo, a spaccare qualcosa, a sbattere le porte ma la probabilità che commettesse l’omicidio sarebbe stata identica a quella di chiunque altro». La tesi è chiara: «È la patologia che annulla la sua capacità di poter fare altrimenti, siamo in presenza di un vizio totale della capacità di volere, è un reato d’impeto che va ad iscriversi su una condizione morbosa grave. Dopo di che si innesca uno stato di alterata coscienza all’interno del quale Benno compie il secondo omicidio, quello della madre. Non essendoci in questo caso l’elemento scatenante acuto del primo omicidio, concludiamo che per il persistere di uno stato mentale alterato Benno ha commesso il secondo omicidio con una capacità perlomeno grandemente scemata». Ha fatto scalpore il fatto che sia stato detto che nel cervello di Benno manchi materia grigia: «La stampa – chiarisce Pietrini - ha dato molto risalto a questo aspetto che però noi non abbiamo fatto emergere come primo punto a sostegno della nostra tesi. Il pm ha cercato di conferirgli un valore deterministico con l’intento poi di demolire questa ipotesi. È chiaro che non siamo in presenza di un elemento deterministico. In psichiatria manca la possibilità di avere riscontri oggettivi ad una ipotesi diagnostica, tuttavia studi degli ultimi anni indicano che ci possono essere condizioni alle quali si trovano associate alterazioni a livello del sistema nervoso centrale. L’atrofia della zona destra dell’ippocampo che noi abbiamo rilevato tramite risonanza magnetica nel cervello di Benno è coerente con l’assunzione cronica di anabolizzanti. Ciò va ulteriormente a suffragare la nostra conclusione diagnostica. L’ippocampo fa parte di un circuito cruciale per le emozioni e il controllo del comportamento». Ma quindi Benno va tenuto in carcere o va curato? «L’imputato è una persona gravemente malata, pericolosa in virtù della sua patologia. Se vogliamo pienamente attuare l’articolo 27 della Costituzione – conclude Pietrini - Benno deve essere curato. In inglese c’è la distinzione tra bad or mad, cattivi per scelta o perché malati. Non vi è dubbio che Benno è un mad, è un malato che come tale dovrebbe essere trattato».